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“Siberia”,il nuovo ambizioso e radicale film di Abel Ferrara, mescola fiction e autobiografia, rinunciando ad una vera struttura narrativa. C’è molto della sfera privata ed intima del regista americano in quest’opera ricca di sequenze onirico-allucinate e di un’implacabile confronto con i propri demoni interiori, quelli che da sempre tormentano la psiche dell’autore e che caratterizzano tutta la sua filmografia. Il protagonista dell’opera, ancora una volta W. Dafoe, con il quale Ferrara ha ormai realizzato sei pellicole, è in cerca del suo vero Io. L’opera diventa così un allegorico viaggio negli abissi della psiche, una visionaria seduta di psicoterapia, un’auto-analisi aperta sulla memoria, su paure e desideri (ritorna la scrittura di Christ Zois, psichiatra e sceneggiatore della fase post-St. John di Ferrara). Un’opera nel complesso interessante e coinvolgente che, tra pregi e difetti, ha il suo maggior fascino nella sincerità e nella libertà con i quali si ricerca un linguaggio universale delle immagini capace di rigenerarsi all’infinito…
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