Tesnota

Ritratto di donna in un turbine di emozioni

Ilana, 24 anni, getta un fazzoletto sporco di sangue, inequivocabile prova della verginità perduta, sul tavolo attorno al quale sono riunite la sua famiglia e quella del ragazzo che dovrebbe sposare, secondo i piani dei genitori. Questo clamoroso gesto di sfida riassume il carattere della giovane: inquieta, selvaggia, insofferente alle rigide regole dell'enclave ebraica cui appartiene, sempre alla ricerca di qualcosa che pare non trovare mai. È un racconto di formazione, ma non soltanto, Tesnota (titolo internazionale Closeness), primo lungometraggio del regista Kantemir Balagov, classe 1991, originario di Nalchik, capitale della Repubblica autonoma caucasica Kabardino-Balkaria, della quale pochissimi conoscono l'esistenza. Quando è stato presentato a Cannes 2017 nella sezione "Un certain regard" (dove ha vinto il premio Fipresci) e poi riproposto al Torino Film Festival nello stesso anno, i critici quasi all'unanimità hanno salutato la nascita di un autore vero, promettente, già maturo e con uno stile personalisssimo, non a caso allievo del grande Aleksandr Sokurov. E dispiace che il lavoro esca il 1° agosto, in pieno clima vacanziero, perché sarebbe un gran peccato lasciarselo sfuggire. Siamo nella città dove è cresciuto il cineasta alla fine degli anni Novanta, nel breve periodo di pace carica di tensioni tra le due guerre in Cecenia. Al centro c'è un claustrofobico microcosmo familiare a quattro: padre, madre, una figlia e un figlio di poco più giovane che si è appena fidanzato. Ilana - interpretata dall'intensa Darya Zhovner, volto come tanti ma straordinariamente espressivo - è attaccatissima a papà, lo aiuta in officina a riparare le auto, indossa maglioni spessi e salopette di jeans che uccidono la sua femminilità, ha una relazione con un cabardino musulmano che non è ben visto dai parenti. «Non fa parte della nostra tribù» dice, come attestano i sottotitoli, la madre con cui è perennemente in conflitto, austera depositaria delle tradizioni della comunità israelita, mal tollerata dalle altre etnie. Lei la sbeffeggia intonando il tipico grido dei nativi americani. Quando il fratello, a cui è legata da un rapporto di amore e odio, e la promessa sposa vengono rapiti per ottenere un riscatto, i conflitti esplodono e proprio Ilana sembra destinata a sacrificarsi per salvare la coppia. Non andrà così perché lei agirà ancora una volta di testa propria. Elemento interessante del film, ingabbiato nel formato 4:3 che sottolinea ancor più il contesto soffocante e va di pari passo con l'impazienza della protagonista, è che il dramma si allarga dalla famiglia al gruppo sociale e all'intera nazione, come in una matrioska di pezzi contenuti l'uno dentro l'altro. E anche se non affronta mai esplicitamente il tema della radicalizzazione religiosa, Balagov mette costantemente la storia della ex Unione Sovietica sullo sfondo, ad esempio quando mostra un video dei nazionalisti ceceni che torturano i soldati russi prigionieri o usa come colonna sonora canzoni pop con testi che inneggiano ad Allah e alla supremazia islamica. Tesnota è un film rude, diretto, furioso, che ha l'immediatezza dell'opera prima: punta soprattutto sui primi piani dei volti sfocati o trafitti dalla luce, sui silenzi alternati a scene ad alta temperatura emotiva. Senza nascondere nulla, rendendo ogni personaggio vivo e reale nel suo dolore e nel suo bisogno di amore negato.
Da La Repubblica, 23 luglio 2019


di Paola Zonca, 23 luglio 2019