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                Sam Taylor-Johnson è riuscito nella difficile impresa di rappresentare un'icona senza cadere nello stereotipo e nelle cadute di gusto, superando sé stesso, in passato alle prese con i biopic di John Lennon e di Ian Curtis. Straordinaria l'interpretazione di Marisa Abela nei panni di un'icona del genio e della sregolatezza. E' sempre difficile ritrarre i personaggi iconici e leggendari, le trappole sono in agguato ed i risultati possono essere imbarazzanti per il rischio di cadere nell'oleografismo e nella banalità del luogo comune (vedi il recente disastro del film One Love-Bob Marley ed i disastri meno recenti, fallimentari tentativi di dipingere Elton John e Freddie Mercury). Il regista sa tenere la mano leggera, non cede mai alla tentazione di raccontare soltanto il gossip triviale e da spazio all'umanità sofferente ed inquieta di Amy Winehouse. Un film che costituisce un'eccezione alla norma e che può essere apprezzato anche da chi è lontano dal mondo musicale.Se mi è concesso soltanto un piccolo appunto, penso che il rapporto col padre sia stato tenuto un pò troppo in secondo piano, laddove sappiamo che egli ha rappresentato una figura di grande rilievo, non solo affettivo, nel bene ma anche nel male. Ottima la scelta di privilegiare la descrizione del terreno culturale che ha ispirato la cantautrice, dalla nonna Cinthia ai grandi del jazz.
 
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