parpignol
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lunedì 8 giugno 2015
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sorprendente inversione di ruoli
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Questo film è uscito nelle sale nel 1968; un anno prima moriva il grande Totò, che aveva sempre sperato di poter interpretare un don Chisciotte, personaggio letterario al quale forse si sentiva molto affine. Non sapremo mai come sarebbe stato il Principe in questa parte, tragicomica eppure difficile da interpretare per il profondo romanticismo che la permea. Possiamo però giudicare, e molto positivamente, Ciccio Ingrassia in questo ruolo! Le trasposizioni cinematografiche del capolavoro di Cervantes sono pressoché nulle, e quindi possiamo andare ben orogliosi di questo apparentemente modesto lavoro del regista Grimaldi: la buona fedeltà alla storia, l'atmosfera d'epoca della sceneggiatura, il tono e i modi usati dai personaggi, sono decisamente più che soddisfacenti.
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Questo film è uscito nelle sale nel 1968; un anno prima moriva il grande Totò, che aveva sempre sperato di poter interpretare un don Chisciotte, personaggio letterario al quale forse si sentiva molto affine. Non sapremo mai come sarebbe stato il Principe in questa parte, tragicomica eppure difficile da interpretare per il profondo romanticismo che la permea. Possiamo però giudicare, e molto positivamente, Ciccio Ingrassia in questo ruolo! Le trasposizioni cinematografiche del capolavoro di Cervantes sono pressoché nulle, e quindi possiamo andare ben orogliosi di questo apparentemente modesto lavoro del regista Grimaldi: la buona fedeltà alla storia, l'atmosfera d'epoca della sceneggiatura, il tono e i modi usati dai personaggi, sono decisamente più che soddisfacenti. L'assenza, poi, di personaggi femminili di rilievo evita altresì la scadenza in qualunque tipo di pochade, cosa che purtroppo nei film di Franco e Ciccio è stata spesso inevitabile (non certo per colpa loro) specialmente negli anni '70, gli anni in cui al femminismo dilagante seguì, paradossalmente, la mercificazione più forsennata ed insistente del corpo femminile in quasi tutte le commedie italiane destinate al pubblico semplice. Per quanto riguarda questo Don Chisciotte, invece, è rispettata pienamente l'idealità della figura angelicata di Dulcinea, e l'allampanato Ciccio Ingrassia si dimostra essere un cavaliere errante perfetto, stralunato come è giusto che sia, ma anche tanto umano, nobile e nostalgico. Franco Franchi altrettanto, nel rispetto dell'ambientazione e del taglio moderato del film, non abusa della sua (pur eccellente, ma che in questo caso sarebbe stata impropria) mimica facciale e, per di più, in questa storia dimostra di poter perfettamente interpretare la figura del servo intelligente, astuto e affezionato: una volta tanto, Franco Franchi è Arlecchino, e non Pulcinella! Il duo comico Franco-Ciccio si è consolidato nello stereotipo di un Franco stolido e ingenuo e un Ciccio intelligente ma goffo: stavolta però si fugge lo standard e il risultato è bellissimo lo stesso. Oltre alla buona recitazione in sé, e ai motteggi e battute veramente garbate e divertenti, il film nasconde anche dei bei messaggi, che sono poi i messaggi del romanticismo decaduto di Cervantes: la nostalgia dell'eroismo, dei valori tradizionali, la fedeltà e l'amicizia, e la necessità per l'essere umano di poter sognare, fuggendo dalla grettezza del mondo, che spesso riserva solo amarezze e delusioni (come il caso di Sancio Panza accolto benevolmente dalla moglie solo se egli porta soldi a casa). Sono davvero felice di aver avuto occasione di vedere questo film, e mi sento di consigliarlo anche ai (purtroppo ancora tanti) che non amano, per partito preso o pregiudizio, la comicità semplice di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
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elgatoloco
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martedì 12 maggio 2015
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non male, come trasposizione
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Nel film di Grimaldi, direi, si nota in primis un vero(sincero) rispetto per questo classico assoluto classico della letteratura, amato da Dickens e da Marx(per dire di autori diversissimi, anche come impostazione culturale e ideologica), che è"El ingenioso hidalgo..."di Miguel de Cervantes, forse, assieme a qualche testo teatrale("La vida es sueno")di Calderon, classico assoluto del"siglo de oro", quell'"incrocio"di secolo tra 1400 e 1500. Rispettati i ruoli(per cui Ciccio Ingrassia è comunque un po'grottesco, ma veramente innamorato del suo ruolo di"caballero"e Franco Franchi gli fa da scudiere/scudiero , nella classica dialettica Magnifico-Zanni), ma Franco si contiene un po', limitandosi alla sua mimica facciale espressiva al 1000%1000 e ad alcune performances-"numeri", come per ex.
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Nel film di Grimaldi, direi, si nota in primis un vero(sincero) rispetto per questo classico assoluto classico della letteratura, amato da Dickens e da Marx(per dire di autori diversissimi, anche come impostazione culturale e ideologica), che è"El ingenioso hidalgo..."di Miguel de Cervantes, forse, assieme a qualche testo teatrale("La vida es sueno")di Calderon, classico assoluto del"siglo de oro", quell'"incrocio"di secolo tra 1400 e 1500. Rispettati i ruoli(per cui Ciccio Ingrassia è comunque un po'grottesco, ma veramente innamorato del suo ruolo di"caballero"e Franco Franchi gli fa da scudiere/scudiero , nella classica dialettica Magnifico-Zanni), ma Franco si contiene un po', limitandosi alla sua mimica facciale espressiva al 1000%1000 e ad alcune performances-"numeri", come per ex. i giri di corsa per raggiungere la preda-.cibo, i movimenti del bacino(quasi"rock", diremmo)quando rincula con il suo somaro, il gioco dei bicchieri rotti quando teme(Chisciotte impulsore)di essere avvelenato, dopo la nomina a governatore per burla. Ma qui il "play"è serio o quasi nel finale, molto diverso dal registro quasi tragico del"El ingenioso"cervantesiano: non Quijote/Chisciotte che si ravvede sul letto di morte, ma el caballero ancora in azione e Franco-Panza che, dopo aver sbugiardato chi voleva farne un fantoccio come governatore, non firma le leggi impopolari e poi abdica, non senza aver fatto arrestare i congiurati. Finale utopico-positivo, pieno di speranza, insomma, all'insegna del blochiano"principio speranza". El Gato
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