Roberto Nepoti
La Repubblica
Di regola, le biografie degli artisti del '900 sono più maledette degli artisti in questione; in compenso, mancano totalmente di genio. Ci eravamo ripresi a fatica da quella di Picasso con Anthony Hopkins e dal "biopic" su Pollock, cui prestò faccia (perdendocela) e regia Ed Harris; ed ecco arrivare la peggiore di tutte, a raccontarci l'ultimo atto della vita di Amedeo Modigliani.
Nella Montparnasse del dopo (grande) guerra, il pittore fa la bohème, intrattenendo rapporti tumultuosi con donne e colleghi. In particolare con la musa Jeanne, legata a lui da una passione assoluta ma piena di triboli e che ci tiene informati, tra i singhiozzi, circa il genio autodistruttivo del suo Modì.
Quanto ai colleghi-concorrenti, la parte dei leone tocca a Picasso, interpretato dal poco noto Omid Djalili, che si agita e minaccia come se fosse convinto di trovarsi in un film di gangster.
Il prodigio di avere banalizzato come più non si poteva un soggetto in sé appassionante è opera dello scozzese Mick Davis, passato alla storia per avere sceneggiato il seguito di "Nove settimane e mezzo". La ricostruzione della Parigi anni '20 sembra una lunga pubblicità per un'agenzia turistica (dell'epoca), con gli innamorati che si baciano sulle note delle canzoni di Edith Piaf; gli artisti in pieno impeto creativo vengono ripresi al rallentatore; tira un'aria di generale anacronismo, che rende il tutto un po' ridicolo. Quanto a Andy Garcia, sembra più che mai la controfigura di Al Pacino.
Da La Repubblica, 13 maggio 2005
di Roberto Nepoti, 13 maggio 2005