parsifal
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lunedì 9 luglio 2018
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luci e ombre della borghesia
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Maselli , quattro anni dopo " I Delfini" torna a confrontarsi con Moravia ed i suoi scritti, uno dei più eminenti e controversi, il suo primo romanzo ,la cui stesura ebbe luogo quando l'autore aveva diciotto anni. E' utile ricordare che durante gli anni di lavorazione del film, ben dieci opere di Moravia vennero trasposte in chiave cinematografica. Vi sono indubbiamente delle similitudini stilistiche e di contenuto con il precedente lavoro del regista , incentrato su tematiche del tutto similari. Anche se salta all'occhio la differenza principale tra i due lavori, sin dalle prime battute; mentre il precedente era un'analisi della società borghese di provincia e dei suoi rampolli ed il loro modo di interagire con il tessuto connettivo della loro opulenta cittadina, qui si analizza sino allo spasimo un'unica famiglia con tutti i suoi componenti e le loro idiosincrasie.
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Maselli , quattro anni dopo " I Delfini" torna a confrontarsi con Moravia ed i suoi scritti, uno dei più eminenti e controversi, il suo primo romanzo ,la cui stesura ebbe luogo quando l'autore aveva diciotto anni. E' utile ricordare che durante gli anni di lavorazione del film, ben dieci opere di Moravia vennero trasposte in chiave cinematografica. Vi sono indubbiamente delle similitudini stilistiche e di contenuto con il precedente lavoro del regista , incentrato su tematiche del tutto similari. Anche se salta all'occhio la differenza principale tra i due lavori, sin dalle prime battute; mentre il precedente era un'analisi della società borghese di provincia e dei suoi rampolli ed il loro modo di interagire con il tessuto connettivo della loro opulenta cittadina, qui si analizza sino allo spasimo un'unica famiglia con tutti i suoi componenti e le loro idiosincrasie., tanto è vero che la maggior parte delle inquadrature sono in interni, per sottolineare il taglio intimistico ed a tratti claustrofobico della narrazione. Dunque la famiglia in questione è la famiglia borghese Ardengo, priva di Pater Familias e guidata da Maria Grazia ( P. Goddard) donna piena di sè , megalomane e priva di senso di realtà. La loro situazione economica è catastrofica a causa della sua prodigalità e della malafede del suo amante Leo Merumeci ( R. Steiger), amministratore infido , in procinto di intascare tutti gli averi della famiglia, dopo anni di ruberie alle loro spalle. Non pago della sua avidità materiale, dirige le sua attenzioni sulla figlia di Maria Grazia, Carla ( C. Cardinale) definendosi laidamente suo " Quasi Padre" e poi proponendole in segreto di diventare la sua amante. Michele ( T. Milian) ha capito da tempo il gioco del vecchio amministratore e non tarda a rinfacciargli i suoi torti e le sue pecche, ma non scalfirà certo la sua volontà di potenza e la sua arroganza. La situazione capitola e Michele tenta ,invano, di uccidere Merumeci, accettando poi le sue infami condizioni. Diverrà l'amante di Lisa ( S. Winters) amica della madre , in cerca di un vano e triste conforto all'amarezza che lo sovrasta. Tutto, nello svolgimento del film, è permeato di quella patina grigia di perbenismo che Moravia sapeva sapientemente descrivere per analizzare destrutturare le dinamiche intrinseche della società borghese per la quale provava una congenita avversione. Trasposizione ben realizzata con ottimi attori e fotografia convincente.
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sabato 7 luglio 2018
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esegesi della famiglia borghese
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Maselli , quattro anni dopo " I Delfini" torna a confrontarsi con Moravia ed i suoi scritti, uno dei più eminenti e controversi, il suo primo romanzo ,la cui stesura ebbe luogo quando l'autore aveva diciotto anni. E' utile ricordare che durante gli anni di lavorazione del fim, ben dieci opere di Moravia vennero trasposte in chiave cinematografica. Vi sono indubbiamente delle similtudini stilstiche e di contenuto con il precedente lavoro del regista , incentrato su tematiche del tutto similari. Anche se salta all'occhio la differenza principale tra i due lavori, sin dalle prime battute; mentre il precedente era un'analisi della società borghese di provincia e dei suoi rampolli ed il loro modo di interagire con il tessuto connettivo della loro opulenta cittadina, qui si analizza sino allo spasimo un'unica famiglia con tutti i suoi componenti e le loro idiosincrasie.
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Maselli , quattro anni dopo " I Delfini" torna a confrontarsi con Moravia ed i suoi scritti, uno dei più eminenti e controversi, il suo primo romanzo ,la cui stesura ebbe luogo quando l'autore aveva diciotto anni. E' utile ricordare che durante gli anni di lavorazione del fim, ben dieci opere di Moravia vennero trasposte in chiave cinematografica. Vi sono indubbiamente delle similtudini stilstiche e di contenuto con il precedente lavoro del regista , incentrato su tematiche del tutto similari. Anche se salta all'occhio la differenza principale tra i due lavori, sin dalle prime battute; mentre il precedente era un'analisi della società borghese di provincia e dei suoi rampolli ed il loro modo di interagire con il tessuto connettivo della loro opulenta cittadina, qui si analizza sino allo spasimo un'unica famiglia con tutti i suoi componenti e le loro idiosincrasie., tanto è vero che la maggior parte delle inquadrature sono in interni, per sottolineare il taglio intimistico ed a tratti claustrofobico della narrazione. Dunque la famiglia in questione è la famiglia borghese Ardengo, priva di Pater Familias e guidata da Maria Grazia ( P.Goddard) donna piena di sè , megalomane e priva di senso di realtà. La loro situazione economica è catastrofica a causa della sua prodigalità e della malafede del suo amante Leo Merumeci ( R.Steiger), amministratore infido , in procinto di intascare tutti gli averi della famiglia, dopo anni di ruberie alle loro spalle. Non pago della sua avidità materiale, dirige le sua attenzioni sulla figlia di Maria Grazia, Carla ( C.Cardinale) definendosi laidamente suo " Quasi Padre" e poi proponendole in segreto di diventare la sua amante. Michele ( T.Milian) ha capito da tempo il gioco del vecchio amministratore e non tarda a rinfacciargli i suoi torti e le sue pecche, ma non scalfirà certo la sua volontà di potenza e la sua arroganza. La situazione capitola e Michele tenta ,invano, di uccidere Merumeci, accenttando poi le sue infami condizioni. Diverrà l'amante di Lisa ( S.Winters) amica della madre , in cerca di un vano e triste conforto all'amarezza che lo sovrasta. Tutto, nello svolgimento del film, è permeato di quella patina grigia di perbenismo che Moravia sapeva sapientemente descrivere per analizzare destrutturare le dinamiche intrinseche della società borghese per la quale provava una congenita avversione. Trasposizione ben realizzata con ottimi attori e fotografia convincente.
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matilde perriera
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martedì 23 agosto 2011
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gocce di rugiada, di matilde perriera
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GOCCE DI RUGIADA, di Matilde Perriera. 1964. Francesco Maselli, rivolgendosi a chi aveva ritenuto la tematica scabrosa e inadeguata alle giovani menti degli adolescenti, propone la rilettura de Gli Indifferenti (1929). In 115 minuti, fa risorgere dalle ceneri Alberto Moravia, lo riscatta, ne fa un modello per quanti riescono a penetrare nella tessitura capillare delle microstorie rappresentate. Un cast internazionale di ragguardevole livello che, con linguaggio asciutto ed essenziale, marchia personaggi sclerotizzati in una forma, condanna il prostituirsi dell’intelligenza, si erge contro ipo¬crisia, meschinità, menzogna, relativismo gnoseologico, lanterninosofia, solipsismo. Tutta l’azione si svolge quasi sempre in luoghi chiusi, in un gioco di luci e ombre che aiuta il lettore a ricostruire la condizione ambigua in cui gli attanti sono immersi.
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GOCCE DI RUGIADA, di Matilde Perriera. 1964. Francesco Maselli, rivolgendosi a chi aveva ritenuto la tematica scabrosa e inadeguata alle giovani menti degli adolescenti, propone la rilettura de Gli Indifferenti (1929). In 115 minuti, fa risorgere dalle ceneri Alberto Moravia, lo riscatta, ne fa un modello per quanti riescono a penetrare nella tessitura capillare delle microstorie rappresentate. Un cast internazionale di ragguardevole livello che, con linguaggio asciutto ed essenziale, marchia personaggi sclerotizzati in una forma, condanna il prostituirsi dell’intelligenza, si erge contro ipo¬crisia, meschinità, menzogna, relativismo gnoseologico, lanterninosofia, solipsismo. Tutta l’azione si svolge quasi sempre in luoghi chiusi, in un gioco di luci e ombre che aiuta il lettore a ricostruire la condizione ambigua in cui gli attanti sono immersi. Paulette Goddard, alla sua ultima apparizione filmografica, convive, o quasi, con Leo Merumeci; per ironica antonomasia, è definita la madre, forse perché è la negazione di quello che dovrebbe essere il suo ruolo. L’uomo, ricco, sicuro di sé, cinico e amorale, stanco di Mariagrazia, ha messo gli occhi sulla figlia dell’amante, Claudia Cardinale, che, nelle vesti dell’instabile e inquieta Carla, ne accetta le profferte. Shelley Winters, Lisa, è invaghita di Michele, studente universitario che, con lucidità mentale, riconosce la sua impotenza ed è annientato proprio da questa sua chiaroveggenza. Il giovane vorrebbe provare sdegno, odio, disprezzo, ira … smascherare le manovre del brillante Rodney Steiger che, attraverso un disonesto gioco di ipoteche, sta per impadronirsi della villa degli Ardengo, ma non riesce a procedere; la pistola, con cui dovrebbe ucciderlo, è scarica, un atto mancato freudianamente significativo, indice del suo stato d’animo contraddittorio. Certo, il romanzo è di ben altro spessore. Il film pecca per l’imprecisa ricostruzione storica e l’eccessivo spazio riservato alle scene erotiche che non lasciano spazio ad alcuna epifania nell’inferno borghese. L’imperativo di Moravia, invece, è quello di scolpire in ipotiposi il mondo borghese chiuso e soffocante, di far salire alla ribalta uomini accecati, privi di fede e di certezze, senza illusioni e senza speranze; il sesso, nel romanzo, è sfaccettatura del tutto marginale, semplice mezzo conoscitivo della personalità umana. Nei sedici capitoli serrati, infatti, si dimostra la necessità di reagire al senso di inadeguatezza ante litteram di fronte al crollo di tutti gli antichi valori, di danzare insieme nella pioggia e di abbattere i muri di acciaio tra i propri simili; lo stesso Tomas Milian, l’antieroe, il galleggiante alla deriva, il relitto senza scopo, sempre sdoppiato tra quello che pensa e quello che dice, è un vincitore tra tanti vinti immersi in questo demistificante mondo in sfacelo e, pur nella sua staticità, prova compassione verso chi aderisce alla realtà e verso un sè stesso non molto differente, se non nelle intenzioni. Il MICHELE/MORAVIA autodiegetico, insomma, ipotizzando strade diverse da esplorare, ha mostrato il coraggio di uscire dall’opprimente ristagno in cui si arenavano gli ideali della sua età e, con la soddisfazione di essersi impegnato senza risparmiarsi in nulla, può dire che ha imparato a conoscere il mare meditando su poche gocce di rugiada.
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figliounico
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giovedì 27 ottobre 2022
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cast straordinario
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Maselli traspone un romanzo del ’29, il primo di Moravia, precursore, agli esordi, dell’esistenzialismo camusiano del secondo dopoguerra, sulla crisi morale della gioventù borghese agli inizi del novecento, tema ancora attuale nel ’64, anno in cui fu girato il film, con grandi interpreti, dalla Goddard, diva hollywoodiana degli anni ’30, a Rod Steiger, Shelley Winters, Claudia Cardinale ed un irriconoscibile Tomas Milian. Primissimi piani incorniciano i volti dei protagonisti in un dramma da camera che potrebbe essere rappresentato in una piece teatrale. L’atmosfera è cupa, prevalgono nei chiaroscuri le tenebre di una vecchia villa decadente, simbolo della caduta materiale e spirituale di una famiglia dell’alta borghesia ottocentesca travolta dall’affarismo dell’imprenditoria malavitosa dell’età giolittiana.
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Maselli traspone un romanzo del ’29, il primo di Moravia, precursore, agli esordi, dell’esistenzialismo camusiano del secondo dopoguerra, sulla crisi morale della gioventù borghese agli inizi del novecento, tema ancora attuale nel ’64, anno in cui fu girato il film, con grandi interpreti, dalla Goddard, diva hollywoodiana degli anni ’30, a Rod Steiger, Shelley Winters, Claudia Cardinale ed un irriconoscibile Tomas Milian. Primissimi piani incorniciano i volti dei protagonisti in un dramma da camera che potrebbe essere rappresentato in una piece teatrale. L’atmosfera è cupa, prevalgono nei chiaroscuri le tenebre di una vecchia villa decadente, simbolo della caduta materiale e spirituale di una famiglia dell’alta borghesia ottocentesca travolta dall’affarismo dell’imprenditoria malavitosa dell’età giolittiana. Memorabile la scena finale in cui la Cardinale trucca il volto della madre rispecchiandosi nell’assenza totale di valori della vecchia generazione, condividendone il destino ad una vita vuota e superficiale, senza tuttavia le illusioni, ora chiamate menzogne, che ancora brillano nei grandi occhi folli e ridenti della Goddard, magnifica.
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