Giorgio Tinazzi
Nel 1953 Antonioni partecipa - con il capitolo Tentato suicidio - al film a episodi Amore in città, una specie di film-manifesto che voleva essere l’applicazione rigorosa della teoria del “pedinamento”, del fatto colto di sorpresa, su cui s’imperniava l’idea zavattiniana. In effetti l’episodio antonioniano radicalizza queste esigenze: interpreti sono gli stessi protagonisti dei tentati suicidi, ricostruiti nei luoghi e secondo le loro indicazioni; l’indagine diretta (le domande rivolte ai protagonisti, posti di fronte a un telone bianco) si prolunga senza soluzione di continuità nella riscoperta “guidata” di ambienti rivisitati; il gesto (una suggestione cara al regista) cerca delle motivazioni, il tempo ricostruito cerca di raggiungere quello reale: il massimo dell’adesione (di verità, si direbbe secondo una definizione che avrà fortuna in seguito) coincide con la ricostruzione. [...]
di Giorgio Tinazzi, articolo completo (2330 caratteri spazi inclusi) su pp. 69-70