Un ragazzo dopo un grave incidente perde la memoria, appena ripresosi decide d’iscriversi all’università su consiglio dei genitori malgrado lui stesso non sembri esserne troppo convinto. Pian piano i ricordi riaffiorano, anzi, forse addirittura evolveranno.
Film d’una raffinatezza fuori dal comune che non ha paura d’inquadrature troppo persistenti o silenzi prolungati, lo svisceramento del malessere di una persona attraverso un trauma per scoprire quanto in realtà già da tempo fosse poco sano il nostro protagonista, l’incidente come scusa per mostrare la vita attraverso il suo lato più cupo.
Uno splatter senza bisogno di sangue dove i silenzi e il rumore delle ossa che scorrono sui tendini tirati ne fanno da padrone, uno sguardo sull’uomo spogliato di pelle e grasso e spogliato inoltre di ogni precostruzione data dalla censura della società, uno sguardo tanto lucido da diventare insopportabile e una regia tanto essenziale da destabilizzare.
Film sulla follia di una persona troppo aggrappata alla vita da essere incapace di lasciar andare i tuoi totem pur essendo essi stessi vani, film sull’amore oltre tutto dove per quanto malato qualsiasi gesto può essere amore e qualsiasi gesto (anche il più caro) per quanto forte è vano se privo d’amore. Film forse invece metafisico sulla forza della vita su tutto, sulla forza dell’anima che va oltre le formalità religiose e affettive ma che invece segue solo ciò che ama veramente, film sul succo dell’esistenza a noi inconcepibile ed irrappresentabile distante anni luce da ogni convenzione di buon senso ma che dipende solo dalla forza dell’anima stessa.
Regia perfetta dove una scena di ballo posta nel modo giusto può apparire disturbante, dove il sorriso d’una ragazza può lasciare un’ambigua inquietudine, dove una sola inquadratura vale mezz’ora di spiegazioni sul turbamento d’un individuo e dove – improvviso e terribile – lo sfogo d’un genitore può far salire il cuore in gola.
Il vero dubbio non sembra essere tanto sull’esistenza dell’anima quanto più sulla sua ubicazione, se sia intrappolata in un corpo morto o dentro di noi che ricordiamo la persona, se dal suo cadavere essa possa rivivere, se in realtà il solo sapere che è lì non basti semplicemente a rassicurarci che – malgrado inerme – sia proprio lei (o lui) la persona che abbiamo amato.
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