salvatore scalera
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giovedì 28 agosto 2008
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zishe il giusto, l'uomo più debole del mondo
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Il talmud babilonese afferma che il mondo esiste per merito di almeno trentasei “giusti”, in ogni generazione. Chi sono questi giusti e che cosa li caratterizza? La semplicità, la modestia estrema, il disinteresse per il guadagno, l’anonimato.
E' probabilmente uno di questi "giusti" il protagonista del film del 2001 di Herzog, Invincibile, come suggerisce il rabino di Berlino del film stesso. L'uomo più forte del mondo contro la follia dilagante del nazismo e il suo antisemitismo. Eppure la fragilità di Zishe traspare in ogni sorriso, in ogni gesto maldestro da uomo troppo grosso per abbracciare una donna. la sua solitudine è definitiva. la sua debolezza poeticamente appicicata ad ogni fibra dei suoi muscoli.
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Il talmud babilonese afferma che il mondo esiste per merito di almeno trentasei “giusti”, in ogni generazione. Chi sono questi giusti e che cosa li caratterizza? La semplicità, la modestia estrema, il disinteresse per il guadagno, l’anonimato.
E' probabilmente uno di questi "giusti" il protagonista del film del 2001 di Herzog, Invincibile, come suggerisce il rabino di Berlino del film stesso. L'uomo più forte del mondo contro la follia dilagante del nazismo e il suo antisemitismo. Eppure la fragilità di Zishe traspare in ogni sorriso, in ogni gesto maldestro da uomo troppo grosso per abbracciare una donna. la sua solitudine è definitiva. la sua debolezza poeticamente appicicata ad ogni fibra dei suoi muscoli.
il film di Herzog è questo e molte altre cose ancora.
assolutamente da vedere resistendo alla distribuzione assolutamente indecente a cui spesso il genio del grande regista tedesco è relegato
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angela cinicolo
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martedì 29 luglio 2008
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l’incredibile zishe, storia d’altri tempi?
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Ingannare ingenuamente il suo pubblico non è stato facile per Martin McDonagh: la cittadina belga del titolo è una delle più incantevoli e affabulanti d'Europa ed era quindi lecito, se non addirittura naturale, aspettarsi di vedere ambientato in un luogo tanto innocuo una piacevole commedia che rivisitasse i ricordi di una vacanza, magari di giovani teenager. Non è una commedia da tè e pasticcini del primo pomeriggio questa che ha scritto e diretto il notorio marpione dei teatri anglofoni.
Le vecchiette dovrebbero essere avvisate che perfino a Bruges si può essere spettatori di terribili crimini e orrendi misfatti. Certo veniamo immersi in uno spettacolo della natura, una terra che a poca distanza dalla sede del Parlamento europeo sembra essere stata baciata da un turismo apparentemente onesto e sostenibile, lontano dalle macchinazioni politiche di statisti multinazionali.
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Ingannare ingenuamente il suo pubblico non è stato facile per Martin McDonagh: la cittadina belga del titolo è una delle più incantevoli e affabulanti d'Europa ed era quindi lecito, se non addirittura naturale, aspettarsi di vedere ambientato in un luogo tanto innocuo una piacevole commedia che rivisitasse i ricordi di una vacanza, magari di giovani teenager. Non è una commedia da tè e pasticcini del primo pomeriggio questa che ha scritto e diretto il notorio marpione dei teatri anglofoni.
Le vecchiette dovrebbero essere avvisate che perfino a Bruges si può essere spettatori di terribili crimini e orrendi misfatti. Certo veniamo immersi in uno spettacolo della natura, una terra che a poca distanza dalla sede del Parlamento europeo sembra essere stata baciata da un turismo apparentemente onesto e sostenibile, lontano dalle macchinazioni politiche di statisti multinazionali.
Veniamo catturati da una quiete desueta che ci rilassa tra i canali e le piazzette del Belgio, ma non occorre essere delle volpi per intuire che qualcosa si nasconde dietro l'angolo di una torre alta più di 80 metri. Dopo il fallimento dell'ultima missione a Londra, i due killer di professione, Ken (l'eccellente Brendan Gleeson) e Ray (Colin Farrell), vengono costretti dal loro boss a trascorrere alcuni giorni in una città che se il primo freme di conoscere e visitare, l'altro disprezza e trova maledettamente noiosa. Ken è il grillo parlante che copre le spalle al più piccolo: ha più esperienza, più sensibilità, più maturità e anche più mestizia nello sguardo. Ray è il lucignolo che ha commesso un errore che non da tregua alla sua coscienza, è leggero, è ostinato, è irlandese, è un accumulatore di clichè. Le due simpatiche canaglie imparano a convivere nell'allegra ma non troppo provincia, quando qualcosa turba le loro vite: Harry (Ralph-Voldemort-Fiennes), il capo, ordina al saggio Ken di uccidere Ray perché ha violato le regole. La struttura narrativa diventa imprevedibile su un finale degno di Dovstoeskij o, per restare in terre cinematografiche, dell'ultimo (cupo) Woody Allen. Il gangster movie vira però immediatamente alla commedia irriverente alla Coen e la commistione di generi risulta ingorda e perfino debordante. Se da un lato i dialoghi sono esilaranti e decantano le doti dello sceneggiatore inventivo e intelligente che aveva vinto l'Oscar per il miglior corto live-action nel 2006 (con Six Shooter), dall'altro la suspense dell'azione viene continuamente stroncata sul nascere da questo vezzo di sdrammatizzazione. L'operazione di svestizione della iperviolenza, qui normalizzata da un rigoroso codice etico, con i freni dell'umorismo ammiccherebbe ai fan tarantinati, ma il suo nonsense sembra un escamotage che, anziché unire i plausi di spettatori differenti, li divide tra perplessità e disapprovazione che si fa fatica a reprimere, specie per la velina della love story romantica e lo sberleffo del nanetto che sembra uscito dal favoloso mondo di Amélie. Sorprendente la performance di Colin Farrell, l'unico che sembra equilibrare perversamente lo sviluppo di una storia drammatica quanto grottesca. Angela Cinicolo, da EuMagazine
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[+] hahahaha hai sbagliato film
(di aaa)
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[+] forse non sei così volpe..
(di vapor)
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