“Come suol dirsi, ogni scarrafone è bello per la sua mamma!”
Detto questo, è bene che qualcuno provi a vedere la trave che ha nell’occhio piuttosto che il moscerino nell’occhio altrui, ovvero sarebbe opportuno fare uno sforzo in più per vedere cosa c’è sotto il vestito invece di soffermarsi solamente sul fatto che il vestito sia stirato col ferro da stiro classico o con quello a getti di vapore.
Ed è proprio questa la sensazione che ho avuto leggendo alcune recensioni sull’opera “prima” del regista Sandro Ravagnani per il film Dreamland e che mi spingono a scrivere questa nota.
Ho conosciuto Ravagnani alcuni anni fa, lo reputo un uomo intelligente con “l’aggravante” per questi tempi di essere un sognatore, che annovera nella sua esperienza professionale anni e anni di programmi televisivi come autore, uffici stampa di prestigio, incarichi istituzionali e tanto altro.
Il film Dreamland – La Terra dei Sogni, è figlio di tutto questo!
Chi si aspettasse di vedere un “action movie” o una commediola all’italiana a lieto fine o un cosiddetto film “panettone” o l’apologia noiosa di uno sport, non vada a vedere Dreamland.
Dreamland è un sogno, una consapevole intersecazione tra biografia, sogno, realtà, al di là dei confini spazio-tempo, una costante sequenza di episodi, ognuno di loro metafora di ideali nascosti nell’inconscio collettivo a firma Sigmund Freud.
Un’opera quasi metafisica, da interpretare:
troppo semplice e superficiale soffermarsi sulle evidenti distonie e sulle sfacciate ma solo apparenti incongruenze, ed è decisamente inesatto paragonarlo ad altri film del passato.
Il film può piacere o no ma sicuramente va fatto lo sforzo per interpretarlo, è un dovere intellettuale per chi ha l’onere della critica.
Didascalico; dissacrante dei concetti legati a certi sport, e volutamente concentrato su una “italianità” che si è persa nel tempo, con l’ispanico che ha l’accento lombardo, simbolo dei tanti personaggi volutamente scelti tra i “non attori” ma che per il regista idealizzano l’Italia multietnica, di quando gli emigranti che andavano a cercare fortuna all’estero, eravamo noi!!!
Il costante, quasi maniacale confronto tra il passato ed il presente; le puntigliose ricostruzioni degli anni”50, la fotografia curata e romantica, la colonna sonora anch’essa come dilatata nel tempo; i “pugni nello stomaco” delle immagini degli USA attuali e quelle “antiche” di elementari quasi rozzi allenamenti di due sportivi dell’epoca; il tutto compresso nella testa di un moderno motociclista benestante che durante un percorso stradale, metafora della vita, rivive le fasi più significative della propria esistenza, trasfigurate e strane come possono apparire, a volte, i ricordi.
Nessuna demagogia ma l’essenza prima degli ideali positivi come non se ne vedono più da tempo, in un crescendo di speranze che in un momento come questo di crisi mondiale non solo economica ma anche di principi, trasmette una semplice e sana voglia di vivere.
Alberto Sala – scrittore, giornalista-pubblicista
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antoniocinematografo
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martedì 28 giugno 2011
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eh?
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Ma Sandro Ravagnani parla di Sandro Ravagnani?
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antoniovoto
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mercoledì 6 luglio 2011
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dio mio!
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caro sebastiano è inutile che vuoi pompare il film con i paroloni.neanche un telespettatore di maria de filippi si farebbe incantare.il fatto che il regista abbia frequentato gli ambienti televisivi no lo fa diventare un regista.riguardo poi la retorica sull'action movie il fatto è che nessuno si aspetta un action movie,ma tutti si aspettano un film girato in maniera professionale.da attori che abbiano un minimo di professionalit.da un regista che sappia fare il regista.da un direttore della fotografia che non sembri un fotografo in gita scolastica che riprende gli amici.sul fatto che il regista possa essere un sognatore non mi permetto di dissentire,dato che non lo conossco,ma come prima,anche questa non è condizione necessaria e sufficiente per essere un VERO REGISTA.
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caro sebastiano è inutile che vuoi pompare il film con i paroloni.neanche un telespettatore di maria de filippi si farebbe incantare.il fatto che il regista abbia frequentato gli ambienti televisivi no lo fa diventare un regista.riguardo poi la retorica sull'action movie il fatto è che nessuno si aspetta un action movie,ma tutti si aspettano un film girato in maniera professionale.da attori che abbiano un minimo di professionalit.da un regista che sappia fare il regista.da un direttore della fotografia che non sembri un fotografo in gita scolastica che riprende gli amici.sul fatto che il regista possa essere un sognatore non mi permetto di dissentire,dato che non lo conossco,ma come prima,anche questa non è condizione necessaria e sufficiente per essere un VERO REGISTA.per finire,tutta la retorica su freud e compagnia mi sembra un testo scritto per una puntata di forum,in cui alcune volte si improvvisa una greve e pacchiana retorica per dare un pò di consistenza all'oggetto in esame...
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michele.zarbo
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domenica 10 luglio 2011
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sole 24 ore
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Dreamland- La terra dei sogni. A sentire il regista Sebastiano Sandro Ravignani è costato uno sproposito ed è solo il primo capitolo della meno attesa delle trilogie. Dio ce ne scampi. Questo lungometraggio si candida a diventare lo strascult del decennio: impossibile resistere al trash dilagante che Dreamland regala a piene mani. Non solo nelle imbarazzanti performance attoriali dei protagonisti Columbu e De Cristofaro, nella regia e nella messa in scena assurda, nella sceneggiatura inesistente. L'impressione è che l'opera verrà ricordata soprattutto per la scena di biliardo più brutta della storia del cinema e la scena di sesso meno eccitante mai vista. E per le immagini di Arnold Schwarzenegger usate in maniera insensata: vista la mole dell'ex governatore, speriamo davvero per l'incolumità regista che Terminator non le veda.
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