elgatoloco
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domenica 4 dicembre 2016
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lumet, sempre e comunque efficace
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"A stranger among us"è, come sempre, una prova magistrale di cinema da parte di Lumet, che dimostra, senza mai correre dietro a Hitchock, che è altra cosa e si colloca in una dimensione differente, di saper rispettare le regole del thriller(in questo caso thriller poliziesco, prettamente tale, diremmo)senza tradire in alcun modo la consegna, ma al tempo stesso documentando, in modo non banale, su una realtà diversa dal"solito", quella di una comunità chassidica iper-ortodossa, la Lubavitch, nel cui ambito, sempre tranquillo, è avvenuto un omicidio. Una detective estranea all'ambiente indaga e...Si diceva capacità di"documentare", senza cadere nella trappola del"documentario"o"para-documentario", del cinéma-vérité.
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"A stranger among us"è, come sempre, una prova magistrale di cinema da parte di Lumet, che dimostra, senza mai correre dietro a Hitchock, che è altra cosa e si colloca in una dimensione differente, di saper rispettare le regole del thriller(in questo caso thriller poliziesco, prettamente tale, diremmo)senza tradire in alcun modo la consegna, ma al tempo stesso documentando, in modo non banale, su una realtà diversa dal"solito", quella di una comunità chassidica iper-ortodossa, la Lubavitch, nel cui ambito, sempre tranquillo, è avvenuto un omicidio. Una detective estranea all'ambiente indaga e...Si diceva capacità di"documentare", senza cadere nella trappola del"documentario"o"para-documentario", del cinéma-vérité. ma anche forte capacità di"informare formando", ossia di far capire come la prima cosa sia in effetti il rispetto che si deve avere per un ambiente"stranger", diverso, estraneo, come accade alla bella Melanie GRiffith, quando si rende conto che non si può stare davanti al rebbe(rabbi, rabbino) a gambe scoperte, per esempio, quando si rende conto(altrettanto)che certi argomenti vanno affrontati in modo non"impellente", non irruente, che d'altronde anche la"comunità chiusa"(o meglio definita tale)talora deve "aprirsi al mondo", soprattutto quando si tratta di emergenze. Ecco che, appunto, Lumet non si limita a"informare"(come faceva, a modo suo e spesso"molto suo"un Gualtiero Jacopetti)ma ,da fine"psicologo"ci dà le coordinate per agire meglio, dunque"forma", qualunque cosa poi intendiamo-sottointendiamo con tale espressione...Interpreti di valore, dalla stessa Griffith a James Gandolfini, passando per Mia Sara, James Sheridan e gli altri/le altre interpreti... Da approfondire, questo film, anche per rilevare, al di là di apparenti consonanze, le differenze fondamentali con un film come"Witness"di Peter Weir(precedente, 1985, qui siamo a un film realizzato ormai nel 1992), dove è piuttosto la difficoltà della"detection"il punto di forza del film. Dovremmo anche accentuare la difficoltà di affrontare la tematica dell'ebraismo iper-ortodosso da parte del cinema(ma non solo, anche della storia, spesso, della letteratura, più spesso ancora, della cultura in genere); Sidney Lumet, di origini ebraiche, l'ha sempre fatto con grandissima intelligenza, tra l'altro non rinunciando a una certa dose (ben calibrata, però)di humor. El Gato
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elgatoloco
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lunedì 27 gennaio 2020
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film di grande interesse
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Uno degli ultimi film di Sidney Lumet, "A stranger among us"(1992), che forse non sarà il capolavoro del regista-autore(Ma l'opus magnum è sempre difficile da stabilire, pena la rottura della continuità nell'opera di un autore-.e un autore, filmico o letterario o altro è tale proprio in quanto la sua opera è caratterizzata da una cifra precisa, che ne "segna"l'autoralità.altri possono essere buoni mesttieranti e anche ottimi artigiani, ma sono appunto unaltra cosa...), troppo spesso sottovalutato dalla critica, segna il suo ritorno a un tema della sua origine e cultura, quella ebraica, grande ee importante, ma troppo spesso forclusa in un contesto"WASP".
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Uno degli ultimi film di Sidney Lumet, "A stranger among us"(1992), che forse non sarà il capolavoro del regista-autore(Ma l'opus magnum è sempre difficile da stabilire, pena la rottura della continuità nell'opera di un autore-.e un autore, filmico o letterario o altro è tale proprio in quanto la sua opera è caratterizzata da una cifra precisa, che ne "segna"l'autoralità.altri possono essere buoni mesttieranti e anche ottimi artigiani, ma sono appunto unaltra cosa...), troppo spesso sottovalutato dalla critica, segna il suo ritorno a un tema della sua origine e cultura, quella ebraica, grande ee importante, ma troppo spesso forclusa in un contesto"WASP".... L'indagine-detection per un caso di omicidio in una comunità ebraica (di Ebrei decisamente ortodossi, quasi a livelli di rarità)diviene l'occasione per un gioco psicologico che coinvolge il rapporto tra la detective WASP e l'ambiente della comunità, in piena Brooklyn peraltro, e quello d'amore mancato(?) tra la stessa detective e il figlio adottivo del rabbi, che invero lo è in misura decisamente più potente-le gaffes vistose di Melanie Griffth a gambe scoperte davanti al"patriarca", le incompresioni, credo che raramente un autore di cinema sia giunto a tali livelli di com prensione dell'equivovoco antropologico di fondo....Decusanebte un film da rivedere e direi ristudiare, con l'analisi., ove possibile, dettagliata di ogfni possibile passaggio del filkm, che è uno studio socio-antropoologico di rara bellezza, da parte di un"cultore della materia", anche perché direttamente a conoscenza dell'oggetto e del tema trattati. Gli interpreti, dalla citata Griffith a Mia Sara(colei che la introduce nell'abmiente) e Eric Thal (il giovane che si invaghisce della detective)a tuttti/e gli /le altri(e interpreti, compreso James Gandolfini quale gangster "fanno" un film decisamente importante, da caratterizzare come uno dei più significativi degli anni 1990 del cinema non oslo made in USA. El Gato
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