Il bambino con il pigiama a righe

Pellicola incentrata fin dalle prime battute sulla figura di Bruno, bambino tedesco il quale si trova di punto in bianco sballottato con la famiglia in campagna, lontano dalla sua casa di Berlino, ma non solo... Tutto il suo mondo è rappresentato con grande asciuttezza realistica: in una città che si sgretola sotto simboli nazisti che campeggiano ovunque la sua infanzia si svolge in paradiso lindo, ordinato, di una sontuosa austerità, fino all'annuncio della promozione del padre... Dicevo non solo... perché il punto di vista si allarga, Bruno riesce ad evadere dalla sua nuova casa bunker entrando così in contatto con uno strano personaggio che scoprirà essere un suo coetaneo e che sentirà il bisogno di aiutare in una alleanza che li vedrà soccombere uniti dalla stesso destino. A mio parere la cifra del film è l'introspezione psicologica della sceneggiatura che permette a tutti i personaggi di essere visti in ogni sfaccettatura senza il filtro del clichè il quale ha fatto tanti danni altrove. QUI tutti sono se stessi, chi scevro di dubbi (il padre), chi invece con nel cuore un forte senso di colpa (la nonna del bambino), chi assolutamente inconsapevole e poi schifata e riottosa a qualunque ipotesi di permanenza sentendola come complicità (la madre), chi ripudiato dal proprio genitore dissidente e per questo incattivito dal senso della propria malvagità (il giovane militare punto di riferimento della famiglia). Tutti seguiranno la loro strada senza mai dare allo spettatore l'impressione di trovarsi sul set di una recita in costume (come molti film sul nazismo sono sembrati) fino all' epilogo: la Storia che si ritorcerà contro chi l'ha scritta ( riprendendo le parole dell'ideologia che è spiegata con grande chiarezza in alcuni momenti chiave). Davvero notevole. Se la vita è bella ha vuto un Oscar (e se lo meritava), questo quanti ne dovrebbe avere?