Hannah Montana: The Movie

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Hannah dei miracoli

di Sabina Minardi L'Espresso

Studentessa, rockstar. Fenomeno globale dagli otto anni in su. Hannah Montana è l'emblema di una nuova generazione. Che punta al saper fare. Che veste come vuole. Che insegue il successo.
«Se A un messaggio che voglio trasmettere è che i sogni si possono realizzare. E non troverete mai il vostro se non cercherete almeno di inseguirlo». Più potente di un coach esistenziale. Parola di una che, cantando e ballando, è diventata l'emblema della storia naturale delle teenager di qualunque latitudine: Miley Cyrus, di giorno; di sera, Hannah Montana. Un fenomeno, musicale, televisivo, cinematografico e letterario.
Impassibile ignorarla: chioma bionda, occhioni chiari, aria tosta e leggins colorati: la sede e su Disney Channel che la vede protagonista inchioda 164 milioni di spettatori, dagli otto anni in su. La biografia, "La mia strada" (Disney Libri), un bestseller da 30 milioni di copie. Con tre album ha vinto 30 dischi d'oro e di platino. Il suo film è ovunque nei cinema, Italia inclusa.
Come mai? Qual è la formula di un successo che ha surclassato sorelline maggiori come Britney Spears, Lindsay Lohan o Avril Lavagne? Che, in termini di business e di marchio esteso a tutto il merchandising, ricorda quello delle gemellane Mary-Kate e AshIcy Olsen? E che, sulla tradizione di "Fiashdance" e di "Saranno famosi", di idoli più contemporanei come Bianca Ryan, la cantante quindicenne che spopola su YouTube, la filippina Charice Pempengeo e tutti i laureati da tale nt show, fa sognare le coetanee del pianeta?
« Hannah è una di loro. Studia, si innamora, cerca la sua strada, costruisce la sua identità. Ecco perché è così facile riconoscersi in lei-, spiega Francesco Morace, il sociologo che dirige il milanese Future Concept Lab e che, con la ricerca "Ta strada di Miley e i percorsi delle identità", ha indagato le connessioni tra il personaggio di casa Disney e la generazione under 16. Smalto in colori choc. Eye liner scuro Cleopatra-style. E cinturoni, Tod alle orecchie, voglia di ballare e di cantare. Tutto nella norma, ma altro che velina: Hannah insegna che il talento conta più della bellezza. E sparge messaggi buonisti: sulla famiglia, la religione, l'amore. Una bomba, in. tempi di estetica senza etica: non a caso il newsmagazine "Time" l'ha inclusa tra le 100 persone più influenti dei pianeta.
«Questa ragazzina è l'icona di una generazione inedita per stili di vita e di consumo: quella degli Expo Teens»,, aggiunge Morace: «Expo nel duplice significato di "esplorazione" ed "esposizione". Sono i giovanissimi di oggi, che hanno la possibilità di esplorare un mondo enorme reso accessibile dalla tecnologia e, nello stesso tempo, l'opportunità di farsi notare da una serie infinita di piattaforme nuove». Reginette dell'hit parade, che spuntano dalla Rete, come Líly Allen, fenomeno di MySpace, Pixxi Lott, Shontelle. Le Dolly Rockers, trio generato da un reality show, che non ha ancora prodotto un album, ma fa già parlare di sé come delle nuove Silice Giris. Generazione-ímmagine, ma non solo. Perché l'obiettivo è la celebrità, ma per la prima volta non a tutti i costi.
Destinazione sogni «Ognuno, di noi possiede più sfaccettature: dentro abbiamo chi siamo, ma anche chi potremmo essere se inseguissimo i nostri sogni». Alla generazione multitasking, consapevole che le, opportunità sono molte e che l'abilità consiste nel saper gestire vari livelli, Hannah Montana ama ripetere che I sogni sono a portata di mano. E che una carriera si costruisce ogni giorno, mattone dopo mattone 1 a s- parte da una fattoria del Tennessee, inizia a 11 anni mentre frequenta la prima media. Ed è legata un provino per diventare la protagonista di una nuova serie tv: le cambia la vita. a £ la quintessenza del sogno americano. Con in più il terna della doppia identità, tipico dei super eroi», nota Valentina Ventrelli, ricercatrice dei Future Concept Lab: «Hannah è la rockstar: la diva, che però ha anche una quotidianità. Perché la generazione che lei rappresenta punta a restare con i piedi per terra. E ci tiene molto a saper fare qualcosa: non necessariamente per inclinazione naturale, ma come risultato di una motivazione fortissima».
Né solo fortuna né doti innate, tantomeno scorciatoie: il talento è una sfida che si costruisce con applicazione. Come dimostra la russa Kira Plastïnina, stilista quindicenne figlia di papà, ma ormai titolare di una cinquantina di negozi in tutto il mondo. O le tenniste più giovani, come la sedicenne Michelle Larcher De Brito. Come gli emergenti dai talent show, più che i vincitori dei reality: da "American Idol" ad "America'; Got Talent". Hannah conferma dal suo diario. «Ecco le cose che vorrei fare da grande: la fotografa, la direttrice d'orchestra, l'insegnante di musica, la scrittrice, 1 compositrice».
II mito della porta accanto «Non caso questa è una generazione che riconosce come modelli chi insegna loro a fare delle cose: l'allenatore di calcio, l'insegnante di danza», dice Morace. Ai maestri ideali, ai maitre-à-penser di una volta, le Expo Teens preferiscono persone che hanno saputo dimostrare le loro capacità: in ambito sportivo, familiare, sociale. I loro sono miti concreti: nel senso che sono figure raggiungibili, via Internet prima di tutto. Ma anche uomini e donne che fanno cose tangibili, meglio se in grado di migliorare la vita degli altri: la stessa Hannah dice che le piacerebbe aprire campi estivi per bambini malati, andare in missione di pace, pagare le bollette ai più poveri. Verso i famosi senza meriti, come i rampolli in carriera e i ricchi di ogni specie, l'atteggiamento è di indifferenza e di assoluto disincanto. Per Miley, modello assoluto è il nonno, amico ed eroe: a lui è dedicata la biografia. Ma c'è anche un padre, Billy Ray Cyrus {musicista pure lui: frange, cappello e aria country, un tempo cantava "Achy Breaky Heart" ), nel telefilm nel ruolo di se stesso, a svolgere una parte fondamentale: preserva il segreto della doppia vita della popstar. È il punto di equilibrio tra la notorietà e la vita di tutti i giorni.
II ritorno dei valori «Queste ragazze credono nella famiglia, nonostante abbiano intorno molti disastri sentimentali», spiega Ventrelli: «Fratellï e genitori restano un punto fermo. I nonni una certezza a cui aggrapparsi. La famiglia, anche se allargata, resta un obiettivo». E credono in Dio, le giovanissime. Miley ha addirittura l'anello che, per la sua chiesa, simboleggia il voto di castità fino al matrimonio. «La fede influenza anche le mie scelte professionali», ammette in varie occasioni. Fiducia nell'aldilà, in una giustizia soprannaturale, bisogno di credere: la generazione under 16 è pronta a esplorare il menu spirituale della nostra epoca. E a centrifugarlo con una saggezza tutta propria. «Anche i momenti difficili fanno parte della storia della tua vita», dice Miley: «Se li accetti e li superi finiranno per aggiungersi alle esperienze che ti rendono migliore». Perché il fallimento è dietro l'angolo. Ed è Ia paura più grande della generazione ossessionata dall'espressione delle proprie capacità: dinanzi a tante possibilità, mancare il bersaglio. Non imboccare la strada giusta. Non realizzare i propri sogni.
Paura di perdere «Hanno talmente tanto a disposizione, così tante possibilità a portata di mano, che rischiano di rimanerne travolti. E, in assenza di buone guide, di perdere davvero la strada», nota Morace. Veloci, reattive ai cambiamenti, trasformiste, con un'intelligenza esercitata tra link e ipertesti: le neo-teens sono a rischio di superficialità. Fondamentale resta il supporto del gruppo: luogo fisico ed emotivo di condivisione. «Anche se il rapporto con i coetanei è meno tribale che in passato, meno legato a pure ragioni anagrafiche, il gruppo resta l'ambito di crescita privilegiato. Si fa gruppo sulla base degli interessi comuni», nota Ventrelli. Sul luogo di aggregazione per ec
cellenza: la Rete.
Narcisi tecnologici Su Internet i giovanissimi si formano e si informano: il 19 per cento dei teenager americani ha un blog, un ragazzo su tre li legge; il 50 per cento dei 1317enni può essere considerato un content provider di Internet. Una competenza tecnologica che è anche una forma di seduzione, la dimostrazione pratica di un saper fare che accomuna e, al tempo stesso, distingue: non a caso su Internet si muove l'antiMontana per eccellenza, la quindicenne Miranda Cosgrove, protagonista di "iCarly", lanciata con un serial tv già da svariati milioni di spettatori, ambientato nella produzione di uno show online.
"Narcisismo performativo", lo chiamano al Future Concept Lab: bisogno di vivere una continua performance sociale ed estetica. Anche in relazione alla sfera dei consumi: siamo di fronte a "consumautori", o ragazzine in cerca di autonomia estetica. A partire dall'atteggiamento verso lo shopping, nuovo rispetto solo a qualche anno fa: distaccate, indipendenti, smaliziate, le Expo Teens hanno i loro brand (secondo la ricerca, fra tutti Apple e Paul Frank), le affinità elettive (la gattina Hello Kitty), gli oggetti cult (l'iPod, le scarpe Converse): solo, non ne sono sopraffatte.
Libere dì scegliere «Metà dei miei capi sono comprati da Wallmart, l'altra metà sono regali di stilisti come Chanel e Gucci. Robaccia e grandi firme. Il tutto appallottolata insieme e difficile da dividere», proclama Hannah. « II capo firmato è solo una possibilità, da mischiare a indumenti provenienti dal mercatino, da un viaggio all'estero, dal negozietto dietro l'angolo», conferma Stefania Borghini, docente di Marketing all'Università Bocconi: « Ricerche sullo shopping condotte su ragazzine della scuola media confermano che acquistare, con una ritualità precisa, scandisce il bisogno di distinguersi dal mondo infantile. E rappresenta un modo per imparare a costruire la propria identità», spiega: «Intorno ai brand e agli spazi dì vendita le ragazzine si esercitano a costruire la loro identità. Provano, mixano, dai profumi agli accessori tengono tutto sotto controllo. È sperimentazione allo stato puro». Il consumo come traghetto dall'infanzia all'età adulta, terreno di esercizio della creatività: una novità rispetto all'edonismo, con i consumi in chiave di esibizione e di omologazione. Risultato? Ragazze disinvolte in qualunque abito. Rapidissime nelle scelte, determinate negli obiettivi. «Che donne saranno? Mi sembra di scorgerle dalla trilogia Millennium di Stieg Larsson: «Donne autonome, risolute. A rischio solitudine, però: sono cresciute spogliandosi presto dell'infanzia e con un forte senso di responsabilità. Se riusciranno a fare i conti con questa fragilità, saranno invincibili. E faranno a pezzi le generazioni precedenti».
Da L’Espresso, 9 luglio 2009

di Sabina Minardi, 9 luglio 2009

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