Severe Clear

Film 2009 | Documentario 93 min.

Anno2009
GenereDocumentario
ProduzioneUSA
Durata93 minuti
Regia diKristian Fraga
TagDa vedere 2009
MYmonetro Valutazione: 4,50 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Regia di Kristian Fraga. Un film Da vedere 2009 Genere Documentario - USA, 2009, durata 93 minuti. Valutazione: 4,5 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Ultimo aggiornamento venerdì 12 marzo 2010

Il luogotenente dei marine Michael T. mandato in Iraq nel 2003 ha filmato tutto quello che poteva con una videocamera. Al ritorno un regista da quel repertorio ha fatto un film

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 4,50
CRITICA
PUBBLICO
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Tra immagini vere e racconto filmico la guerra trova il suo vero senso cinematografico.
Recensione di Gabriele Niola
giovedì 15 ottobre 2009
Recensione di Gabriele Niola
giovedì 15 ottobre 2009

Severe, clear come dire: "Grave, passo" quando durante un conflitto a fuoco si deve comunicare con quanta più chiarezza ed economia di parole è possibile una situazione attraverso la radio militare. E decisamente grave è quello che il luogotenente Michael T. vedrà nel corso della sua esperienza in Iraq. Inviato nella grande operazione di destituzione di Saddam Hussein vedrà e vivrà di tutto fino ad arrivare, in un finale quasi mistico, al palazzo del dittatore dalla cui terrazza si vedono i resti dell'antica Babilonia, città che lui credeva non esistesse davvero ma solo "nelle canzoni dei Led Zeppelin".
Il cinema non è più centrale nella dieta audiovisiva del nostro tempo, altre tipologie di immagini hanno indebolito la sua preponderanza: quelle della televisione, ma anche quelle di internet come quelle amatoriali girate da noi stessi o quelle dei video a circuito chiuso. Tutto un lungo repertorio di video, più che altro digitali, che comunicano con noi molto più spesso di quanto non faccia il cinema.
Severe, clear nel raccontare il vero viaggio all'Inferno di un luogotenente dei marine americani sembra avere ben chiaro questo concetto ed è tra i primi film a tentare di venire a patti con esso. Tutte le immagini che si vedono nel film sono state realmente girate da Michael T. con la sua videocamera digitale quando nel 2003 fu mandato assieme ad altri soldati a prendere Baghdad per conto del presidente Bush e le parole che sentiamo sono davvero estratti dal diario che teneva ogni giorno, letti da lui stesso. Il resto è la finzione di un racconto montato per durare meno di due ore, ovvero "la vita senza i momenti noiosi".
Kristian Fraga ha preso quelle immagini e con il consenso e la collaborazione dell'autore le ha rese un racconto filmico, le ha divise in capitoli, le ha selezionate, montate le une accanto alle altre e ci ha messo un sottofondo musicale. Pensando a Stanley Kubrick ha reso una lunga serie di video amatoriali un film documentario, un Redacted più vero del vero perchè oltre al realismo delle immagini c'è il realismo delle sensazioni che il linguaggio filmico riesce a provocare.
Michael T. è un militare e dice cose da militare, è fiero di essere un marine, è convinto di andare a combattere per una giusta causa e crede nel suo presidente. Ciò che gli accadrà lo cambierà e questo si percepisce nella distanza che c'è tra le sue parole all'inizio e alla fine del film ma se gli venisse chiesto tornerebbe subito a combattere. Severe, clear dunque dà uno sguardo sulla guerra da dentro e (per una volta) dalla parte dei soldati, per mostrare quello che credono scoprendo, con le parole di Michael T., che "tutti gli stereotipi sono veri" e come ci sta insegnando sempre di più il cinema degli ultimi anni di questi tempi non è l'arte ad imitare la vita ma viceversa.
Nessuno prima d'ora aveva mai girato qualcosa di così cinematografico con materiale così poco filmico, d'un colpo Fraga azzera la distanza tra amatorialità e professionalità dimostrando che non sono le immagini a fare la differenza ma come vengono mostrate, cioè il lavoro vero del regista.
Il film è per stomaci forti e non risparmia nulla al suo spettatore. Erano anni che non si vedeva un'opera di guerra capace di comunicare con tale forza il trauma che è (per sè e per gli altri) il conflitto armato. Almeno e non a caso da Full metal jacket.

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