Sono sempre stato scettico sui musical, specie quelli che durano oltre le due ore e mezza.
Eppure, Wicked, ha qualcosa di speciale. Sarà perché c'è un profondo riferimento letterario ("Il mago di Oz"); sarà per le canzoni o il doppiaggio ben fatto, sarà per la scenografia ma la storia di Elphaba, in attesa di diventare la Malvagia Strega dell’Ovest, mi ha commosso e sorpreso.
È in fondo la nascita di un personaggio, stratificato, nato da una relazione clandestina, a metà tra Shrek e Malefica, compromesso dal profondo rancore e dall'innato talento e della sua amicizia con Glinda (la buona strega del nord qui col volto della celebre Ariana Grande), ingannata dal mago di Oz e profondamente umana. Siamo ben lontani dall’arrivo di Dorothy dal Kansas nel classico del ’39 di Victor Fleming con Judy Garland e da tutto ciò che ne consegue ma l'impatto scenico è altresì spettacolare. I costumi, gli effetti visivi, gli acuti dei mezzi-soprani al doppiaggio, rendono la vicenda di un racconto sui limiti della complessità emotiva sorprendente. Certo ridondato nella prima parte, a insistere come tamburo sul tema della diversità, ma goticamente affrescato.
E per una volta capace di scaldare il cuore. In attesa della seconda parte, l'anno prossimo.
Sono sempre stato scettico sui musical, specie quelli che durano oltre le due ore e mezza.
Eppure, Wicked, ha qualcosa di speciale. Sarà perché c'è un profondo riferimento letterario ("Il mago di Oz"); sarà per le canzoni o il doppiaggio ben fatto, sarà per la scenografia ma la storia di Elphaba, in attesa di diventare la Malvagia Strega dell’Ovest, mi ha commosso e sorpreso.
È in fondo la nascita di un personaggio, stratificato, nato da una relazione clandestina, a metà tra Shrek e Malefica, compromesso dal profondo rancore e dall'innato talento e della sua amicizia con Glinda (la buona strega del nord qui col volto della celebre Ariana Grande), ingannata dal mago di Oz e profondamente umana. Siamo ben lontani dall’arrivo di Dorothy dal Kansas nel classico del ’39 di Victor Fleming con Judy Garland e da tutto ciò che ne consegue ma l'impatto scenico è altresì spettacolare. I costumi, gli effetti visivi, gli acuti dei mezzi-soprani al doppiaggio, rendono la vicenda di un racconto sui limiti della complessità emotiva sorprendente. Certo ridondato nella prima parte, a insistere come tamburo sul tema della diversità, ma goticamente affrescato.
E per una volta capace di scaldare il cuore. In attesa della seconda parte, l'anno prossimo.
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