Per raccontare i moti di “Stonewall”, che portarono alla nascita del movimento di liberazione gay, Emmerich ricorre ai modelli classici della narrazione cinematografica ma l’approccio è sbagliato e il risultato debole, banale, poco autentico.
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Per raccontare i moti di “Stonewall”, che portarono alla nascita del movimento di liberazione gay, Emmerich ricorre ai modelli classici della narrazione cinematografica ma l’approccio è sbagliato e il risultato debole, banale, poco autentico. Il registro adottato è a metà tra cronaca e finzione, e il dramma non scade quasi mai nella retorica ma tutto è descritto con superficialità, evitando la complessità del tema e i suoi nodi più problematici. La regia di Emmerich è più adatta all’intrattenimento dei disaster-movie piuttosto che ad opere di storia contemporanea, e la sceneggiatura dà più spazio alla love story adolescenziale che al contesto storico (spesso vago e didascalico). Interessante, ma povero di suggestioni. Un’occasione un po’ sprecata, purtroppo.
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