Migrazioni domestiche
di Emiliano Morreale L'Espresso
Un piccolo film, che esce in sala nove mesi dopo il passaggio al Festival di Pesaro, rappresenta in un certo senso un evento nella storia del cinema italiano. È il primo lungometraggio girato da un italiano "di seconda generazione" a uscire nelle nostre sale. Suranga Katugampala, nato in Sri Lanka e arrivato in Italia all'età di 10 anni, laureato in informatica, ha realizzato il film con la partecipazione di tecnici cingalesi (tra cui il direttore della fotografia), grazie anche al premio Mutti, che sostiene progetti cinematografici di immigrati. Il film è ambientato a Verona, poco vista al cinema ma che il regista conosce bene per esserci cresciuto, e il tema è proprio il conflitto tra immigrati e loro figli cresciuti in Italia. Sunita fa la badante di un'anziana, mentre suo figlio, "italiano", ha l'ansia di integrarsi tra i giovani del luogo, che vanno in giro oziando. La donna è talmente spaventata che organizza anche un rito di esorcismo: una delle scene più belle del film, coi vicini che suonano infastiditi dal rumore del tamburo, e il ragazzo che durante il rito gioca col telefonino.
La novità del film è palpabile. Finora il cinema sugli immigrati, quasi un piccolo filone nel cinema "impegnato" degli ultimi vent'anni, spesso posava su di loro uno sguardo esterno, tanto che alla fine essi risultavano un pretesto per raccontare gli italiani. Qui, se un filtro allo sguardo c'è, è quello del cinema d'autore, genere vero e proprio che il regista assume, nella prima parte, in maniera fin troppo ossequiosa: niente musica, tempi morti, itinerari in motorino. Ma i passaggi obbligati sono riscattati da una certa freschezza: il motorino serve a mostrare il paesaggio urbano, e la scena documentaria nel centro anziani ha una forza che evita il grottesco. In questa descrizione che comunque mette in scena pochissimi personaggi, tra i vecchi e i ragazzi, è tenuta fuori campo la generazione di mezzo degli italiani, quella dei padri.
Man mano che ci fa conoscere i personaggi, il film diventa più caldo, quasi un "maternal melodrama" sull'incomprensione tra due personaggi, con un bel monologo affidato a Kaushalya Fernando (unica attrice professionista del film). In questo esordio di rivendicata semplicità, Katugampala mostra una serietà che lascia ben sperare.
Da L'Espresso, 2 aprile 2017
di Emiliano Morreale, 2 aprile 2017