Film essenzialmente poetico che trasfigura la brutale realtà della guerra, e la usa per smascherare altre pacifiche forme di oppressione. L’ottima regista Soudade Kaadan evoca con abilità, tra le labirintiche macerie di una metropoli mediorientale, il realismo magico inventato nelle foreste sudamericane.
Damasco, probabilmente nel 2018 (la sceneggiatura sfuma i riferimenti alla cronaca, comunque recenti e facili da identificare). In un quartiere ribelle, semidistrutto dalla guerra civile, in una casa sventrata dai bombardamenti, ma accogliente e funzionante, Hala e Zeina, madre e figlia, sognano il mare. Il nostro Mediterraneo. E nel mare, intravedono il miraggio di una nuova vita e della libertà.
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Film essenzialmente poetico che trasfigura la brutale realtà della guerra, e la usa per smascherare altre pacifiche forme di oppressione. L’ottima regista Soudade Kaadan evoca con abilità, tra le labirintiche macerie di una metropoli mediorientale, il realismo magico inventato nelle foreste sudamericane.
Damasco, probabilmente nel 2018 (la sceneggiatura sfuma i riferimenti alla cronaca, comunque recenti e facili da identificare). In un quartiere ribelle, semidistrutto dalla guerra civile, in una casa sventrata dai bombardamenti, ma accogliente e funzionante, Hala e Zeina, madre e figlia, sognano il mare. Il nostro Mediterraneo. E nel mare, intravedono il miraggio di una nuova vita e della libertà.
Le libertà (per noi normali e quindi svalutate) precluse a molti popoli, e due volte vietate alle donne di quei popoli. Il buco di una cannonata nel tetto apre una finestra sulle stelle; una corda su cui arrampicarsi è una scala di Giacobbe verso il cielo; il calcinaccio buttato giù in strada si trasforma in un sassolino piatto che rimbalza sull’acqua; dalla terrazza affacciata sulla distruzione, Zeina si esercita con la canna da pesca.
Con loro, Motaz, marito e padre; bonario e grottesco esemplare del miglior patriarcato, determinato a restare in casa quando ormai tutti sono sfollati. Piovono bombe, è in corso l’assalto finale (è sottinteso che stanno arrivando i tagliagole di Assad e la Wagner), ma non c’è da preoccuparsi. Lui è capace di proteggerle e riparare ogni cosa. Tutto in fondo sta andando come sempre, e così continuerà per i secoli.
Film ironico e felicemente irrealistico, dove per principio non deve morire nessuno. Per Hala e Zeina, in fuga senza nulla, il Mediterraneo è cielo: speranza – anzi, sicurezza – di futuro, recupero del senso della vita. Si portano dietro i loro uomini - i giovani promettono meglio -, sperando che abbiano capito qualcosa.
Da vedere e consigliare. Un’ottima occasione di riflessione – con qualche salutare senso di colpa – per tutti noi, bagnanti dall’altra parte dello stesso mare; e ancora di più per gli architetti e i venditori del "rimandiamoli a casa".
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