alfiosquillaci
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lunedì 9 agosto 2010
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brancati tra politica e gallismo
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Girato da Luigi Zampa, scritto da un Vitaliano Brancati (soggetto e sceneggiatura) che da lì a poco ci avrebbe lasciati per sempre.
Due sono state le costanti dell'arte di Brancati (che senz'altro è il padre di questo film): il sesso e la politica, ossia i due corni del suo personale inferno: la vita dei sensi e dell'istinto e quella delle idee e della ragione. Se la politica, come diceva Stendhal (che Brancati conosceva più che bene visto che all'opera narrativa "Armance" dello scrittore francese aveva rubato il soggetto del "Bell'Antonio), funziona in un romanzo "come un colpo di pistola in un concerto", qui Brancati ha l'ambizione di intessere TUTTA una storia sul filo della politica italiana dall'epoca giolittiana a quella del secondo dopoguerra: una carrellata di circa 40 anni interamente giocata sulle "scelte" politiche opportunistiche di Sasà Scimeni, il protagonista.
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Girato da Luigi Zampa, scritto da un Vitaliano Brancati (soggetto e sceneggiatura) che da lì a poco ci avrebbe lasciati per sempre.
Due sono state le costanti dell'arte di Brancati (che senz'altro è il padre di questo film): il sesso e la politica, ossia i due corni del suo personale inferno: la vita dei sensi e dell'istinto e quella delle idee e della ragione. Se la politica, come diceva Stendhal (che Brancati conosceva più che bene visto che all'opera narrativa "Armance" dello scrittore francese aveva rubato il soggetto del "Bell'Antonio), funziona in un romanzo "come un colpo di pistola in un concerto", qui Brancati ha l'ambizione di intessere TUTTA una storia sul filo della politica italiana dall'epoca giolittiana a quella del secondo dopoguerra: una carrellata di circa 40 anni interamente giocata sulle "scelte" politiche opportunistiche di Sasà Scimeni, il protagonista. Funziona tutto ciò? o i "colpi di pistola" della politica si sentono lungo tutto il "concerto" del film? La narrazione filmica, maneggiando idee, ha dovuto pertanto infoltirsi di parole e di dialoghi e di situazioni sceniche molto statiche, in cui l'azione risulta giocoforza mortificata. Soccorre a ravvivare il tutto l'esuberante e canagliesca recitazione di un Alberto Sordi, ancora romano e ancora "compagnuccio della parrocchietta" (l'Alberto Sordi mafioso e siciliano di Lattuada è ancora di là da venire), da stingere in macchietta il rovello interiore di Brancati, ma anche di alleggerirlo a beneficio degli spettatori di allora e tanto più di quelli di oggi, venuti quasi 60 anni dopo, quando di quei rovelli politici s'è persa ogni traccia.
Ma a ben vedere il bersaglio di Brancati è l'italiano trasformista e maneggione, "cinico" ossia senza princìpi (e averceli tutti i princìpi come Sasà che da quelli socialisti finisce a quelli democristiani transitando per quelli fascisti e comunisti, significa non averne nessuno), "realista" ossia che si adatta elesticamente a tutte le situazioni, assistito e guidato solo dalle opportunità e dalle convenienze che un'idea politica, fattasi potere pubblico, può arrecare al singolo, al suo "particulare". E ossessionato dalla stella polare del sesso, dell'universo femminile, in tutte le sue configurazioni sociali: dalla coniugata alla nubile ereditiera sovrappeso, dalla canzonettista alla "velina"-attricetta dell'epoca. 6o anni dopo siamo ancora lì: ciò vuol dire che Brancati-Zampa hanno colto nella sua configurazione metaforica e metastorica l'italiano di sempre, quello che, uscito dal travaglio dei secoli, dalla Controriforma quanto meno, è ancora in mezzo a noi e ci seduce e ci governa ancora. E' perciò "attuale" il film, ma soprattutto perché "immobile" il nostro mondo e la nostra società. Ci raggiunge nell'intimo perché siamo stati fermi. Quando Nanni Moretti dice che "ce lo siamo meritato Alberto Sordi" a "questo" Alberto Sordi pensa, che qui scolpisce con genialità una delle sue prime maschere del carattere nazionale italiano.
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elgatoloco
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lunedì 26 ottobre 2020
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grande sordi del dopo-.esordio
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Scritto da Vitaliano Brancati, notevolissimo scrittore, anche politicamente impegnato. questo film in bianco e nero di Luigi Zampa del 1954"L'arte di arrangiarsi"è completamente sospeso tra commedia e dramma:il personaggio Rosario Scimoni(forse qualche valenza fonetica travalica la mera denominazione, mostrando come spesso il significante vada oltre la mera convenzione.per rifarsi alla tradizione "cratilista"citata da Platone e Agostino d'Ippona), lestofante"arrangione"sappia destreggiarsi opppnrtunisticamente, cambiando bandiera politica facilmnete, sfruttando sia l'atavica contrapposizione politica bellica e post.bellica(Fascisti vs, antifascisti, comunisti vs.
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Scritto da Vitaliano Brancati, notevolissimo scrittore, anche politicamente impegnato. questo film in bianco e nero di Luigi Zampa del 1954"L'arte di arrangiarsi"è completamente sospeso tra commedia e dramma:il personaggio Rosario Scimoni(forse qualche valenza fonetica travalica la mera denominazione, mostrando come spesso il significante vada oltre la mera convenzione.per rifarsi alla tradizione "cratilista"citata da Platone e Agostino d'Ippona), lestofante"arrangione"sappia destreggiarsi opppnrtunisticamente, cambiando bandiera politica facilmnete, sfruttando sia l'atavica contrapposizione politica bellica e post.bellica(Fascisti vs, antifascisti, comunisti vs. democristiani), che si trovi a Catania o a Roma(ALbertone parlava sempre con forte accento romano, anche quando impersona il siculo), sia ogni possibile interstizio favorente l'arricchimento personale. Completamente privo di ogni ideale, il personaggio reso da un Sordi ormai"Mattatore".protagonista indiscusso, mostra il cinismo "necessario"per sopravvivere in un mondo nel quale i"pescecani"sarebbero quasi a malpartito, trovando sempre dei peronsaggi ancora più cinici e più"cattivi", Vale per Rosario e naturalmente per.Sordi che qui lo impersona, quasi seguendo l'"identificazione"la dichiaraziine anche cantata da Sordi nei panni di Gastone"a me m'hanno rovinato la guera e le donne"(dal film omonimo, che è quasi di quegli stessi anni). Grandisismo Sordi, già al massimo delle sue potenzialità interpretative, con la rappresentazione di una realtà sociale e politica gretta, tra l'orribile acquiescenza alla mafia (con tutto il"cortège"di machismo sempre esibito in termini vomitevoli)e la "mafia" politica , atavicamente legata al compromesso , delle consorterie romane. Tra gli altri interpreti, non saprei segnalare alcuno(a)che si avvicini anche solo lontanamente alla sua altezza. Prescindendo del tutto dalle simpatie polktiche personali del grande attore(dalle quali credo di essere lontano)bisognerà pur riconoscere, in una "resa bypartisan", che Sordi è sempre stato un corifeo della denuncia del malcostume compromissorio di chi , essendo privo di ogni idea e convenzione personale, va dietro a ciò che appare conveniente e"vincente"in un determinato"kairòs"... El Gato
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