Storie pazzesche |
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Un film di Damián Szifrón.
Con Ricardo Darín, Oscar Martínez, Leonardo Sbaraglia, Erica Rivas.
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Titolo originale Relatos Salvajes.
Commedia,
Ratings: Kids+16,
durata 122 min.
- Argentina, Spagna 2014.
- Lucky Red
uscita giovedì 11 dicembre 2014.
MYMONETRO
Storie pazzesche
valutazione media:
3,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Storie pazzeschedi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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martedì 23 dicembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Con l'aiuto dato dalla produzione di Almodovar, arriva dall'Argentina questo film dal formato inusuale visto che è costituito da sei episodi di lunghezza crescente che, calcando la mano su di un umorismo nerissimo, raccontano la realtà quotidiana e, soprattutto, gli spettri che si nascondono dietro una facciata di rispettabilità. Per questo, in fondo, gli episodi potrebbero essere ambientati in qualsiasi luogo e non obbligatoriamente nel Paese sudamericano – uno sfondo analogo si può trovare anche per gli affascinanti paesaggi che accompagnano 'Il più forte' - dato che l'attenzione è posta più che altro sulle psicologie dei personaggi che appartengono, per la gran parte, a una borghesia medio-alta. Un elemento comune alle sei storie che si aggiunge all'altro, ancor più netto, della vendetta che viene declinata in varie forme, ma sempre con un sorriso sardonico sullo sfondo. A proposito di sorrisi, benchè il film si iscriva senza problemi alla categoria della commedia, le situazioni e il modo di raccontarle non sfociano quasi mai in una risata liberatoria: nello spettatore resta più impressa una sensazione di fastidioso malessere accentuata dai colpi bassi in cui sfociano talvolta le vicende . Per quanto riguarda l'ispirazione, i modelli possono essere i più vari a partire da quello, inevitabile, dell’ironia acre di Almodovar: in ogni caso, da una parte non può mancare la commedia all'italiana nella sua versione più cattiva - in 'Bombetta' un ingegnere si vendica in maniera 'esplosiva' della società che si occupa di rimozioni forzate diventando un piccolo eroe - e dall'altra si guarda con occhio deferente a Buñuel - il matrimonio da incubo di 'Finchè morte non ci separi' che vira dalla festa alla tragedia riporta alla memoria echi de 'L'angelo sterminatore' (peccato solo per una conclusione che non trae fino in fondo le conseguenze dalla tensione accumulata in precedenza). Gli episodi ora citati fanno parte del secondo gruppo in cui lo scontro è soprattutto psicologico, come dimostra anche 'La trattativa', un tremendo apologo sulla cupidigia umana in cui si contratta il cartellino del prezzo di chiunque venga a contatto con il problema di un giovane bene che ha investito e uscciso una donna incinta: si tratta però dei segmenti che, nel complesso, risultano meno riusciti forse anche a causa di un'eccessiva lunghezza. Assai più lucidi e stringati sono invece i primi tre, che si evolvono da premesse banali in situazioni in cui ha la meglio una violenza fisica a volte di una brutalità tarantiniana: il pilota d'aereo che sistema in modo definitivo i conti della sua vita in 'Pasternak' (prima dei titoli di testa, avvio fulminante la cui efficacia purtroppo non è più eguagliata), la camerirera de ‘I ratti’ che reincontra un vecchio nemico di famiglia nello sperduto ristorante in cui lavora e trova nella cuoca un’aiutante fin troppo volonterosa, i due automobilisti che danno vita a una sorta di ‘Duel’ sanguinoso e demente su una strada sperduta ne ‘Il più forte’ – qui, sullo sfondone finale della polizia, si ride davvero. Alla fine, il succedersi di queste storie – alle quali l’aggettivo ‘selvagge’ del titolo originale e di quello internazionale meglio si attaglia rispetto a ‘pazzesche’ – vanno a costituire un film assai godibile che, visto il momento in cui è stato distribuito, può anche servire da antidoto contro questo periodo di buonismo natalizio: il lavoro del neppure quarantenne regista Szifrón non è banale (la scelta di aprire alcune sezioni da un’inquadratura buia, la capacità di variare il tempo a seconda delle situazioni) e serve con gusto una sua sceneggiatura che, al dilà di alcune battute a vuoto, funziona riuscendo benissimo a tenere agganciato lo spettatore. Certo, qualche scelta poteva essere più coraggiosa o definitiva (a partire dalla fotografia ben pettinata di Javier Julia), ma sarebbe stato pretendere troppo da un film che ha anche ambizioni da prodotto medio e che comunque testimonia la valida qualità del cinema realizzato a Buenos Aires e dintorni: in questo quadro non stupisce che il cast includa una serie di attori di buon nome nel loro Paese, le cui interpretazioni quasi sempre misurate di personaggi quantomento stravaganti – un nome per tutti: Ricardo Darín in ‘Bombetta’ – contribuiscono di certo alla riuscita dell’operazione. L’eccezione a questa misura è 'Finchè morte non ci separi' dove tutto è sopra le righe e anche la recitazione si adegua, come quella di Erica Rivas nella parte della sposina tradita e vendicativa in una festa di nozze in cui gli istinti più bestiali vengono allo scoperto: in materia, del resto, sono già ben chiari gli indovinati titoli di testa, in cui a ogni nome che compare sullo schermo è associata (con un certo gusto) la foto di un animale.
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