Avete presente l’episodio napoletano di Paisà, quando il soldato nero ubriaco, assistendo al teatro dei pupi che mette in scena la secolare battaglia di Orlando contro i mori, decide di parteggiare per i confratelli di colore e fa a pugni con le marionette bianche e cristiane? Beh, ci è mancato poco che anch’io, vedendo questo film, mi alzassi dalla poltrona per fare a cazzotti con il capo di un branco violento e maschilista (qui diremmo sovranista, ma forse sarebbe più corretto parlare di poveretti succubi del testosterone). Diciamo che, visto il trailer, a digiuno di recensioni, mi sarei aspettata un film più leggero, mentre sono stata risucchiata da emozioni forti, incluse paura e apprensione per la sorte della protagonista (per quanto si tratti di un personaggio, dunque di una finzione). E chiedo scusa per la soggettività e la prima persona. La storia: c’è una ragazza “neet” di nome Petrunya, laureata in storia, che vive a Štip, in Macedonia, e che trascina la sua vita e i suoi kili di troppo, accumulati forse a causa della disistima di una madre opprimente. La interpreta Zorica Nusheva, dotata di un viso bello e radioso, che mette in ombra l’opulenza del corpo. Ma qui è imbruttita a causa dell’abbigliamento sciatto. Fallito l’ennesimo colloquio di lavoro (nessuno vuole un laureato in storia: del resto la disoccupazione sembra il primo problema di quel Paese), si trova per caso ad assistere a un rito ortodosso in cui confluiscono fede (pochina), superstizione e riti tribali maschilisti. Infatti sarà baciato dalla fortuna per un anno chi si getterà nel fiume gelato a Natale per catturare una croce di legno lanciata dal culmine del ponte da un prete ortodosso. Solo che i maschi fanno solo confusione e Petrunya, presa da un raptus, si butta in acqua vestita, prende il “tesoro” e lo trattiene benché l’orda dei maschi scornati la pretenda, fino ad arrivare a casa, dove si scontrerà con la madre. L’episodio, che accadde realmente nel 2014, suscita una forte reazione tra i suddetti giovani maschi, e per questa ragione Petrunya viene portata nella centrale di polizia, benché non abbia violato alcuna legge dello stato. Ed è proprio qui, su un terreno estremamente insidioso e pericoloso controllato da uomini di potere, che inizia la metamorfosi di Petrunya: prima rassegnata al ruolo di sfigata, protagonista di un gesto istintivo, un po’ folle, ora avvocata lucida di se stessa, capace di utilizzare le sue competenze storiche, che le consentono di distinguere tra ciò che è legge e ciò che è precetto religioso, ovvero reato e peccato, ciò che è diritto da ciò che è abuso, ciò che è giustizia dall’ingiustizia. Nello spazio chiuso della centrale di polizia, che a un certo momento viene assediata dall’orda dei buzzurri di Štip, per niente diversi dai fanatici del Ku Klux Klan, si aggirano diversi personaggi maschili, assai diversi tra loro: l’ipocrita pope, l’astuto (fino a un certo punto) commissario, il poliziotto cattivo, brutto e bruto, il procuratore sornione, il poliziotto buono e gentile, finito in polizia solo per sfuggire alla disoccupazione. Lui mostra compassione e ammirazione per Petrunya e per il suo coraggio. Si abbozza delicatamente il disegno di una possibile relazione futura. Petrunya annusa la speranza, cede al pope la croce, che prima teneva gelosamente come trofeo ed amuleto, e si avvia verso un nuovo giorno. Anche se non ci sarà mai un vero incontro, la battaglia solitaria di Petrunya viene affiancata da quella parallela, ugualmente solitaria, di una giornalista, interpretata dalla sorella della regista Teona Strugar Mitevska (colei che rilevò il fatto di cronaca del 2014, liquidato rapidamente dalla stampa). La giornalista del film, in crisi con il marito, in difficili rapporti con il cameraman e con il direttore della sua rete televisiva, che alla fine la licenzia, comprende la portata simbolica del gesto di Petrunya: una ribellione verso una società immobile, rimasta ferma al medioevo e profondamente misogina. Non è un film rilassante, d’evasione: è un film che ti fa desiderare di entrare nella scena per dare un cazzotto, se possibile, a certi prepotenti. Originali le angolazioni delle riprese.
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