filippo catani
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giovedì 1 settembre 2011
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una commedia che fa riflettere
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Un assicuratore arriva in una cittadina del meridione nel 1937 dove, a sua insaputa, viene scambiato per un ispettore fascista. I quadri dirigenti entrano allora nel panico e cercano di nascondere furti e ruberie varie agli occhi del presunto ispettore.
Quello che si può giustamente definire uno splendido mix di commedia e dramma dove viene sonoramente sbeffeggiata e messa in ridicolo l'età del fascismo con i suoi slogan e i suoi valori. Prometteva cambiamento e invece le cose erano rimaste le stesse o addirittura peggiorate: gli altolocati se la spassavano con soldi e tangenti mentre la povera gente viveva di stenti e finiva per arruolarsi "volontariamente" per la Spagna per racimolare un po' di denaro.
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Un assicuratore arriva in una cittadina del meridione nel 1937 dove, a sua insaputa, viene scambiato per un ispettore fascista. I quadri dirigenti entrano allora nel panico e cercano di nascondere furti e ruberie varie agli occhi del presunto ispettore.
Quello che si può giustamente definire uno splendido mix di commedia e dramma dove viene sonoramente sbeffeggiata e messa in ridicolo l'età del fascismo con i suoi slogan e i suoi valori. Prometteva cambiamento e invece le cose erano rimaste le stesse o addirittura peggiorate: gli altolocati se la spassavano con soldi e tangenti mentre la povera gente viveva di stenti e finiva per arruolarsi "volontariamente" per la Spagna per racimolare un po' di denaro. Superba interpretazione di Manfredi che, nei panni dell'assicuratorepreso per ispettore fascista, mette a nudo con la sua ironia le ipocrisie del paese sconfessando così la sua fede in Mussolini. La lettera che gli consegna un povero uomo da consegnare a Mussolini riempie il cuore di dolore pensando alla semplicità delle persone che, pur nel pieno delle difficoltà, continuano a sperare nel Duce e nelle sue promesse di gloria e ricchezza.
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luigi chierico
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giovedì 9 luglio 2015
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tra il serio ed il faceto
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1962. La guerra, o meglio la dittatura fascista, è finita oramai da circa 20 anni, quindi si può scherzare ed ironizzare sul Ventennio storico. Il film che passa par una parodia dell’epoca dei balilla, dei lupetti, dei gerarchi, delle figlie della Lupa, dei manganelli e porzioni di olio di ricino, delle grandi sfilate è purtroppo una triste verità storica vissuta dagli italiani dell’epoca, che il bravissimo regista Luigi Zampa realizza e porta sullo schermo per denunciarla, tra il serio ed il faceto. Quel che sembra comicità è invece la satira del dramma di un popolo, sia di quello che lo ha condiviso con particolare entusiasmo, sia per quello che lo ha subito e patito. Quello che si vede sembra paradossale, frutto della fertile fantasia degli sceneggiatori Ettore Scola e Mino Maccari,invece c’è ben poco di immaginario, anzi probabilmente nella realtà c’è stato molto di più, spesso, infatti, la realtà supera l’immaginazione, così come ciò che frutto di fantasia svanisce al cospetto della realtà.
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1962. La guerra, o meglio la dittatura fascista, è finita oramai da circa 20 anni, quindi si può scherzare ed ironizzare sul Ventennio storico. Il film che passa par una parodia dell’epoca dei balilla, dei lupetti, dei gerarchi, delle figlie della Lupa, dei manganelli e porzioni di olio di ricino, delle grandi sfilate è purtroppo una triste verità storica vissuta dagli italiani dell’epoca, che il bravissimo regista Luigi Zampa realizza e porta sullo schermo per denunciarla, tra il serio ed il faceto. Quel che sembra comicità è invece la satira del dramma di un popolo, sia di quello che lo ha condiviso con particolare entusiasmo, sia per quello che lo ha subito e patito. Quello che si vede sembra paradossale, frutto della fertile fantasia degli sceneggiatori Ettore Scola e Mino Maccari,invece c’è ben poco di immaginario, anzi probabilmente nella realtà c’è stato molto di più, spesso, infatti, la realtà supera l’immaginazione, così come ciò che frutto di fantasia svanisce al cospetto della realtà. Questo bel film senza pretese lo ricorda pagina per pagina e guardando quella che fu la Storia che lo ha ispirato potremmo dire “Parturient montes,nascetur ridiculus mus” cioè “La montagna ha partorito un topo”. L’illusione del podestà Salvatore Acquamano, un fantastico Gino Cervi,prima di convertirsi al comunismo e diventare l’indimenticabile compagno Peppone nella serie di Don Camillo,è quella di fare carriera nel partito attraverso un gerarca venuto da Roma per controllare l’osservanza dei dettami venuti dall’alto. Sta di fatto che il Gerarca è soltanto un modesto assicuratore,il signor Omero Battiferri,ottimamente interpretato dal grande Nino Manfredi. Qualcun altro ha preso sul serio un imbianchino. Una serie continua di situazioni viene creata per far credere ad Omero che tutto è perfetto, con ricchezza di raccolto e bestiame,nel rispetto della legge e del progresso, obbedendo sempre e comunque allo scopo della realizzazione del sogno del Duce. Assistiamo ad equivoci d’ogni genere con ovvi risvolti caricaturali sino ad essere farsa e comica. Si ride, ma per chi sa c’è ben poco da ridere, è tristissimo apprendere certe verità in cui si era creduto con una fede e fiducia che hanno portato ad una folle guerra. La vicenda è ambientata in Puglia, si vedono i trulli di Alberobello ed il teatro Mercadante di Altamura, teatro a ricordo del locale musicista Saverio Mercadante. Nel far visitare le famose stalle pugliesi con suini, ovini,bovini, tacchini ecc. Omero le trova tutte con tanto bestiame a garantire la produzione per anni ed anni. Come un milione di baionette le bestie, opportunamente trasportate in tutta fretta,da stalla a stalla, svelano il trucco, Omero riconosce sempre una stessa mucca, il suo credo nel fascismo vacilla,potrebbe essere tutto truccato anche a Roma.Gli incontri con l’antifascista dott. De Vincenzo,il magnifico ed illustre attore teatrale Salvo Randone, gli fanno prendere coscienza della realtà. Ma anche gli esponenti del partito Salvatore Acquamano e Carmine Passante (il bravo e simpatico Gastone Moschin), beffati, si riprenderanno con l’arrivo del vero gerarca che starà al gioco delle parti! Fatti di ieri potremmo dire, ma non è proprio vero. “Mangia tu che mangio anch’io” lo dice Omero, ma il suo nome ci riporta alle opere del Poeta dell’antica Grecia sino ai giorni nostri, che ci fanno dire:”I tempi non cambiano neanche con mani pulite”.Ottimo per realismo e coraggio.chibar22@libero.it
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