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L'uscita di un film di Wes Anderson è sempre un appuntamento da non perdere. A partire dall'inizio del nuovo millennio lo stile inconfondibile del cineasta americano ha influenzato l'estetica nell'intera comunicazione visiva e nelle arti applicate in genere, non solo nel Cinema, la stessa Miuccia Prada ne rimase catturata coinvolgendolo nella realizzzione del Bar Luce presso la Fondazione Prada. Wes Anderson ha saputo interpretare in maniera impeccabile un processo già esistente legato alla cultura vintage che non si esprime solo in un'estetica sofisitcata, nostalgica che tanto lo ha reso famoso ma si porta dietro anche l'attenzione all'ecologia, al recupero, a sentimenti anticapitalisitci e socialisti. Questo messaggio è presente grosso modo in tutta la sua opera e nella "La trama fenicia" compresa, anzi in maniera molto profonda. In questo film si intrecciano in maniera articolata e non sempre lineare religione, simbolismo onirico, alta finanza speculativa, rapporti familiari complicati fino a un epilogo di redenzione in fondo laicamante cattolico, molto laico e piuttosto dissacrante nella forma ma in fondo molto cattolico nella sostanza. Non raggiunge a mio parere la vette di Grand Hotel Budapest, una pietra di paragone la voglio mettere, ma rimane un'opera da perdere e di livello nella filmografia di Wes Anderson. Cast al solito d'eccezione con camei imperdibili, interior design e cura nei props, molta ironia e qualche corda che si è mossa facendomi ricordare in alcuni frangenti il grande Jodorowky.
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