Pane, amore e fantasia

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Un film di Luigi Comencini. Con Marisa Merlini, Vittorio De Sica, Gina Lollobrigida, Maria Pia Casilio.
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Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 92 min. - Italia 1953. - Nexo Digital uscita giovedì 18 luglio 2024. MYMONETRO Pane, amore e fantasia * * * * - valutazione media: 4,03 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Il Maresciallo, la Bersagliera e la combriccola! Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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martedì 19 giugno 2018

PANE, AMORE E FANTASIA (IT, 1953) diretto da LUIGI COMENCINI. Interpretato da VITTORIO DE SICA, GINA LOLLOBRIGIDA, MARISA MERLINI, VIRGILIO RIENTO, TINA PICA, MARIA PIA CASILIO, ROBERTO RISSO, MEMMO CAROTENUTO, VITTORIA CRISPO, GUGLIELMO BARNABò, GIGI REDER
Mandato da Sorrento al paesino montano abruzzese di Sagliena, il Maresciallo dei Carabinieri Antonio Carotenuto, galante uomo di mezz’età dal cuore d’oro, rimane colpito dal fascino dell’ammaliante Maria De Ritis, detta Pizzicarella la Bersagliera, la ragazza più bella e più povera del villaggio, a sua volta innamorata di Pietro Stelluti, un giovane carabiniere veneto troppo timido per dichiararle che la ricambia. Ma all’attempato graduato non è indifferente nemmeno Annarella, un’operosa levatrice che comincia a corteggiare, finendo per ravvedere in lei la donna più adeguata a lui per età e temperamento. Pochi film hanno segnato la storia del cinema e del costume italiano come Pane, amore e fantasia, che alla sua uscita nelle sale riscontrò un favore di pubblico tanto vasto da inaugurare una vera e propria serie. Con le sue graziose schermaglie, da commedia di tradizione, come la critica valutò subitaneamente, la pellicola diretta dal 37enne Comencini, di cui costituì il primo successo, varò su larga scala quel "neorealismo rosa" che avrebbe raggiunto una consacrazione ulteriore con altri titoli successivi, fra cui vale la pena di citare Poveri ma belli. Tratto da un soggetto di Ettore Maria Margadonna, autore fra gli altri dell’analogo e precedente Due soldi di speranza di Renato Castellani, la sceneggiatura del regista cerca il quadro, quasi idilliaco, d’una provincia dove gli strascichi immani e vergognosi della guerra poc’anzi conclusa vengono superati da un desiderio di ricominciare tutto italiano. Ai vari tipi messi in scena (il maresciallo suadente, la ragazza risoluta, il giovane impacciato e la donna sfuggente), corrispondono alcune affidabili facce della società del tempo in un riadattamento caricaturale, ma genialmente fedele al di là delle forzature di una scrittura che si è voluta formare sotto l’aspetto popolare e dialettale. Alla distribuzione, un recensione d’eccezione come Alberto Moravia sottolineò quanto il pregio maggiore dell’opera fosse «il superamento del dialetto stesso attraverso la moralità della storia e dei personaggi. Il dialetto, insomma, appare qui come un mezzo e non come il fine della rappresentazione». Il più alto incasso al box office della stagione 1953-54, il film conquistò l’Orso d’Argento al Festival di Berlino, lanciando Lollobrigida, sensuale ed energica protagonista, nell’empireo delle star sul piano internazionale e del divismo femminile nostrano. Ebbe anche il Nastro d’Argento. Altrettanto memorabile resta la prova di De Sica, rilanciato come caratterista, inarrivabile nel ruolo del seduttore avanti con l’età.       Le peripezie del maresciallo Carotenuto continuarono poi con Pane, amore e gelosia (1954), sempre di Comencini, Pane, amore e… (1955), di Dino Risi, e Pane, amore e Andalusia di Javier Setó, che lo diresse sotto la supervisione dello stesso De Sica. È, al tempo stesso, il trionfo dell’arcadia e della commedia dell’arte con le sue maschere, la versione spuria e furba del sopracitato film di Castellani. Scenografia, colonna sonora, montaggio e montaggio sonoro si fondono per impreziosire il quadro forestale-agreste nel quale il paesello si erge come un’entità apparentemente a sé stante, ma che in realtà comunica col mondo circostante in una simbiosi narrativa con un costante scambio fra natura e personaggi umani. I caratteristi rimanenti del cast rappresentano una pietra miliare che ben di rado il cinema italiano, anche a quei tempi, sarebbe stato capace di assemblare con una tale sagacia: Merlini fa l’ostetrica col senso del dovere e la fuggevolezza della donna che si dedica anima e corpo al suo mestiere trascurando il lato amoroso; Riento è una sorta di Don Camillo più pacato e meno manesco, ma ugualmente convinto della mancanza di rispettosità di alcuni dei parrocchiani, e sua nipote (una M. P. Casilio 17enne arguta e furbetta) gli funge da contrappunto con l’efficacia dell’acqua santa dentro alla brocca della chiesa; Pica è una domestica meno chiacchierona di quel che sembrerebbe ad un primo acchito, a tratti un po’ insolente ma sempre fedele al padrone e ai doveri che la buona creanza le impone; Carotenuto è bravissimo, aiutato pure dal suo sorriso sdentato, a fare il carabiniere aizzatore e temerario, mentre il giovane Risso se la cava egregiamente nei panni del tenentino divorato dalla timidezza, ma che poi agguanta il coraggio a quattro mani, si dichiara alla sua bella e chiama perfino sua madre dal Veneto per annunciarle il fidanzamento; e infine Reder, ben 22 anni prima di diventare celebre col personaggio di Filini nella saga di Fantozzi, luccica e saltella con inaspettata grazia nel fare la parte del marito pazzerello che gironzola come un ossesso per il paese con la consorte in procinto della fase puerperale. Una leggerezza d’altri tempi che oggi s’è persa nella volgarità intellettuale unita ad una soavità che soltanto allora sapeva come raccontare le storie di chi si risvegliava da un sonno imperituro, sconfortante e duro da accettare.

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