marcloud
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martedì 23 ottobre 2018
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l'oriente non è solo questo
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Sono stato indeciso sul voto e alla fine ho scelto la sufficienza ma solo perché questo film ti fa riflettere sul tema dell'integrazione. Commedia drammatica che scade nello stereotipo e nel luogo comune. Può far ridere come infastidire. Se la prendiamo come una commedia assurda tutto apposto. Se la prendiamo come paradigma dell'oriente, commettiamo un grande errore.
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therao
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giovedì 11 giugno 2015
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film superficiale sul tema dell'integrazione
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"East is East" vorrebbe essere una commedia dissacrante sullo scontro tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Se si vuole affrontare un tema del genere, però, non si può prendere l'esempio peggiore della cultura orientale, ovvero quello di un rigido patriarca legato a barbariche tradizioni quali il matrimonio combinato o la circoncisione (a proposito, l'infibulazione di una delle figlie sarebbe stata raccontata con lo stesso tono allegro e scanzonato? Io non credo). Inoltre bisognerebbe avere ben chiara la differenza tra una "cultura" e i suoi "rituali". Mi spiego meglio: la "cultura" di un popolo non è semplicemente un insieme di rituali portati avanti da un gruppo di persone, ma dipende anche dal modo di vedere il mondo, dai valori condivisi, di abitudini.
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"East is East" vorrebbe essere una commedia dissacrante sullo scontro tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Se si vuole affrontare un tema del genere, però, non si può prendere l'esempio peggiore della cultura orientale, ovvero quello di un rigido patriarca legato a barbariche tradizioni quali il matrimonio combinato o la circoncisione (a proposito, l'infibulazione di una delle figlie sarebbe stata raccontata con lo stesso tono allegro e scanzonato? Io non credo). Inoltre bisognerebbe avere ben chiara la differenza tra una "cultura" e i suoi "rituali". Mi spiego meglio: la "cultura" di un popolo non è semplicemente un insieme di rituali portati avanti da un gruppo di persone, ma dipende anche dal modo di vedere il mondo, dai valori condivisi, di abitudini... E in effetti nel film si parla molto poco della cultura occidentale, rappresentandola come una sorta di mondo neutro troppo moderno per avere ancora delle tradizioni (tradizioni, per l'appunto, viste come roba da gente antiquata e superstiziosa). Se lo sceneggiatore avesse adottato un punto di vista super partes sarebbe potuto venir fuori un buon film, ma così non è stato.
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stefano capasso
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martedì 17 giugno 2014
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la difficile integrazione
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George è un uomo pakistano che vive nella periferia di Manchester. Ha sposato come seconda moglie in Inghilterra una donna inglese e con lei ha 7 figli. La rigida educazione musulmana che impone a tutta la famiglia comincia a divenire fonte di conflitto quando i figli crescendo chiedono di vivere secondo la cultura inglese, di cui sentono di far pienamente parte. E quando arrivano i primi matrimoni combinati la ribellione scoppia in tutta la sua forza.
Un film quello di Damien O’Donnel che affronta il difficile tema dell’integrazione culturale, del bisogno di mantenere integre le proprie tradizioni da un lato e di rinnovamento dall’altro. Una commedia che spesso diventa drammatica, e che sembra un atto di accusa verso gli estremismi culturali.
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George è un uomo pakistano che vive nella periferia di Manchester. Ha sposato come seconda moglie in Inghilterra una donna inglese e con lei ha 7 figli. La rigida educazione musulmana che impone a tutta la famiglia comincia a divenire fonte di conflitto quando i figli crescendo chiedono di vivere secondo la cultura inglese, di cui sentono di far pienamente parte. E quando arrivano i primi matrimoni combinati la ribellione scoppia in tutta la sua forza.
Un film quello di Damien O’Donnel che affronta il difficile tema dell’integrazione culturale, del bisogno di mantenere integre le proprie tradizioni da un lato e di rinnovamento dall’altro. Una commedia che spesso diventa drammatica, e che sembra un atto di accusa verso gli estremismi culturali. Al tempo stesso traspare forte l’idea che chi porta queste diversità da minoranza in una cultura diversa ha bisogno addirittura di rafforzare la tradizione perché possa resistere al mondo intorno, finendo per divenire ancora più rigida e a tratti intollerante. George è quasi vittima di un sistema al quale non riesce ad adattarsi in modo equilibrato.
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fox89
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martedì 27 maggio 2014
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ironia?
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forse vado controcorrente , ma devo dire che tutta questa ironia non l'ho proprio trovata (magari magari solo i primi 10 minuti) per tutto il resto il film presenta un'atmosfera davvero pesante . Quì il fanatismo non viene burlato (come in The Infidel) ma viene narrato in maniera cruda , per niente risibile. Principalmente, la cosa che mi ha più irritato del film è stato il finale , dopo esser stati picchiati , insultati e minacciati , figli e madre si limitano a far finta di niente , come se nulla fosse accaduto. Bravi gli attori , ma sto film mi ha lasciato con l'amaro in bocca. Sconsigliato
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francesca meneghetti
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sabato 9 marzo 2013
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quando lo straniero siede alla nostra tavola
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Il tema delle frontiere culturali e religiose ha assunto una rilevanza particolare nel dibattito culturale degli ultimi vent’anni. Fino a che gli italiani erano emigranti e l’immigrazione un fenomeno di nicchia, impercettibile, si viveva all’interno di una bolla etnocentrica: come gli uomini prima di Copernico.
Ma, nel giro di trent’anni, da una dimensione di vita delimitata da piccoli orizzonti, si è passati ad una società multietnica, che impone la convivenza con persone di ogni provenienza, cultura, religione: una situazione per altro sperimentata molto tempo prima da altri paesi europei, come l’Inghilterra dei primi anni ’70, dove è ambientato il film East is east, del regista irlandese (non è un caso) Damien O’Donnel.
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Il tema delle frontiere culturali e religiose ha assunto una rilevanza particolare nel dibattito culturale degli ultimi vent’anni. Fino a che gli italiani erano emigranti e l’immigrazione un fenomeno di nicchia, impercettibile, si viveva all’interno di una bolla etnocentrica: come gli uomini prima di Copernico.
Ma, nel giro di trent’anni, da una dimensione di vita delimitata da piccoli orizzonti, si è passati ad una società multietnica, che impone la convivenza con persone di ogni provenienza, cultura, religione: una situazione per altro sperimentata molto tempo prima da altri paesi europei, come l’Inghilterra dei primi anni ’70, dove è ambientato il film East is east, del regista irlandese (non è un caso) Damien O’Donnel.
A differenza del confine, paragonabile a una linea netta, come il solco che il vomere traccia sul suolo, la frontiera separa (e unisce) spazi fisici e mentali, contrappone persone e ideologie, ma in modo più sfrangiato e dai bordi irregolari, attraverso liberi giochi d’incastro di singoli pezzi e di ricomposizione.
Le persone possono vivere a ridosso della frontiera, o esserne attraversate, come il caso di George Khan, pakistano, padre-padrone nel film, giunto in Inghilterra del 1937, e poco dopo sposato con una donna inglese (nonostante una prima moglie pakistana). Il regista lo coglie nel 1971, quando è in corso il conflitto tra Pakistan e India, dopo venticinque anni di matrimonio, sei figli maschi e una femmina.
Appare un uomo intenzionato a difendere le tradizioni pakistane e musulmane con spirito fondamentalista, ma la contraddizione è in lui, prima ancora che nei suoi figli: a partire dal nome anglicizzato, dal matrimonio con Ella (una splendida Linda Bassett), accanita fumatrice, e madre affettuosa, per arrivare alla dimenticanza delle regole (impone alla figlia, per una cerimonia, non i pantaloni ma un sari, che invece è tipico dell’odiata cultura induista). Consapevole di essersi allontanato dalle radici, sofferente di solitudine per la sua diversità, cerca di dimostrare rispettabilità ai paki della moschea imponendo ai figli costumi folkloristici e scelte di vita non condivise.
Se il padre si sente un pesce fuor d’acqua, i figli si sentono prevalentemente inglesi, tranne uno. E tuttavia, al di là dell’identità percepita, restano oggettivamente, finché dipendono dalla famiglia, una cross generation: un crocevia di culture, lingue, opinioni religiose e valori diversi. I temi trattati dal film sono dunque molto seri e ancora attuali. Non è escluso che il regista abbia voluto alludere, attraverso questa copertura orientale, al tema della frontiera che contrapponeva cattolici dell’IRA e protestanti nel Regno Unito proprio negli stessi anni (nel gennaio del 1972 cade il Bloody Sunday).
E tuttavia il film, pur attraversando passaggi drammatici, è godibilissimo, allegro, ricco di battute intelligenti e spiritose. E’ forse il primo ad aver inaugurato un genere (v. Sognando Beckham, e Il mio grasso grosso matrimonio greco, per esempio). Per questa leggerezza, che attenua lo spessore dei contenuti, ed anche per il carattere aperto della storia (come andrà a finire il conflitto padre-figli ovvero tradizione-modernità?) questo film si presta bene a essere proiettato e discusso in un’aula scolastica o in un cineforum, anche se ormai “datato”.
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silviatrettel
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lunedì 24 settembre 2012
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salford è vicino a manchester
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Vorrei fare un appunto alla recensione dei Morandini. Salford è vicino a Manchester, nel Lancashire, non a Londra.
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pinin
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venerdì 17 giugno 2011
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bredistan
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Questa e' Londra; film stupendo e a mio avviso,forse non sarete in sintonia con me,un grande atto d'amore verso la Grande Londra che accetta tutti senza umiliare nessuno
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sterling
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venerdì 27 febbraio 2009
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super
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filippaccio
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sabato 3 gennaio 2009
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salam aleikum!
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Grande film, che parte come una commedia e si trasforma in drammatico. Una storia di integrazione o disintegrazione se vogliamo, scontro di culture e religioni. Il moderno a volte diventa subalterno all'ottusità. Quello che è permesso al capo famiglia non è permesso ai figli, ed è meglio avere figli infelici che onori disonorati. La famiglia Pakistana che vive a Londra è veramente multietnica e fresca, non il padre padrone che vuole imporre alla prole nata in Inghilterra mogli Pakistane. Il succo dell'inganno sta nella frase del figlio che incalzato dai colleghi che lo vedono bere birra contrariamente alle sue abitudini e alla sua religione dice:
" mi sposo domani..." - Con chi? - " Non lo so mio padre ancora non me l'ha presentata.
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Grande film, che parte come una commedia e si trasforma in drammatico. Una storia di integrazione o disintegrazione se vogliamo, scontro di culture e religioni. Il moderno a volte diventa subalterno all'ottusità. Quello che è permesso al capo famiglia non è permesso ai figli, ed è meglio avere figli infelici che onori disonorati. La famiglia Pakistana che vive a Londra è veramente multietnica e fresca, non il padre padrone che vuole imporre alla prole nata in Inghilterra mogli Pakistane. Il succo dell'inganno sta nella frase del figlio che incalzato dai colleghi che lo vedono bere birra contrariamente alle sue abitudini e alla sua religione dice:
" mi sposo domani..." - Con chi? - " Non lo so mio padre ancora non me l'ha presentata...." Il medioevo è qui......il buonsenso fortunatamente no......
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poldo
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martedì 15 gennaio 2008
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bello e divertente
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Bello, simpatico e divertente. La storia di una simpatica famiglia di pakistani... sempre brillante e divertente sporadicamente un po' troppe parolacce e cazzotti... nel complesso sicuramente un ottimo film.
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