Border Run

   
   
   

Sharon denuncia il traffico di clandestini Valutazione 2 stelle su cinque

di donni romani


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sabato 25 maggio 2013

Quando una star Hollywoodiana  -  nota più per dei film evento che per la sua finezza interpretativa - decide di produrre un film di profondo impegno sociale di solito c'è da tremare, se poi decide anche di interpretarlo il rischio di trovarsi davanti ad un pasticciaccio è legittimo e purtroppo non sfugge a questo clichè Sharon basic insinct Stone che si imbarca meritoriamente in un progetto di denuncia dolente e bruciante, ma nel realizzarlo mette insieme così tanti luoghi comuni, così tanti personaggi stereotipati e così tanti inutili colpi di scena da vanificare ogni buon proposito. Sophie Talbert è una giornalista televisiva che proprio mentre si sta occupando di immigrazione clandestina dal Messico per un servizio  scopre che il fratello, che lavora sul confine per aiutare chi rischia la vita per arrivare negli Stati Uniti, è scomparso. Decide quindi di andare ad indagare di persona e si trova a scendere tutti i gradini dell'inferno psicologico e fisico che affronta chi è costretto ad affidarsi ai coyote, i corrieri di esseri umani, per tentare di fuggire dalla povertà ed offrire a se stesso e ai propri figli un futuro. La realtà che Sharon si trova a fronteggiare, armata di improbabili ricci neri da medusa, occhi spalancati da troppo botulino e determinazione tipica del prototipo di giornalista proposto dal cinema statunitense, è davvero un girone dantesco, fatto di lunghi viaggi stipati nel doppiofondo di un camion, di stupri ed ispezioni fisiche degne dello schiavismo -  alle ragazze si controllano i denti ed i genitali - di traffico di droga coatto -  i clandestini vengono riempiti di ovuli di droga a loro insaputa dopo essere stati sedati - e di ogni altra nefandezza si possa immaginare, il tutto gestito da una improbabile virago che impugna due pistole alla volta, prende a calci le donne incinte e risulta talmente macchiettistica da perdere ogni credibilità. Naturalmente i buoni si rivelano cattivi e i cattivi hanno motivazioni nobili in fondo al cuore, naturalmente i due fratelli si ritrovano e naturalmente Sophie fa una scena madre al poliziotto di confine che ha sparato ad un messicano, degna di un film serio ma che grazie alla sua immobile fronte paralizzata dal botulino risulta risibile e quando al termine del film la si vede con i capelli raccolti da due fermagli adolescenziali prendersi cura di un'orfana messicana si capisce che l'operazione per quanto seria fosse nelle intenzioni dell'attrice americana le è sfuggita di mano per carenze nella sceneggiatura, nella regia e nell'interpretazione. Provaci ancora Sharon, magari rimanendo più aderente alle tematiche forti che si vogliono raccontare e perdendosi meno in spettacolarizzazioni che non giovano a nessuno, men che meno alla bellezza di un film.

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