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giovedì 18 luglio 2019
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lettura parziale
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Direi che c'è molto di più, soprattutto sul piano antropologico
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no_data
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lunedì 29 agosto 2016
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un soggetto vecchio reinventato oggi
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La verità assoluta, l'amore per dio, la regola, che in verità celano ignoranza, intolleranza, bigottismo, affrontati più di 50 anni fa da Rossellini o meglio Fellini nel geniale episodio del monastero in PAISA', portato alle estreme conseguenze. Bisognerebbe viverlo in lingua originale per cogliere ogni sfumatura, ogni commento del regista. Bravo, bravissimi!
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guidobaldo maria riccardelli
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giovedì 5 maggio 2016
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un moderno calvario
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Dramma profondo su di una relazione negata, sacrificata sull'altare della cieca devozione religiosa.
Pellicola lineare e diluita, ben diretta da Cristian Mungiu, che dopo il buonissimo "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni" si ripete, prendendo sempre le mosse da un legame femminile, per arrivare ad affondare una critica al proprio paese, ancorato a logiche pericolasemente anacronistiche.
Non vi è infatti un repentino e sbrigativo giudizio di valore su di un microcosmo, quello rappresentato dall'isolato convento, espressione banale di un fanatismo dopotutto poco influente in ottima sociale; interessa più che altro, al giovane cineasta romeno, mostrare come le medesime logiche, le medesime linee guida, appartengano allo stesso modo a più ambienti, giungiendo a permeare totalmente la realtà: sorprende e sconcerta, dunque, l'incompetenza volontaria del medico, soddisfatto e rassegnato a spiegazioni di comodo, convinto dell'ineluttabilità sostanziale del destino della giovane paziente.
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Dramma profondo su di una relazione negata, sacrificata sull'altare della cieca devozione religiosa.
Pellicola lineare e diluita, ben diretta da Cristian Mungiu, che dopo il buonissimo "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni" si ripete, prendendo sempre le mosse da un legame femminile, per arrivare ad affondare una critica al proprio paese, ancorato a logiche pericolasemente anacronistiche.
Non vi è infatti un repentino e sbrigativo giudizio di valore su di un microcosmo, quello rappresentato dall'isolato convento, espressione banale di un fanatismo dopotutto poco influente in ottima sociale; interessa più che altro, al giovane cineasta romeno, mostrare come le medesime logiche, le medesime linee guida, appartengano allo stesso modo a più ambienti, giungiendo a permeare totalmente la realtà: sorprende e sconcerta, dunque, l'incompetenza volontaria del medico, soddisfatto e rassegnato a spiegazioni di comodo, convinto dell'ineluttabilità sostanziale del destino della giovane paziente.
Paiono non esserci doppi fini nei personaggi che si muovono nell'opera: i loro gesti non si connotano di sfumature anche solo singolari, viaggiano per la loro strada intimamente convinti che tutto ciò sia oggettivamente corretto e logico. Genuinamente disumanizzati: l'assenza pressoché totale di primissimi piani è la scelta stilistica attraverso la quale questo aspetto viene tradotto.
Non vengono accampate scuse, vi è convergenza piena sull'accaduto, si è pronti a rispondere a qualcosa commesso in totale coscienza di se stessi.
Un'evoluzione, un cambiamento pare essere possibile, è una Voichita dallo sguardo diverso quella delle ultime sequenze: certo, l'evoluzione, quand'anche presente, non è a buon mercato.
"Quest'inverno non vuole finire più...".
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gianleo67
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sabato 30 aprile 2016
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esorcismi rumeni,tra psicofarmaci ed acqua santa
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Tornata in Romania dopo un'esperienza lavorativa in Germania, la giovane Alina è intenzionata a ripartire portando con sè la sua ex compagna di orfanotrofio Voichita, divenuta nel frattempo novizia in un povero convento di suore. La difficile situazione vissuta dalla prima, divisa fra l'attrazione per la sua amica e le severe regole monastiche, la porteranno ad un grave esaurimento nervoso dapprima mal curato e quindi scambiato per una possessione demoniaca. Finale tragico.
Già al centro delle attenzioni del regista rumeno con l'acclamato '4 mesi, 3 settimane, 2 giorni' (Palma d'oro al 60º Festival di Cannes), la condizione femminile in una Romania divisa fra tradizioni arcaiche e modernità viene nuovamente affrontata in questo dramma sociale che prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto ed in cui gli elementi psicologici dei protagonisti sembrano ancora una volta posti quasi fuori fuoco rispetto alla mera descrizione naturalistica del contesto.
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Tornata in Romania dopo un'esperienza lavorativa in Germania, la giovane Alina è intenzionata a ripartire portando con sè la sua ex compagna di orfanotrofio Voichita, divenuta nel frattempo novizia in un povero convento di suore. La difficile situazione vissuta dalla prima, divisa fra l'attrazione per la sua amica e le severe regole monastiche, la porteranno ad un grave esaurimento nervoso dapprima mal curato e quindi scambiato per una possessione demoniaca. Finale tragico.
Già al centro delle attenzioni del regista rumeno con l'acclamato '4 mesi, 3 settimane, 2 giorni' (Palma d'oro al 60º Festival di Cannes), la condizione femminile in una Romania divisa fra tradizioni arcaiche e modernità viene nuovamente affrontata in questo dramma sociale che prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto ed in cui gli elementi psicologici dei protagonisti sembrano ancora una volta posti quasi fuori fuoco rispetto alla mera descrizione naturalistica del contesto. Forte di uno stile rigoroso e scabro, Mungiu coglie una realtà sociale difficile e marginale attraverso l'alternanza di piani fissi ed una camera mobilissima, immergendoci in una sorta di docufiction in presa diretta che si astiene dal dare giudizi o proferire sentenze, mostrandoci una sequenza di eventi drammatici come la risultante naturale delle contraddizioni culturali in cui sembrano convivere il razionalismo di una modernità fatta di cellulari e ospedali con la miseria di un eremo monastico neo-medievale dove si fa a meno perfino dell'acqua corrente e dell'elettricità. La progressione drammaturgica procede quindi seguendo un doppio binario quasi obbligato: da un lato la deflagrazione di una latente nevrosi sessuale nel rigido ambiente confessionale fortemente repressivo e dall'altro i guasti del combinato disposto tra le carenze istituzionali di una nazione che soffre del retaggio di un regime autocratico ed il ricorso ai rituali arcaici di un rudimentale esorcismo quale soluzione fai-da-te di una comunità abbandonata a sè stessa.
Un realismo etico quindi che pone il film del regista rumeno allo stesso livello di altrettanti esempi della cinematografia europea (Dardenne in testa) dove le realtà viene sì mostrata per quella che è, ma in cui emerge comunque tra le righe e le sottili sfumature del contesto (l'ostinazione del prete, l'insensibilità dei medici, il cinismo dei poliziotti) l'oggettiva censura di un ambiente fortemente disfunzionale e inadeguato ai bisogni ed alle esigenze della modernità (la protagonista ha vissuto nella vicina Germania che sembra anni luce distante dalla spaventosa arretratezza della società rumena). Forse eccessivamente sbrigativo in alcuni snodi narrativi o nella forza di alcuni passaggi drammatici, il film di Mungiu ha però il merito di mantenere una impeccabile coerenza del registro, senza scadere nel melodramma (quando mai la realtà lo è stata nell'esperienza quotidiana!) o nella morbosità della descrizione psicologica (l'omosessualità delle protagoniste è affrontata con pudore e appena accennata), portanto il ragionamento sull'esito della vicenda alle estreme conseguenze della piccola boutade burocratica con cui si chiude beffardamente il film.
Premiato al Festival di Cannes 2012 per la migliore sceneggiatura (Christian Mungiu) e per la migliore interpretazione femminile (Cosmina Stratan e Cristina Flutur) e rappresentante per la Romania agli Oscar 2013.
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gabrjack
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domenica 7 febbraio 2016
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oltre le colline
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In un contesto reale di vita moldavo/rumena si narra la storia (vera) di una comunità religiosa di stretta osservanza ortodossa che a mio avviso non è poi così lontana dalla vita di un convento di clausura nostrano con le sue regole e i suoi riti. Si deve considerare che il contesto sociale assai deprimente offre alle adepte una possibile via di fuga alternativa all'emigrazione massiccia verso i paesi occidentali i quali offrono sì lavoro ma molto poco riscatto sociale in cambio di uno sradicamento dalla propria terra e dalla propria cultura. Ma Mungiu opportunamente create le basi per la sua storia va poi ad analizzare i rapporti e le relazioni controvorse all'interno del monastero acuite dall'arrivo della compagna di una giovane suora che le.
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In un contesto reale di vita moldavo/rumena si narra la storia (vera) di una comunità religiosa di stretta osservanza ortodossa che a mio avviso non è poi così lontana dalla vita di un convento di clausura nostrano con le sue regole e i suoi riti. Si deve considerare che il contesto sociale assai deprimente offre alle adepte una possibile via di fuga alternativa all'emigrazione massiccia verso i paesi occidentali i quali offrono sì lavoro ma molto poco riscatto sociale in cambio di uno sradicamento dalla propria terra e dalla propria cultura. Ma Mungiu opportunamente create le basi per la sua storia va poi ad analizzare i rapporti e le relazioni controvorse all'interno del monastero acuite dall'arrivo della compagna di una giovane suora che le.chiede pressantemente di tornare a vivere insieme. Inizialmente la suora cerca di far convivere all'interno del covento il sacro della vita monacale con il profano che la giovane ragazza porta con se.I due stili di vita e i concetti diametralmente opposti pongono la comunità di fronte alla fragilità della fede e della religione in rapporto all'amore impetuoso e totale che la ragazza prova per la sua compagna/suora, non solo ma anche la difficoltà a gestire l' imprevidibile evento esterno che crea scompiglio e disordine. La reazione è dura come tutti i poteri fanno all'interno di una comunità o di una nazione quando vedono profilarsi il pericolo. E dunque l'imperativo è sradicare il cosidetto male il diverso ovvero il soggetto che può danneggiare perchè semina il dubbio e mette in rilievo le contraddizioni del potere. In questo caso si arriva al parossistico e pietoso tentativo di liberare il male attraverso un rito arcaico e crudele: la ragazza ostinata viene quasi crocefissa e per amore del dio misericordioso incatenata e lasciata morire senza cibo e senza acqua nel freddo inverno balcanico. Lentamente ma tardivamente la suora amica comincia ad aprire gli occhi e verso la fine smette i vestiti del convento per indossare il maglione della ragazza orami morente come a testimoniare la sua opposione al potere e pronta a denunciarne le violente contraddizioni
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stefanocapasso
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giovedì 22 maggio 2014
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la paura di vivere nelle cieche convinzioni
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Alina torna a casa, in Romania, dalla Germania a trovare Voichita. Sono due ragazze, cresciute insieme in orfanotrofio e legate da una storia d’amore che dura da sempre. Voichita ora è in convento, dove ha intrapreso la via monacale e non è più disposta a rivivere quell’amore né tantomeno a lasciare la vita religiosa per andare con Alina in Germania. Comincia un conflitto che coinvolge tutti, ognuno impegnato nel proprio compito. Alina nel ritrovare l 'amore perduto, la comunità delle monache, presieduta da un prete, che cerca di conservare l’armonia messa a dura prova dalle esplosioni di rabbia e gelosia di Alina e Voichita che cerca di stare vicino all’amica e che al tempo stesso vuole rimanere nella strada della fede da poco abbracciata.
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Alina torna a casa, in Romania, dalla Germania a trovare Voichita. Sono due ragazze, cresciute insieme in orfanotrofio e legate da una storia d’amore che dura da sempre. Voichita ora è in convento, dove ha intrapreso la via monacale e non è più disposta a rivivere quell’amore né tantomeno a lasciare la vita religiosa per andare con Alina in Germania. Comincia un conflitto che coinvolge tutti, ognuno impegnato nel proprio compito. Alina nel ritrovare l 'amore perduto, la comunità delle monache, presieduta da un prete, che cerca di conservare l’armonia messa a dura prova dalle esplosioni di rabbia e gelosia di Alina e Voichita che cerca di stare vicino all’amica e che al tempo stesso vuole rimanere nella strada della fede da poco abbracciata. In un crescendo di tensione e incidenti la comunità monastica, spaventata dal comportamento di Alina, decide di sottoporla ad esorcismo arrivando a compiere gravi sevizie e privazioni che causeranno un finale tragico
Mungiu sceglie di mostrarci la storia con lunghe sequenze riprese sempre da un unico punto di vista, che è poi quello che dimostrano di avere tutti i protagonisti della storia.
Insieme ad una bella fotografia, sobria e incisiva fornisce alla narrazione un rigore che ben si addice all’atmosfera monastica dove si svolge gran parte del film.
Ogni parte in causa è strenuamente attaccata alle sue certezze, a quelle che il proprio ambito di vita gli fornisce. Che diventa una convinzione ottusa, irragionevole, che perde di vista l'altro come essere umano per trasformalo in oggetto della propria missione, finendo per risultare deleteria.
Quello che accomuna tutti è la paura, la paura della vita, della solitudine, del dolore. E che ognuno risolve come può, chiudendosi nel suo mondo di fatto di convinzioni ciecamente condivise. Risulta evidente per il prete e le monache. E traspare dal modo che vediamo sullo sfondo, i medici, la famiglia adottiva di Alina e gli stessi poliziotti che arriveranno per indagare sul caso.
E sull’operato di ognuno si apre un interrogativo etico, che verte sul paradigma di riferimento di chi opera secondo quello che crede essere il bene, sulla necessità di integrare in una valutazione complessiva, l’intenzione e l’azione che sembrano avere strade divergenti. Ed è una riflessione che tutto sommato rimane aperta, non c'è un giudizio nel raccontare questi fatti, accaduti realmente, che sono atroci, nemmeno per la comunità del convento che di fatto provoca la tragedia.
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francesco2
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domenica 20 aprile 2014
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un mungiu ambizioso, che però gira a vuoto
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Dopo "4 mesi"......., Mungiu cambia obiettivo, o forse no. C'è ancora l'amore al centro della scena, ed in fondoanche lì veniva declinato sotto varie forme (L'amicizia, il rapporto di una madre con qualcosa o qualcunoc he porti in grembo, persino quello del padre per le tradizioni). Ed alla fine le affinità non finiscono qui: anche stavolta il regista rumeno si ispira ad un fatto di cronaca.
Con una differenza, però, probabilmente non da poco: perché qui è come se puntasse a suggerire. Qual'è il vero legame tra le due giovani? Il "papà" è davvero in buona fede? E poi, a parte l'intensità dei sentimenti di Voichita (Quale è più forte, quello per Dio o quello per l'amica?), DI COSA SOFFRE Alina?
C'erano tutti gli elementi, allora, per un'opera intrisa di rigore spirituale e/o religioso, che guardasse a Kieszlowski o a Bergman.
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Dopo "4 mesi"......., Mungiu cambia obiettivo, o forse no. C'è ancora l'amore al centro della scena, ed in fondoanche lì veniva declinato sotto varie forme (L'amicizia, il rapporto di una madre con qualcosa o qualcunoc he porti in grembo, persino quello del padre per le tradizioni). Ed alla fine le affinità non finiscono qui: anche stavolta il regista rumeno si ispira ad un fatto di cronaca.
Con una differenza, però, probabilmente non da poco: perché qui è come se puntasse a suggerire. Qual'è il vero legame tra le due giovani? Il "papà" è davvero in buona fede? E poi, a parte l'intensità dei sentimenti di Voichita (Quale è più forte, quello per Dio o quello per l'amica?), DI COSA SOFFRE Alina?
C'erano tutti gli elementi, allora, per un'opera intrisa di rigore spirituale e/o religioso, che guardasse a Kieszlowski o a Bergman. Ma i guai, invece, cominciano proprio qui.
Costruire un film che insinuasse dubbi e dinterrogativi, infatti, avrebbe comportato dei personaggi che non appartengano a tipologie definite: Alina, infatti, rappresenta la rabbia, la mancanza di sottomissione, forse persino l'immanenza, come l'amica la trascendenza e la sottomissione. Né Mungiu appare uno Zonca o Kechif, che costruisce rapporti intensi al femminile anche ove i personaggi non appaiano credibilissimi. Alle due ragazze si contrappone il prete: se è vero che l'atteggiamento di Voichita non si sbilancia a favore dell'altra ragazza, forse perché l'uomo rappresenta Dio, e non assistiamo ad una contrapposizione così schematica (L'uomo meno giovane daunaparte, le due ragazze dall'altra), la prevedibilità quasi totale dei suoi comportamenti allontana sempre di più questo film da opere come "Lourdes" o persino "Uomini di Dio" di Beauvois.
In quest'atmosfera, praticamente nulla aggiungono figur(in)e come il poliziotto o l'infermiera, mal caratterizzate e forse anche mal interpretate: paradossalmente a Mungiu la scena citata all'inizio, nonostante i rischi di essere dilatata dove il padre rimpiangeva la Romania di un tempo nel film precedente, era riuscita meglio di questi schizzi. Ancora peggio va con la madre della giovane ribelle, null'altro che un pretesto per (Ri)proporre uno sterile scontro tra generazioni quando non può e/o non vuole soddisfare le richieste economiche della figlia.
Dopo che Alina, una brutta copia di una delle protagoniste della "Vita sognata dagli angeli" (A proposito: se l'avete visto, vi ricordate il finale?), denuncia il falso spiritualismo del pope ortodosso (Ma questo rgista ha visto, in questo senso, un film lontanissimo da questo come "La ceremonie"di Chabrol?), ed una delle due protagoniste è stata definitivamente valutata incompatibile con la vita da monastero, ci aspetta un finale che denuncia -Giustamente- il bigottismo di certe comunità "Religiose", ed un'ironia che coinvolge i già citati poliziotti, anch'essi vittime e carnefici di quell'ingranaggio. Ma di fronte a uno di quei film da Festival che sembrano cercare il colpo basso, ed in qualche modo lo centrano ottenendo una menzione speciale a cannes, viene da chiedersi se Mungiu non sia un -Relativamente- giovane promosso con eccessivo anticipo a grande regista.
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angelo umana
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domenica 20 aprile 2014
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mistero della fede
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“Misteri della fede …”. Ogni medico fornisce la sua medicina e il capo del convento in Moldavia, comunità operosa e quasi autosufficiente “oltre le colline”, chiamato dalle sue novizie padre e papà, ritiene che i malesseri di Alina e le sue ribellioni necessitino di esorcismi. “Il maligno attraverso di lei cerca di spaventarci … dobbiamo liberarla dal maligno indebolendolo (ma così indeboliscono la poveretta) … preghiamo per cacciarlo dal suo corpo”. Cristian Mungiu traspone cinematograficamente un fatto veramente accaduto e rappresenta da un lato le convinzioni che possono mettere radici in menti giovani e dall’altro il fondamentalismo religioso, quello che fa predicare al capo della piccola comunità: “Senza Dio nel tuo cuore potrai avere l’umanità intera intorno ma resterai sempre sola” o “L’uomo che parte non è più lo stesso quando torna”.
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“Misteri della fede …”. Ogni medico fornisce la sua medicina e il capo del convento in Moldavia, comunità operosa e quasi autosufficiente “oltre le colline”, chiamato dalle sue novizie padre e papà, ritiene che i malesseri di Alina e le sue ribellioni necessitino di esorcismi. “Il maligno attraverso di lei cerca di spaventarci … dobbiamo liberarla dal maligno indebolendolo (ma così indeboliscono la poveretta) … preghiamo per cacciarlo dal suo corpo”. Cristian Mungiu traspone cinematograficamente un fatto veramente accaduto e rappresenta da un lato le convinzioni che possono mettere radici in menti giovani e dall’altro il fondamentalismo religioso, quello che fa predicare al capo della piccola comunità: “Senza Dio nel tuo cuore potrai avere l’umanità intera intorno ma resterai sempre sola” o “L’uomo che parte non è più lo stesso quando torna”. I segni della croce propiziatori o di espiazione nel film si sprecano.
Alina, 25enne, è tornata dalla Germania dove lavorava, dopo esser fuggita dalla famiglia a cui era stata assegnata quando non aveva più l’età per restare nell’orfanotrofio: ma è tornata solo per portarsi via l’amica dei tempi dell’orfanotrofio Voichita, l’unico amore della sua vita, per tornare in Germania e lavorare sulle navi. Voichita però ha imboccato una strada diversa in quella specie di convento, ora et labora, lei è addetta tra l’altro a trarre l’acqua dal pozzo; nelle stanze chiamate “celle” c’è freddo e solo candele per far luce. Si è adeguata e si sente protetta dalle regole che le sono state date. Del resto è lei stessa a esprimere la paura di andarsene: “La mia vita lontana dal monastero non ha più senso … Nessun posto dove andare”. Sebbene Alina cerchi di farla “rinsavire”, almeno secondo lei, con argomenti razionali - si rivolge a quelle “cornacchie” protestando che “Dio non è solo vostro, è di tutti” e “Chi crede in Dio non ha bisogno di alcuna icona” – e chiedendo a Voichita se “è di morire o di vivere” che abbia paura, riesce solo alla fine a farle promettere che partirà con lei, i dubbi si sono finalmente instillati nell’amica, ma è troppo tardi. Gli esorcismi sull’”indiavolata” Alina hanno sortito la tragedia.
Come in “Quattro mesi tre settimane e due giorni” il regista affronta in modo particolareggiato fatti della vita, la visione non è appesantita dalla regìa con manicheismi o interpretazioni melodrammatiche, i fatti stessi del resto sono molto seri per la loro natura. L’atmosfera qui è molto verosimile, sembra di entrare in un altro tempo e in un posto sconosciuto (“Another time another place”, era un film): forse è l’effetto dell’ottima interpretazione delle attrici coinvolte (migliori attrici e migliore sceneggiatura a Cannes 2012). Associazione di idee: in sovrimpressione nel trailer di mymovies compaiono le parole “Non puoi sapere se Dio è tutto ciò di cui hai bisogno fino a quando Dio è tutto ciò che hai”, questo è il sunto vero del film, ed è un tema accennato anche nel più recente “Ida” del polacco Pawlikowski. Che, inoltre, Dio non sia solo di alcuni ma di tutti è il tema di cui è sempre stato convinto il nostro Don Andrea Gallo, prete di strada ma, ci si augura per la Chiesa, “santo subito”.
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francesco2
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domenica 20 aprile 2014
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comunque
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.......ringrazio -Ancora- in ogni caso "MyMovies", per farci vedere questi film in streaming, senza pagare - Per i film "Free"- nulla che non sia la connessione a Internet
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no_data
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sabato 19 aprile 2014
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libertà va gridando
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Il film è duro e tale vuole essere .Già lo capisci dalle scene buie e opprimenti , dalla recitazione monocorde , dal tono generale .Ma la storia è così terribile che non avrebbe potuto essere che così.Se un film è soprattutto scena qui la scena è totalmente didascalica per pervenire a quello che è l' interrogativo del film.Fino a che punto si può violare la volontà personale in nome di un Bene che si ritiene superiore a tutto? Fino a che punto si può arrivare senza aver consapevolezza che in nome del bene si commette un' ignominia?La grandezza e la bellezza del film nasce dall' aver dato credibilità scenica e narrativa a uno dei grandi problemi dell' uomo: quello del rispetto della libert&ag
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Il film è duro e tale vuole essere .Già lo capisci dalle scene buie e opprimenti , dalla recitazione monocorde , dal tono generale .Ma la storia è così terribile che non avrebbe potuto essere che così.Se un film è soprattutto scena qui la scena è totalmente didascalica per pervenire a quello che è l' interrogativo del film.Fino a che punto si può violare la volontà personale in nome di un Bene che si ritiene superiore a tutto? Fino a che punto si può arrivare senza aver consapevolezza che in nome del bene si commette un' ignominia?La grandezza e la bellezza del film nasce dall' aver dato credibilità scenica e narrativa a uno dei grandi problemi dell' uomo: quello del rispetto della libertà personale senza porre condizioni , mai!
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