woody62
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sabato 18 gennaio 2020
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scola e l'odissea di un neo operaio fiat
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E' quasi la narrazione della discesa in un inferni dantesco: l'arrivo a Torino del giovane campano Fortunato e l'impatto con le difficoltà per iniziare il suo lavoro alla Fiat (che lo aveva chiamato a seguito della domanda presentata), illustra con accuratezza e partecipazione l'odissea di tanti meridionali nella grigia metropoli a metà anni '70. A partire dall'alloggio, meta quasi impossibile non avendo all'inizio alcuna disponibilità finanziaria. Fortunato passa dalla proposta di un deposito di carbone, alle panchine della stazione di Porta Nuova, al dormitorio pubblico, ad una camera ad ore e finalmente ad un appartamento diviso con un compagno di lavoro nei quartieri ghetto alla periferia di Torino.
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E' quasi la narrazione della discesa in un inferni dantesco: l'arrivo a Torino del giovane campano Fortunato e l'impatto con le difficoltà per iniziare il suo lavoro alla Fiat (che lo aveva chiamato a seguito della domanda presentata), illustra con accuratezza e partecipazione l'odissea di tanti meridionali nella grigia metropoli a metà anni '70. A partire dall'alloggio, meta quasi impossibile non avendo all'inizio alcuna disponibilità finanziaria. Fortunato passa dalla proposta di un deposito di carbone, alle panchine della stazione di Porta Nuova, al dormitorio pubblico, ad una camera ad ore e finalmente ad un appartamento diviso con un compagno di lavoro nei quartieri ghetto alla periferia di Torino. La vita in fabbrica e la catena di montaggio sono illustrate con brevi inserti fotografici, visto il divieto della Fiat per l'esecuzione di riprese all'interno degli stabilimenti, Abbondano invece le immagini riprese all'estero dei cancelli dove si documentano i contatti tra lavoratori, sindacalisti, studenti impegnati come Vicky, figlia di una famiglia borghese, che ha scelto la lotta politica a favore degli operai e delle famiglie proletarie inurbate. Il rapporto tra lei e Fortunato prende molto spazio nella seconda parte. In qualche modo segna la crescita del giovane nella maturazione di una coscienza di classe – grazie anche all'amicizia con un sindacalista campano e all'impegno in una scuola serale. Ma è sul piano affettivo che Fortunato (di nome e non di fatto) deve accettare una amara realtà. Nella bella scena nell'appartamento di Vicky, condiviso con altri due studenti, mangiando una frittata insieme a lei tenta un timido approccio sfiorandole la mano. Ma nonostante i proclami della ragazza su una sostanziale omogeneità tra la condizione operaia e quella studentesca, Fortunato si accorge che non è così. Gli studenti si frequentano e amoreggiano tra loro; gli operai non sono ammessi. E infatti Vicky ritrae la mano imbarazzata e cambia discorso offrendogli del vino. Anche sul piano lavorativo la storia di Fortunato peggiora: dopo un litigio in catena di montaggio viene spostato al lavoro più duro della ferriera. E allora scrive ai suoi parenti di Trevico sconsigliando di partire per non affrontare i problemi che lo affliggono.
Scola, maestro della commedia italiana nella sua accezione più alta, auto produce un'opera asciutta, documentaristica, di forte critica sociale e di classe, espressione di una convinta militanza nell'area comunista, ma lo fa con onestà intellettuale e profonda partecipazione umana. Nella parte iniziale il girovagare notturno di Fortunati anticipa qualche atmosfera di “Un uomo da marciapiede” (1978) e gli incontri alla stazione di Porta Nuova ricordano le visionai pasoliniane del sotto proletariato urbano. Un bel film che non giunse mai nelle sale del circuito normale, ma che merita di esser visto.
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fabrizio dividi
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mercoledì 17 ottobre 2012
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fiat now: storia di una città-fabbrica
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Fiatopoli la può capire solo chi l'ha vissuta dall'interno. Mamma o carnefice che sia, la più grande fabbrica Italiana del secolo scorso ha forgiato una città oltre che l'acciaio, e il "sistema" Torino=Fiat, ora storicizzato e annacquato, è stato per decenni l'unico modello di vita possibile nel capoluogo subalpino.
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Fiatopoli la può capire solo chi l'ha vissuta dall'interno. Mamma o carnefice che sia, la più grande fabbrica Italiana del secolo scorso ha forgiato una città oltre che l'acciaio, e il "sistema" Torino=Fiat, ora storicizzato e annacquato, è stato per decenni l'unico modello di vita possibile nel capoluogo subalpino. Trevico-Torino (il titolo completo di Fiat Nam è contestato da Diego Novelli, sceneggiatore ed ex sindaco di "quella" Torino) ci parla di una città organizzata appositamente da e per il Padre Padrone: contraddizioni, spersonalizzazione, logiche di potere oggi in gran parte superate ma per l'epoca stilema assoluto di sfruttamento e lotta di classe.
Ettore Scola dirige un film anomalo e politico come non mai, una sorta di "Cosa" ante litteram che scarnifica le contraddizioni del mondo operaio tra utopie e idealismo, in contrapposizione ad una accettazione "responsabile" e riformista. Un tema che il regista romano affronterà splendidamente in forma di racconto classico in C'eravamo tanto amati" e che in "Trevico" abbozza con uno stile docu-fiction essenziale e con poche concessioni alla finzione. Una regia asciutta, concentrata nel pedinamento del protagonista dal suo arrivo in città fino al suo inserimento(?) attraverso la sua istruzione programmata: il tutto sullo sfondo di una fabbrica moloch e con la suddivisione in quadri-stazione che ne disegnano il percorso con fermo-immagine sonorizzati dai rumori della fabbrica.
La città stessa si fa scenografia, gli spazi architettonici diventano soggetto politico, testimonianza di sprechi, inutile sfarzo modernista e, in definitiva, prova vivente dello spregio del potere verso un popolo di sudditi da mungere. La monorotaia di Italia '61 contrapposta ai cortili, alle camerate, alle mense per poveri ed emigranti non possono che far pensare ad un cortocircuito del sistema, che pure gli autori cercano di attutire attraverso i dialoghi di "crescita" tra l'operaio Fortunato (di nome e -ironicamente- di fatto) e la studentessa maoista, così intrisa e appesantita di iconografie fuori dal tempo, che tanti errori di valutazione storica avrebbero portato negli anni a venire.
Un film documento, molto torinese e dunque archetipico, che fa riflettere sull'oggi più di ogni altro testo; un documento interessante anche dal punto di vista storico, con le vedute di una città -forse è questo il suo limite- troppo cupa e per troppi anni "grigia" per antonomasia, per essere vera. Una Torino da ricordare per non tornare indietro, simboleggiata da una gigantografia che fa capolino da un'inquadratura del Valentino, con una massa di bambini che corrono verso il futuro sotto la scritta "arrivederci al 2011": quei bambini siamo noi, il futuro è adesso, un bel modo per fare il punto sulla nostra storia. Fabrizio Dividi
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massimo
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venerdì 21 settembre 2007
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lo cerco anch'io!!!
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paulus966
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venerdì 18 marzo 2005
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cerco questo film
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Sto cercando disperatamente questo Film.....
Chi sa Parli!!!
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