Il prestanome

Film 1976 | Commedia +16 94 min.

Titolo originaleThe Front
Anno1976
GenereCommedia
ProduzioneUSA
Durata94 minuti
Regia diMartin Ritt
AttoriMichael Murphy, Woody Allen, Zero Mostel, Herschel Bernardi, Andrea Marcovicci Josef Sommer, Danny Aiello, Georgann Johnson.
TagDa vedere 1976
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +16
MYmonetro 3,70 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Martin Ritt. Un film Da vedere 1976 con Michael Murphy, Woody Allen, Zero Mostel, Herschel Bernardi, Andrea Marcovicci. Cast completo Titolo originale: The Front. Genere Commedia - USA, 1976, durata 94 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 - MYmonetro 3,70 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Uno squattrinato cassiere di un bar accetta di fare da prestanome a un amico sceneggiatore caduto in disgrazia e si trova coinvolto nelle vicende delle liste nere del maccartismo. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar,

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Consigliato assolutamente sì!
3,70/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 3,40
CONSIGLIATO SÌ
Woody Allen diretto da Martin Ritt in un capolavoro sul periodo maccartista.

Negli anni Cinquanta, il senatore americano McCarthy dichiarò guerra a chiunque professasse idee antiamericane: la crociata degenerò ben presto in una vera e propria caccia alle streghe. Molti scrittori che non potevano più lavorare perché sospettati di filocomunismo facevano firmare i loro lavori a persone "pulite" politicamente. Howard, il protagonista del film, diventa così ricco e famoso in breve tempo senza alcun merito, ma il contatto quotidiano con persone di grande cultura e livello morale scuote la sua coscienza. Finisce anch'egli sotto inchiesta, ma riesce a non farsi sopraffare dalla paura e dichiara apertamente le sue idee, pur sapendo che queste gli procureranno la prigione. Il personaggio di Howard è reso magistralmente da Woody Allen, una volta tanto diretto da un altro: Martin Ritt, regista che fu sulla lista nera di MacCarthy. Eccellente anche l'interpretazione di Zero Mostel, lui pure all'epoca coinvolto in quegli avvenimenti.

Giancarlo Zappoli

Howard Prince fa il cassiere in un bar. Un vecchio amico, Alfred Miller, lo va a cercare per chiedergli un favore. È stato inserito nelle liste nere di McCarthy e non può più esercitare il proprio lavoro di sceneggiatore affermato. Ha bisogno di un prestanome a cui versare una percentuale del dieci per cento sui diritti d'autore. Howard accetta e diviene rapidamente uno dei punti cardine della rete televisiva a cui presenta i copioni. Florence, segretaria di edizione, lo ammira e, in breve tempo, ne diventa la compagna. Uno degli attori di punta del network, Hecky Brown, entra intanto nel mirino della Commissione sulle attività antiamericane. Howard prosegue nella sua attività ampliando il suo giro di "rappresentanza'. Il suo successo lo fa diventare a sua volta oggetto delle attenzioni della Commissione e Brown viene invitato a spiarlo in cambio di un possibile reintegro nel circuito produttivo della televisione. L'attore cercherà di corrispondere alle aspettative dei suoi persecutori ma, alla fine, sceglierà il suicidio come soluzione ai suoi problemi. Howard, che aveva fino allora cercato ogni possibile compromesso fino al dissociarsi dalla scelta di Florence di licenziarsi dal network, sente ora l'esigenza di prendere posizione. Si presenta dinanzi alla Commissione nel ruolo di possibile collaboratore ed esce dall'udienza come un imputato che merita l'arresto per oltraggio.
Woody/il non politico con il cuore left wing. Boris/l'attentatore suo malgrado. Allen -Howard Prince/ il prestavoce. Può stupire che in uno dei momenti di massimo successo anche commerciale sul versante "comico', Woody Allen accetti di girare un film come Il prestanome. Ma la perplessità potrebbe aumentare verificando che, usando a sua volta un prestanome, si sia voluto coinvolgere anche sul piano produttivo. Charles H. Joffe è infatti presente come produttore insieme a Martin Ritt. Allen si mette a disposizione come attore per misurarsi su un registro che, al momento, pare non essergli congeniale: quello del protagonista di una commedia drammatica. Si accinge così a una sorta di training foriero di sviluppi per ruoli che sembrano di là da venire. Howard Prince non è un uomo per tutte le stagioni. È il rappresentante di tutti quelli che hanno in qualche misura subìto delle piccole vessazioni (si vedano i suoi rapporti con il fratello "arrivato') e che ritengono di dover costantemente venire a patti. Il suo non è un personaggio avido ed egoista. Ha solo trovato un'occasione di visibilità (peraltro rapidamente frustrata nella sequenza nel grande albergo dove spacciarsi come "dentisti" porta a risultati più apprezzabili). Ancora una volta il dato autobiografico si riflette, rovesciandosi, nel film. Agli inizi della sua carriera Woody ha fatto il "negro" (colui che scrive testi non firmandoli) per affermati entertainers. Howard Prince "sfrutta" dei "negri" (forzati a essere tali) nel momento in cui comprende che la sua ricompensa reale non è quella economica ma, soprattutto, quella d'immagine. In questo "scrittore" che va a comprare dei classici all'ingrosso entrando progressivamente nel ruolo dell'uomo di ingegno si può vedere un predecessore del Cheech di Pallottole su Broadway che si innamora sempre di più di un mestiere che non è il suo. Solo che, molto più brutalmente, Howard lavora per la televisione degli anni Cinquanta in cui anche il proprietario di una catena di negozi non particolarmente importante può dire la sua sui programmi e sugli interpreti. Se Hecky Brown rappresenta l'attore al tramonto (lato oscuro e tragico del mondo dell'entertainment che tornerà a mostrare le sue ombre, ma anche le sue luci, in Broadway Danny Rose) il rapporto tra essere e apparire si tematizza nel legame tra Howard e Florence. Prince non le svela la sua vera storia sinché non è costretto e il suo complesso intervento dinanzi alla Commissione può sembrare dettato dal bisogno di adeguarsi (con grande difficoltà) a quanto la donna si attende da lui. Siamo, ancora una volta, dinanzi a uno Zelig ante litteram? Sicuramente no. Perché, nella lunga sequenza finale, il momento risolutivo non è dato dall'esigenza dell'acquisizione di uno status "eroico'. Howard muta violentemente registro quando si mette in gioco (ancora una volta nel cinema in cui Allen assume un ruolo anche se non di autore) la morte. Prince non può "accusare" un defunto di cui si è limitato a "guardare" a distanza le esequie, non sapendo di essere a sua volta "visto" dall'occhio di un obiettivo fotografico. L'accompagnatrice/guida del Boris di Amore e guerra non può essere chiamata in questione impunemente. La replica conclusiva, la più "dura" che Allen abbia pronunciato in un film, si avvale di un insulto che travalica la volgarità banalizzante per divenire invettiva biblica attualizzata. Le parole sono pietre.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
mercoledì 2 maggio 2012
fedeleto

Nell'america degli anni 50,si visse un periodo estremamente difficile per alcuni registi come John Houston,Orson Welles,joseph Losey,e molti altri scritti nella lista nera,tra cui anche lo stesso Martin Ritt(la lunga estate calda,Paris Blues).Pertanto quest'ultimo ha deciso di girare un film su questa disarmante situazione,in cui l'America allontano' persone dello spettacolo dai [...] Vai alla recensione »

lunedì 29 aprile 2019
Steffa

il film è davvero geniale, riesce infatti ad ottenere una piacevole commedia da una storia che sarebbe potuta risultare invece una pesantissima tragedia, senza perdere però in significato. Il cliché registico, dinamico e scenografico delle ambientazioni anni '50 con le musiche e le orchestrine jazz in sottofondo e gli appartamenti di design influenzeranno sensibilmente [...] Vai alla recensione »

giovedì 3 aprile 2014
fabiosistemi

Una struttura registica pressoché perfetta, attori concentrati e in parte, e una storia che fa salire una grande indignazione: questo, per me, è Il Prestanome.

lunedì 25 ottobre 2010
Sinkro

Uno pensa di guardarsi un film con Woody Allen e pensa di farsi due risate. Quì è in veste inedita; sa anche fare l'attore drammatico. Un uomo fa il prestanome fingendosi un eroe e, suo malgrado, lo diventa (un po' il concetto di "Kagemusha" di Kurosawa per chi l'ha visto). Attori,regista e sceneggiatori tutti REALMENTE nella "Blacklist" americana degli anni '50, quella McCartysta.

Frasi
Non riconosco a questa commissione il diritto di farmi alcuna domanda al riguardo e nondimeno penso che possiate GENTILMENTE a prendervelo nel c**o.
Una frase di Howard Prince (Woody Allen)
dal film Il prestanome
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RECENSIONI DELLA CRITICA
Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore

Come Frantic di Roman Polanski, anche Labirinto mortale rende omaggio ad Alfred Hitchcock. Diversamente da Polanski, però, all’onesto professionista Peter Yates non riesce - anzi, neppure gli passa per la testa - di ripercorrere davvero la grande avventura del cinema hitchcockiano: parlare al nostro inconscio, capovolgere l’apparente superficialità della storia in una perturbante profondità, nei cui [...] Vai alla recensione »

Luigi Paini
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Giovane, bella, un lavoro importante nella prestigiosa redazione di "Life": tutto sembra andare per il meglio nella vita di Emily Crane (un’ottima Kelly McGillis). Siamo però nel 1951, e la donna è da tempo nel mirino dell’Fbi e della Commissione per le attività antiamericane a causa dell’adesione a una organizzazione politica pacifista. Il suo rifiuto di rivelare i nomi degli altri membri le viene [...] Vai alla recensione »

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