Natalia Aspesi
La Repubblica
Appeso per le braccia a un gancio, un cerotto sulla bocca, gli spaccano lentamente la schiena a colpi di pala, poi gli buttano alcol sul pene e gli danno fuoco. L'uomo non può urlare, solo agitarsi. Nella stanza tre ragazzini guardano indifferenti, dalla cucina sbircia una donna. È una lunga scena di violenza insopportabile del primo film in concorso, dolorosissimo, Heli, del giovane messicano Amat Escalante, che del resto inizia dalla fine: le prime inquadrature sono quelle di uno scarpone polveroso sulla faccia sanguinate di un ragazzo disteso sul fondo di un camion, poi trascinato su un cavalcavia e impiccato. Quel ragazzo, torturato e poi assassinato, aveva 17 anni ed era un agente dei corpi speciali antinarcotici, che per amore della dodicenne Estella, ha compiuto un imperdonabile sgarro ai compagni militari rubando loro pacchi di cocaina sequestrata.
Le atrocità che il regista impone in un silenzio che accentua l'orrore, pare siano normali in Messico, dove la guerra tra narcotrafficanti e con i corpi speciali a loro volta spesso corrotti, ha fatto più di 100 mila vittime solo negli ultimi anni, con sbudellamenti e teste tagliate, di cui il film non ci risparmia la visione ponendo quelle dei tre torturatori sul cofano di una macchina. Per quello sgarro, pagano in tanti: Estella viene rapita e prostituita, il padre ammazzato, il fratello (Armando Espitia, bello e bravo) operaio della General Motors torturato, torna dalla giovane moglie e dal loro piccino ma non osa parlare con la polizia, soprattutto con la commissaria che per iniziare le indagini tira fuori dal busto due enormi seni che pur volonteroso l'operaio non riesce a gradire.
Da La Repubblica, 17 maggio 2013
di Natalia Aspesi, 17 maggio 2013