
Anno | 2024 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 153 minuti |
Regia di | Debora Scalzo |
Uscita | sabato 19 ottobre 2024 |
Distribuzione | Underground Studio |
MYmonetro | Valutazione: 1,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento domenica 20 ottobre 2024
Un potente tributo a una delle figure antimafia più importanti d'Italia. In Italia al Box Office Paolo vive ha incassato 3,4 mila euro .
ASSOLUTAMENTE NO
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Sono passati oltre trent'anni dalla strage di Via d'Amelio del 19 luglio del 1992 quando il giudice Paolo Borsellino è stato ucciso e dove hanno perso la vita anche cinque persone della sua scorta. L'eredità della sua figura e il resoconto dettagliato dei tragici momenti del giorno dell'attentato vengono ricordati da Luciano Traina (ispettore di polizia e fratello di Claudio, che faceva parte della sua scorta), Giovanni La Perna (Dirigente Sindacale SIULP Ragusa), Grazia Lizzio (figlia di Giovanni, poliziotto vittima di Cosa Nostra assassinato a Catania il 27 luglio 1992), Pierangela Giuffrida (imprenditrice e chef, titolare del ristorante Cascia a Catania), dalla figlia Fiammetta nel corso di un incontro con i ragazzi delle scuole milanesi presso il Teatro degli Arcimboldi, Roberta Gatani (nipote del giudice, responsabile e vice-presidente di "La casa di Paolo" nata nel 2015 su iniziativa di Salvatore Borsellino), Antonio Vullo (l'unico sopravvissuto della scorta) oltre che da Bruno Torrisi, che qui interpreta proprio il ruolo di Paolo Borsellino nella ricostruzione fiction.
"Paolo vive?". È questa a domanda ricorrente che fa agli intervistati la regista Debora Scalzo, scrittrice siciliana che già con il suo romanzo "Io resto così" aveva reso omaggio alle vittime in servizio della Polizia di Stato.
Il documentario ricorda l'importanza della ricerca di giustizia di Paolo Borsellino, ma anche delle persone della sua scorta che hanno perso la vita nel giorno dell'attentato, oltre tutte quelle figure che sono state ucciseper combattere la mafia. In più, guarda anche alle giovani generazioni per fare un modo che possano abbracciare i valori di integrità e coraggio. Le indubbie lodevoli intuizioni si scontrano però con un documentario che non ha il senso della misura e della sintesi, verboso nell'eccessiva durata (oltre due ore e mezza), con interviste lunghissime e girate spesso con piani fissi, quasi senza montaggio che gli avrebbe dato quel minimo di ritmo di cui un lavoro del genere avrebbe avuto bisogno.
Debora Scalzo gira Paolo Vive come un film ma in realtà ha una scrittura letteraria mai in sintonia con quella cinematografica, con pochissimo archivio composto prevalentemente da fotografie come, per esempio, quelle dell'agente Claudio Traina o il video al mare di Emanuela Loi del 7 luglio 1992, altra poliziotta della scorta uccisa il 19 luglio. Ma è soprattutto pressocché assente il repertorio sul giudice, che è lecito aspettarsi da un lavoro come questo. Rispetto a solidi documentari come In un altro paese di Marco Turco o l'ottima miniserie televisiva Paolo Borsellino di Gianluca Maria Tavarelli, Paolo Vive non riesce a dare una forza cinematografica alla memoria, oltre ad essere pieno di evidenti forzature come l'iniziale parte fiction dove il giudice, interpretato da Bruno Torrisi, gira come un fantasma e la sua voce-off nell'inquadratura iniziale dice: "Sono ancora qui. Non me ne sono mai andato veramente...". Ovviamente tutte le testimonianze di quel giorno fanno ancora sentire quanto è forte il dolore, nei racconti dettagliati e pieni di particolari come quello di Luciano Traina. Ma non sono mai alternati tra loro, spezzati per esempio con una foto, un filmato, una vecchia intervista del giudice. Si passa solo da un ricordo all'altro con le domande fuori-campo della regista. Poi ci sono i testi. La biografia di Giovanni Lizzio è ripresa pari pari da Wikipedia, segnale questo di una pigrizia creativa inaccettabile ed esempio di come ci si sarebbe aspettati una diversa attenzione contenutistica e formale.
«Chiudo questa bella intervista con un'ultima domanda: Bruno, ma Paolo vive?». «Sì, sì sì. È un altro Cristo secondo me». La parte più problematica è probabilmente quella finale (senza però dimenticare il momento della lettera della figlia di Giovanni La Perna che fa tanto C'è posta per te), con la finta intervista all'attore Bruno Torrisi chiamato a interpretare l'apparizione spettrale di Paolo Borsellino [...] Vai alla recensione »