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Non è un film in bianco e nero, su questo non ci piove. È un film a colori, tanti, troppi, ma per quanto tanti non sufficienti per descrivere compiutamente l'universo bowiano. Un flusso di immagini continuo, vertiginoso ed eccessivo, di difficile fruibilità e che genera una grande fatica nello spettatore, annientato da bombardamenti sensoriali impietosi. Quasi un interminabile test di sopravvivenza che lascia stremati ed annichiliti. Nel frullatore il regista ci ha stipato di tutto, coadiuvato da un'equipe di montatori abilissimi assassini. Film faticoso ed estenuante nel suo estremismo massimalista, alla fine del quale non resta molto. Dell'uomo Bowie non traspaiono informazioni che già non fossero note e, a tratti, le esternazioni pseudo e parafilosofiche del Duca Bianco finiscono per essere irritanti.
Il modo migliore per vedere questo mega polpettone psichedelico è limitarsi a guardare le immagini abolendo i sottotitoli. Bowie è stato un immenso artista ed un'icona pop senza pari, soprattutto per la comunità LGBT, un simbolo per i movimenti di liberazione, ma al di là di questo non è mai stato né Hegel né Kierkegaard.
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recensioni di critica, pubblico e dizionari.
