claudio
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giovedì 2 agosto 2007
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una sublime ricerca introspettiva
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Nell'innegabile capolavoro di Luchino Visconti si coglie la spasmodica ricerca introspettiva dell'identità dell'essere umano, attraverso il percorso segnato dalla ricerca e, al tempo stesso, della manifestazione della bellezza, realizzata con pregnante sensibilità estetica che ben può condurre lo spettatore a riflessioni profonde sulla natura dell'essere umano, sulla necessità di interiorità, sulla possibilità di trarre la positività da ciò che può apparire il male.
Un omaggio alla ricerca dell'essere umano, in tutta la sua inquetudine, caratterizzata da momenti di intensissimo sentimento. Straordinaria espressione artistica, manifestazione della bellezza come strumento di ricerca introspettiva e comunicazione verso l'altro.
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paride86
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domenica 28 dicembre 2008
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drammaticamente maestoso
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Il film è magnifico nel suo insieme, vanta una cura ossessiva fin nei minimi particolari per la recitazione, le ambientazioni e la storia: infatti Visconti non si sbilancia neanche nell'ambiguo finale. La versione integrale può risultare un po' pesante, comunque il personaggio di Ludwig è molto interessante e la storia appassiona, complice la drammaticità e l'estetica decadenti che caratterizzano il regista nel suo ultimo periodo cinematografico. L'unico neo sta, secondo me, nel non aver analizzato il rapporto del re col suo popolo: Ludwig è stato un sovrano molto popolare e parecchio amato dai suoi sudditi; questa è una caratteristica importante, anche ai fini della storia (giustifica e motiva il complotto), ma è stata erroneamente trascurata.
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Il film è magnifico nel suo insieme, vanta una cura ossessiva fin nei minimi particolari per la recitazione, le ambientazioni e la storia: infatti Visconti non si sbilancia neanche nell'ambiguo finale. La versione integrale può risultare un po' pesante, comunque il personaggio di Ludwig è molto interessante e la storia appassiona, complice la drammaticità e l'estetica decadenti che caratterizzano il regista nel suo ultimo periodo cinematografico. L'unico neo sta, secondo me, nel non aver analizzato il rapporto del re col suo popolo: Ludwig è stato un sovrano molto popolare e parecchio amato dai suoi sudditi; questa è una caratteristica importante, anche ai fini della storia (giustifica e motiva il complotto), ma è stata erroneamente trascurata.
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mondolariano
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lunedì 4 aprile 2011
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il cuore della cultura europea
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Un quadro a tinte fosche, che scandaglia le tenebre dell’animo muovendosi a piccoli passi, cercando invano le tracce di un’inarrivabile certezza. Decadentismo ai massimi livelli, inquadrature immerse nel buio e scene lentissime che penetrano il cuore della cultura europea. Questo fu Ludwig: un sovrano considerato pazzo dai suoi contemporanei, eppure assunto - col senno di poi - ad elemento insostituibile della storia occidentale. Senza di lui, il Romanticismo resterebbe confinato nel mondo dell’arte e alcuni dei più grandi capolavori della musica non sarebbero mai stati scritti. Proprio qui, però, si trova l’errore congenito del film. Visconti preferisce dipingere un Ludwig chiuso nella propria sterile inutilità, mente invece salvò veramente Wagner dalla rovina.
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Un quadro a tinte fosche, che scandaglia le tenebre dell’animo muovendosi a piccoli passi, cercando invano le tracce di un’inarrivabile certezza. Decadentismo ai massimi livelli, inquadrature immerse nel buio e scene lentissime che penetrano il cuore della cultura europea. Questo fu Ludwig: un sovrano considerato pazzo dai suoi contemporanei, eppure assunto - col senno di poi - ad elemento insostituibile della storia occidentale. Senza di lui, il Romanticismo resterebbe confinato nel mondo dell’arte e alcuni dei più grandi capolavori della musica non sarebbero mai stati scritti. Proprio qui, però, si trova l’errore congenito del film. Visconti preferisce dipingere un Ludwig chiuso nella propria sterile inutilità, mente invece salvò veramente Wagner dalla rovina. Un altro errore sta nel non aver evidenziato il forte legame affettivo del Re col suo popolo, scegliendo sempre la strada del totale isolamento. Naturalmente tutto questo non minimizza il capolavoro; ciò che conta è la magistrale interpretazione di Visconti, calata nella stessa atmosfera di fondo in cui visse il giovane protagonista.
Wagner mostra esclusivamente il suo lato peggiore; lo interpreta l’inglese Trevor Howard doppiato dalla voce antipatica di Renzo Montagnani. Cosima è Silvana Mangano e anche lei non si salva dal più becero opportunismo. Nel mezzo si trova Sua Maestà, il Re di Helmut Berger, che gareggia in bellezza col suo incantevole personaggio (una volta tanto è l’attore che perde ai punti). Elisabetta d’Austria è Romy Schneider: una Sissi dura, severa e prosaica, lontana anni luce dalla sua precedente interpretazione. Padre Hoffmann è l’irriconoscibile Goldfinger di Gert Froebe.
Struggente la ricostruzione della grotta dei cigni e lo sfondo musicale wagneriano. Quattro stelle e mezzo.
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kronos
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martedì 26 marzo 2013
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la decadenza della mitteleuropa
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La vita cupa e stravagante dell'ultimo re di Baviera non poteva che esser terreno fertile per le riflessioni sulla fine del vecchio mondo che Visconti perseguiva da anni.
Il maestro italiano ne ha tratto il suo film più bello sotto il profilo scenografico, visivo e figurativo. Un'affermazione impegnativa tenendo presenti i risultati formali ottenuti in precedenza con pellicole maestose come "Senso", "Il gattopardo", "Morte a Venezia" ... pellicole che i recenti restauri digitali hanno riportato allo splendore originale.
Eppure, lo si creda o no, probabilmente "Ludwig" rappresenta il vertice formale della carriera di Visconti: un'opera d'impareggiabile forza visiva, arricchita da un cast perfettamente orchestrato (encomiabili in particolar modo Helmut Berger, Romy Schneider, Umberto Orsini).
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La vita cupa e stravagante dell'ultimo re di Baviera non poteva che esser terreno fertile per le riflessioni sulla fine del vecchio mondo che Visconti perseguiva da anni.
Il maestro italiano ne ha tratto il suo film più bello sotto il profilo scenografico, visivo e figurativo. Un'affermazione impegnativa tenendo presenti i risultati formali ottenuti in precedenza con pellicole maestose come "Senso", "Il gattopardo", "Morte a Venezia" ... pellicole che i recenti restauri digitali hanno riportato allo splendore originale.
Eppure, lo si creda o no, probabilmente "Ludwig" rappresenta il vertice formale della carriera di Visconti: un'opera d'impareggiabile forza visiva, arricchita da un cast perfettamente orchestrato (encomiabili in particolar modo Helmut Berger, Romy Schneider, Umberto Orsini).
Dove purtroppo il film convince meno, è in una sceneggiatura eccessivamente schiacciata sul lato biografico del personaggio: ne consegue una narrazione corretta ma troppo lineare, didattica. Per certi versi il risultato s'avvicina più a una miniserie televisiva che a un kolossal concepito per il grande schermo.
Certo, ce ne fossero di produzioni televisive di tal fatta!
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fireball
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venerdì 12 aprile 2019
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per vederlo davvero si passa per immani pregiudizi
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Il cinematografo non è una corrispondenza tra relazioni scientifiche, allora bisogna rassegnarsi a pensarne apparenze distinguendone da parvenze perché esso non tollera limitatezza di scientifici approcci. Le apparenze sono realisticamente il corrispettivo di illusioni ed inganni del reale. Nel neorealismo e nel realismo ciò lascia stupefatti per quanto possa somigliare l'ingenuità di spettatori di immagini d'arte ad ingenuità di osservatori di accadimenti di cronaca. Dagli schermi delle sale ai nuovi video del cinema fatto in casa questa Opera del regista Luchino Visconti reca nel passaggio emozioni sociali, anche solo in astratto, estremizzate fin quasi alla incredulità, nonché interrogativi istintivi su come possa coincidere in critici falliti e guardoni ostinati inettitudine di scelte e perdurante vitalità, nel senso che tanto hanno errato e continuano ad errare sulla trama del film da esser diventati sorta di esempi in astratto di disastrosa ed improbabile presenza nel mondo.
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Il cinematografo non è una corrispondenza tra relazioni scientifiche, allora bisogna rassegnarsi a pensarne apparenze distinguendone da parvenze perché esso non tollera limitatezza di scientifici approcci. Le apparenze sono realisticamente il corrispettivo di illusioni ed inganni del reale. Nel neorealismo e nel realismo ciò lascia stupefatti per quanto possa somigliare l'ingenuità di spettatori di immagini d'arte ad ingenuità di osservatori di accadimenti di cronaca. Dagli schermi delle sale ai nuovi video del cinema fatto in casa questa Opera del regista Luchino Visconti reca nel passaggio emozioni sociali, anche solo in astratto, estremizzate fin quasi alla incredulità, nonché interrogativi istintivi su come possa coincidere in critici falliti e guardoni ostinati inettitudine di scelte e perdurante vitalità, nel senso che tanto hanno errato e continuano ad errare sulla trama del film da esser diventati sorta di esempi in astratto di disastrosa ed improbabile presenza nel mondo. Si tratta anche, per poter non esser distratti da tale improbabilità, di pensare fino a che punto la precarietà possa per coincidenze fortuite essere ancor vita, precarietà di pensieri di masse socialmente differenziate che esistono profondendo energia mentale fuori dal corpo fino a non poter capire stesse modalità istintive sessuali o solo erotiche e proprio ed anche di stessa umanità. Superate le incomprensioni preventive si può ricercare trama dell'Opera... che resta cosa in certo senso del tutto ardua nonostante il corredo altrui di false descrizioni, falsi pareri, false intuizioni, possa dare idea vaga di significati semplici negati. Difatti la trama è comprensibile se la visione è unita a consentimento, emotivamente condizione per unire le intuizioni alle percezioni e trovare anche intellezioni. Infatti non compare tutto ed ancor meno si ode e neppure dalle combinazioni, tranne che queste trovino consentimento. Allora si può capire se si vede un Re morire o far morire il suo persecutore per abbandonare un Regno già abbandonato dalla scelleratezza dei più, tanto propensi a fare i tonti con una malasanità anche folle oltre che criminale. Per questo consentimento bisogna essere eticamente solidali con gli scopi di denuncia del Regista, altrimenti si vaneggiano giudizi innaturali che la impunità giudiziaria ha reso purtroppo oggetto di reazioni politiche estreme che nessuno proprio saprebbe da dove e quando. Infatti moltitudini impegnate a fraintendersi bocca e culo pur di disturbare una contemplazione non dovevano far introdurre questo film né dissuaderne interesse ma verificare se era il giusto caso di imparare a morire, anche se moltitudini, senza disturbare oltre gli umani destini di chi vuol vivere l'universale natura cioè vuol davvero vivere. In ciò non c'è scusa falsamente religiosa neppure "cattolica" che valga a qualcosa.
MAURO PASTORE
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fireball
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giovedì 11 aprile 2019
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del guerriero ombra e della spada assente...
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È una opera cinematografica iconologicamente non esoterica ed iconograficamente esoterica, che rappresenta la vicenda storica rimasta oscura di un regnante tedesco perseguitato e creduto morto e giudicato dopo averlo creduto morto ma senza più i tribunali dei processi e con solo quelli immaginarii della Eternità. Ciò si intuisce per tramite di consentimento ad etica e contenuto del messaggio visivo del Regista, Luchino Visconti.
Si racconta di un Re in possesso di arte marziale orientale che alfine decide per altra vita abbandonando ai propri errori i suoi più gravi persecutori che si uccidono al suo posto mentre Egli stesso ne assume onestamente il ruolo che essi rifiutavano fino a commettergli violenza gratuita ed assurdità inutile.
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È una opera cinematografica iconologicamente non esoterica ed iconograficamente esoterica, che rappresenta la vicenda storica rimasta oscura di un regnante tedesco perseguitato e creduto morto e giudicato dopo averlo creduto morto ma senza più i tribunali dei processi e con solo quelli immaginarii della Eternità. Ciò si intuisce per tramite di consentimento ad etica e contenuto del messaggio visivo del Regista, Luchino Visconti.
Si racconta di un Re in possesso di arte marziale orientale che alfine decide per altra vita abbandonando ai propri errori i suoi più gravi persecutori che si uccidono al suo posto mentre Egli stesso ne assume onestamente il ruolo che essi rifiutavano fino a commettergli violenza gratuita ed assurdità inutile. Ciò che appare all'osservatore non spettatore è una identità di tratti ma ciò che ha parvenza per lo spettatore è una uguaglianza di profili che solo le emozioni resesi affini per simpatia svelano. Coloro che vedendo le immagini scorrere son complici o al contrario ingannati da medesima violenza denunciata dall'Autore che è anche Regista del film, non ne sanno intender vera trama parendone ad essi l'inverso di quale oggettivamente non soggettivamente rappresentata dal procedere delle inquadrature.
Gli inganni e le illusioni reali sono nel cinema neorealista (e realista) in sorprendente analogia ed in certo senso estetico omologia ed allora tant'è: falsi o non veri critici e recensori e spettatori, sono stati e sono anche loro una grave luttuosa sorpresa o strana difficoltà sociale per chi volesse o voglia intendere questa Opera di L. Visconti; intesa possibile solamente fuor d'ogni irreligiosa o religiosa od areligiosa stasi di menti e corpi.
MAURO PASTORE
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