paola di giuseppe
|
venerdì 18 dicembre 2009
|
porte chiuse
|
|
|
|
Tommaso Scalia,colpevole di triplice omicidio premeditato,fu giustiziato nel 1938 a Palermo dopo il processo di appello che commutò in pena capitale l’ergastolo di prima istanza.
Il giudice a latere Di Francesco,quello del primo processo,nel frattempo era stato trasferito in una pretura di montagna.Non avrebbe più intralciato il corso della giustizia con assurdi cavilli contro la pena di morte,in combutta con giurati deboli,imbottiti di strane letture tipo Delitto e castigo.
Finisce così Porte aperte,con una breve didascalia su come poi siano finite le cose.
Ma il giudice Di Francesco lo sapeva che sarebbe andata così e l’aveva detto al giurato di campagna, proprietario di una straordinaria biblioteca (7000 libri!)ereditata dal marchese di Salemi di cui il padre era amministratore.
[+]
Tommaso Scalia,colpevole di triplice omicidio premeditato,fu giustiziato nel 1938 a Palermo dopo il processo di appello che commutò in pena capitale l’ergastolo di prima istanza.
Il giudice a latere Di Francesco,quello del primo processo,nel frattempo era stato trasferito in una pretura di montagna.Non avrebbe più intralciato il corso della giustizia con assurdi cavilli contro la pena di morte,in combutta con giurati deboli,imbottiti di strane letture tipo Delitto e castigo.
Finisce così Porte aperte,con una breve didascalia su come poi siano finite le cose.
Ma il giudice Di Francesco lo sapeva che sarebbe andata così e l’aveva detto al giurato di campagna, proprietario di una straordinaria biblioteca (7000 libri!)ereditata dal marchese di Salemi di cui il padre era amministratore.
“Gli archivi del Tribunale di Palermo scoppiano di faldoni, morti che hanno condannato morti, e nulla è mai cambiato”dice il giudice,stanco,all’uomo semplice,quello che ha usato le parole di Dostoevskij per opporsi alla pena capitale (“Quando non abbiamo le parole andiamo a cercarle”).
E quest’uomo semplice parla al giudice della vite che,anche se sradicata,lascia sempre qualcosa di sè nella terra, e un giorno,chissà,spunterà una nuova piantina.
Quel giorno,in camera di consiglio,il giurato aveva obiettato al Presidente del Tribunale,che dava ormai tutto per scontato “Signori, condannare a morte qualcuno in chiacchiere da bar è un discorso,mettere la mia firma di giudice è un altro.La discussione comincia ora”.
Amelio e Cerami,nel mettere in scena il libro di Sciascia,ne hanno mutuato il tono di severa meditazione sulla morte e sull’uomo che si erge a giudice e la contestualizzazione del fatto (anno XVI dell’era fascista) nulla toglie alla costante attualità del problema affrontato.
Il dialogo,scarno,essenziale,segue gli snodi della vicenda,nella prima parte segnata dai tre omicidi a sangue freddo di Scalia,nella seconda dal processo,che mette a nudo la lucida follia dell’imputato(un Fantastichini capace di metamorfosi strabilianti da impiegatuccio servile a spietato assassino,fino a galeotto pazzoide e catatonico)e la supina acquiescenza dei magistrati al perbenismo cinico di una società che proclama il sacrosanto diritto a vivere tranquilla e la necessità di togliere di mezzo gli elementi di disturbo alla quiete pubblica.
Unico,nel suo silenzio, il volto scavato e attento,il giudice Di Francesco,un Volontè magistrale nel calarsi nel personaggio e renderne palpabile la tensione civile e la stanchezza esistenziale,dà l’unica risposta possibile al collega che sollecita il suo parere “ La pena di morte non è affare della giustizia ma della politica”.
Poche parole,nessuna enfasi tribunizia nei suoi interventi nè crociate brandendo crocifissi.
La sua è la voce della retta ragione umana,e non può che proclamare la verità, umana,anch’essa,ma è quanto basta.
Alla sua si unisce quella di un uomo che è ancorato alla terra,ai suoi ritmi ancestrali e alle sue leggi eterne,non scritte,il giurato contadino che gli legge le pagine di Dostoevskij sull’uomo che aspetta il colpo della mannaia sul suo collo,mentre i colori caldi,forti,dorati della campagna siciliana,che il sole inonda fra eucalipti e basse eriche, arrivano improvvisi a rischiarare le ombre dense di interni da cui la luce sembra esclusa per sempre e penetra solo la sottile tessitura sonora di un flauto.
Le porte vanno chiuse,quando è necessario,se per proclamarle aperte bisogna a tutti i costi uccidere Caino
[-]
[+] molto bene
(di johngarfield)
[ - ] molto bene
|
|
[+] lascia un commento a paola di giuseppe »
[ - ] lascia un commento a paola di giuseppe »
|
|
d'accordo? |
|
luca scialò
|
sabato 6 agosto 2011
|
la forza di un romanzo contro l'ingiustizia
|
|
|
|
In una Palermo fascista di fine anni '30, il contabile Tommaso Scalia commette tre omicidi. Uccide il responsabile che lo ha licenziato, l'ex collega che ha preso il suo posto e la moglie. Il codice penale prevede la pena di morte, che lui stesso implora, ma un giudice, Vito Di Francesco non ci sta e contrario alla condanna estrema cerca di creare dei deterrenti per l'imputato. Trova molti ostacoli, tra il Presidente della giuria e gli stessi giurati, che in cuor loro, in fondo, non vorrebbero condannarlo. Tra loro, ad appoggiarlo con convinzione, c'è un contadino istruito, il quale, ispirandosi al romanzo Delitto e castigo, sprona il giudice a continuare nella sua ricerca della verità.
[+]
In una Palermo fascista di fine anni '30, il contabile Tommaso Scalia commette tre omicidi. Uccide il responsabile che lo ha licenziato, l'ex collega che ha preso il suo posto e la moglie. Il codice penale prevede la pena di morte, che lui stesso implora, ma un giudice, Vito Di Francesco non ci sta e contrario alla condanna estrema cerca di creare dei deterrenti per l'imputato. Trova molti ostacoli, tra il Presidente della giuria e gli stessi giurati, che in cuor loro, in fondo, non vorrebbero condannarlo. Tra loro, ad appoggiarlo con convinzione, c'è un contadino istruito, il quale, ispirandosi al romanzo Delitto e castigo, sprona il giudice a continuare nella sua ricerca della verità.
Stupenda trasposizione dell'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, sul periodo fascista che mostrava i denti attraverso codici penali e regole dure e severe. Che cercava di sbarazzarsi degli imputati mediante sentenze sommarie. Profonda l'interpretazione di un fisicamente provato Volonté e di un ancora giovane Ennio Fantastichini, che il grande pubblico imparerà a conoscere grazie alla serie tv La piovra 7. Il film ha ricevuto vari premi, tra cui il David di Donatello
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luca scialò »
[ - ] lascia un commento a luca scialò »
|
|
d'accordo? |
|
|