Roberto Nepoti
La Repubblica
Anche se più saggio e moderato (ma i termini sono sempre relativi) rispetto ad altri suoi, come il famigerato Irréversibile, un film di Gaspar Noé è sempre un film di Gaspar Noé: provocatorio, pieno di tic registici... un po' geniale un po' presa in giro di chi lo guarda. Dopo una lunga sequenza d'interviste televisive ai partecipanti a uno stage di danza, un gruppo di giovani performer si abbandona a un trip in bilico tra il ballo e la trance, con l'aiuto di una coppa di sangria che non contiene solo sangria, ma qualche sostanza allucinogena che fa perdere il controllo e libera gli istinti. Tra neon, immagini ribaltate, didascalie sentenziose e musiche dei Daft Punk, il regista installa un'atmosfera oppressiva e angosciante in uno scenario lugubre, che evoca un po' Suspiria nella scuola di danza in stile teutonico (ma le citazioni, da Possession allo zombi-movie, sono infinite). Più che un film di paura in senso stretto, però, quello di Noé è un horror psicologico, un rito a porte chiuse per turbare le anime belle in platea. Da notare particolarmente certi piani-sequenza, di rara maestria, in cui non riesci a capire se la danza è puntigliosamente sceneggiata oppure del tutto improvvisata.
Da La Repubblica, 13 giugno 2019
di Roberto Nepoti, 13 giugno 2019
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