Jungle Fever |
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Un film di Spike Lee.
Con Wesley Snipes, Anthony Quinn, Annabella Sciorra, John Turturro, Samuel L. Jackson.
continua»
Drammatico,
durata 120 min.
- USA 1991.
MYMONETRO
Jungle Fever
valutazione media:
3,00
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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un nuovo, intenso, spaccato socialedi jos_dFeedback: 1615 | altri commenti e recensioni di jos_d |
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lunedì 22 giugno 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ad oltre vent’anni dall’uscita di “Indovina chi viene a cena?” di Stanley Kramer, il tema delle coppie interrazziali torna sul grande schermo per mano di Spike Lee; se al primo va il grande merito dell’originalità, al secondo spetta sicuramente quello di avere reso la tematica (e tutta la situazione di contorno) molto più problematica di quanto non avesse fatto il suo predecessore. Giovane italo-americana viene assegnata come segretaria ad un architetto di colore, il quale si mostra inizialmente seccato di dovere lavorare fianco a fianco con una donna bianca; ben presto tuttavia gli umori dell’architetto nei confronti della propria segretaria cambiano decisamente, finchè un fatidico giorno, rimasti soli nell’ufficio non succede l’inevitabile….ma non meno inevitabili sono le conseguenze che ne derivano: venuti a sapere del fatto, il padre di lei la malmena e la caccia di casa per averne disonorato la reputazione, ed altrettanto (cinghiate a parte) fa la moglie di lui, profondamente tradita nei sentimenti, nonché nell’orgoglio di donna nera. Piano piano, dopo avere patito ed “espiato le proprie colpe”, i due potranno infine lasciarsi alle spalle l’accaduto e riprendersi, più o meno, la propria vita. Ancora una volta, e forse ancora più del solito, Spike Lee ci regala uno spaccato di vita quotidiana stracarico di spunti di riflessione, e non soltanto per quanto riguarda la classica questione dell’integrazione razziale nelle metropoli americane, ma anche per tutti gli altri temi collaterali alla vicenda: dal rapporto di coppia, alla tossicodipendenza (del fratello di lui, interpretato da un giovane Samuel Lee Jackson), all’atteggiamento bigotto di chi fa del cristianesimo la propria bandiera, ma non è mai disposto alla comprensione (il vecchio padre, interpretato dal solito Ossie Davis). Pesantuccio, ma di grande spessore.
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