Confidence - La truffa perfetta |
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Un film di James Foley.
Con Morris Chestnut, Leland Orser, Rachel Weisz, Dustin Hoffman, Edward Burns.
continua»
Titolo originale Confidence.
Thriller,
durata 97 min.
- USA 2003.
MYMONETRO
Confidence - La truffa perfetta
valutazione media:
2,62
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Film di truffa pittosto modaiolodi andyflash77Feedback: 14452 | altri commenti e recensioni di andyflash77 |
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domenica 29 luglio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Jake Vig è un abile truffatore che un giorno imbroglia, senza saperlo, il contabile di un boss mafioso. Per risarcirlo senza scatenare la sua ira, Jake e la sua banda organizzano una truffa clamorosa. Ma non tutto sembra andare per il verso giusto... La simpatia degli attori è una chimera, la struttura è rigida, i colpi di scena sono di serie, la verve è opaca. I dialoghi sono chiacchiere, che non avvolgono né, figuriamoci, incidono. E rimangono, appunto, chiacchiere. Foley, che pure ha fatto belle cose (_A distanza ravvicinata_, _The Corruptor_), continua a essere una promessa rimandata.I film di rapine e di truffe sono un piccolo genere a sé. Leggero, spensierato, spesso inamidato. Comunque divertente, per la partecipazione ironica di cast molto assortiti e sceneggiature frizzanti e congegnate al millesimo. Se poi c’è anche una regia attenta, meglio ancora. Andavano molto negli anni ‘60-‘70. Adesso sono tornati in voga, tra gli undici dell’oceano e job italiani in restyling. Ma se si vuole davvero vederne uno vitale e sorprendente, è bene recuperare lo strepitoso Nove regine, che purtroppo non si è filato nessuno. Confidence tenta di essere cool e spiritoso, veloce e sostenuto, ingarbugliato ma infine limpido: invano, perché è tutto d’accatto, a pilota automatico, di plastica. La banda di Burns (mediocre regista e mediocre attore, una specie di Ben Affleck un po’ meno quarto di bue), con tanto di agente federale alle calcagna (un Andy Garcia versione “uomo del Monte”), prepara un colpo ai danni dell’impero di Robert Forster (che quasi non si vede), per conto di un Hoffman isterico e insostenibile. Ma la simpatia degli attori è una chimera, la struttura è rigida, i colpi di scena sono di serie, la verve è opaca. I dialoghi sono chiacchiere, che non avvolgono né, figuriamoci, incidono. E rimangono, appunto, chiacchiere. Foley, che pure ha fatto belle cose (A distanza ravvicinata, The Corruptor), continua a essere una promessa rimandata.
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