Lussuria
Ang Lee ritorna a conquistare il pubblico con “Lussuria”, in un gioco perfido e insaziabile, con una partita all’ultimo “sangue” emblematicamente combattuta solo con sentimenti, espressioni misere e lodevoli dell’essere umano.
In uno scenario ben costruito, che fa da sfondo al dramma narrato, di una Hong Kong assediata dalla dominazione giapponese durante gli anni del secondo conflitto mondiale, due persone costruiscono una tormentata relazione amorosa: Wang Jiazhi (Joan Chen), militante nella resistenza cinese ed il potente Mr. Yee (Tony Leung), losco e spietato collaborazionista dei giapponesi.
Ang Lee, non rinuncia anche in “Lussuria” a proporre gli eterni conflitti umani: familiari, politici, di classe, identitari, narrando il dramma di due anime che si logorano in una Hong Kong ormai culturalmente ridefinita dai simboli e valori importati dall’Occidente.
Questo regista eclettico, sorprendente, non rinuncia a mettere in scena l’imprevedibilità dei sentimenti, ciò che di arcano, oscuro e sommerso scuote e muove l’essere umano, in confronti, duelli, sete di possesso e poi anche nella ricerca semplice e arrendevole dell’amore, il bisogno eterno di ogni persona.
La giovane Wang accetta il ruolo di seduttrice, dominata, in un amore platonico, dalla personalità di uno dei militanti del gruppo di cui fa parte, ed inganna l’abile uomo Yee. Lo inganna recitando la sua parte di affabile e arrendevole amante, come se calcasse le scene di un palcoscenico. Wong recita, diventa il personaggio, lo incarna, confonde essa stessa finzione e realtà nella recita dell’amore e della passione. Accende l’anima dell’uomo Yee, perfido e spietato, carpisce in lui la promessa di un sentimento nobile, di cui essa stessa sarà vittima meschina.
Lee, magistralmente, costruisce nella trama la trappola dei sentimenti, in un duello lento e compassato, che non produrrà né vincitori né vinti.
Anche se i critici non hanno condiviso l’assegnazione del “Leone d’Oro” a Venezia, quest’ultimo lavoro di Ang Lee merita a tutto tondo quel riconoscimento in quanto opera raffinata e stilisticamente ottima, che si traduce, ancora una volta, in un affondo nell’incontrollabile dimensione affettiva che scuote, rivitalizza e annulla l’umanità intera.
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