Zwanì di Piccioni va molto aldilà degli stereotipi imparati a scuola sul poeta. Ci restituisce un Pascoli vero,puro, umano, attento alle piccole cose, alla natura umile e familiare. Eleva a dignità poetica gli aspetti più semplici e genuini dell'esistenza. Canta le esperienze familiari, la campagna, gli affetti più intimi e le piccole realtà della vita quotidiana. Zwanì era in profondo dialogo con la natura. La modesta famiglia Pascoli di San Mauro di Romagna subisce nel giro di 10 anni una sciagura dopo l'altra. Nel 1867 il padre di Giovannino viene assassinato da parte di loschi figuri, ignoti eppure notissimi. L'omicidio rimane impunito.
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Zwanì di Piccioni va molto aldilà degli stereotipi imparati a scuola sul poeta. Ci restituisce un Pascoli vero,puro, umano, attento alle piccole cose, alla natura umile e familiare. Eleva a dignità poetica gli aspetti più semplici e genuini dell'esistenza. Canta le esperienze familiari, la campagna, gli affetti più intimi e le piccole realtà della vita quotidiana. Zwanì era in profondo dialogo con la natura. La modesta famiglia Pascoli di San Mauro di Romagna subisce nel giro di 10 anni una sciagura dopo l'altra. Nel 1867 il padre di Giovannino viene assassinato da parte di loschi figuri, ignoti eppure notissimi. L'omicidio rimane impunito. Iniziano le difficoltà economiche per la famiglia. La vedova resta con 7 figli ancora bambini. Un anno dopo muoiono la sorella maggiore e la madre. Giovannino continua gli studi in un collegio di Urbino.Finiti gli studi liceali Giovannino si iscrive , nel 1873, alla facoltà di lettere dell'Università di Bologna. dopo aver vinto una borsa di studio bandita dal comune di Bologna. Lo esamina Giosuè Carducci. Nel 1876 ancora lutti familiari: muore il fratello Giacomo <<il piccolo padre>> che lascia la moglie e due figli. A queste tristi esperienze , che provocano nel suo animo un senso di rivolta, è in parte dovuto l'accostamento alle idee anarchico-socialiste dell'intellettuale imolese Andrea Costa: diventa militante, partecipa all'attività politica, trascura gli studi. Arrestato, nel 1879, per aver partecipato a una dimostrazione anarchica, trascorre 3 mesi in carcere. Al processo Carducci è tra i testimoni a suo favore, viene dichiarato innocente. Ma l'esperienza del carcere ha inciso profondamente sulla sua formazione e lo ha orientato verso una dolorosa eassegnazione. Zwanì si laurea nel 1882 e inizia la carriera di docente di latino e greco nei licei della penisola, E' comandato a Matera, liceo Egidio Duni. Nel 1891 pubblica la raccolta di poesie Myricae. Inizia la sua attività di poeta in latino nella quale presto si segnalerà in campo internazionale. A Messina nel 1897 ottiene la cattedra di letteratura latina. Pubblica i Primi Poemetti. Passa all'Università di Pisa (1903). Pubblica i Canti di Castelvecchio. Continuano i suoi successi di poeta latino. Nel 1907 succede al Carducci all'Università di Bologna. Continua la produzione poetica. Muore a Bologna nel 1912. L'amata sorella Mariù esegue con cura l'ultima volontà del fratello: essere sepolto nel cimitero di Castelvecchio di Barga, nel lucchese il suo amato paesino di residenza, senza retorica religiosa. Il bravo regista Piccioni, dalla bara del poeta su un treno, ci fa ripercorrere "à rebours" l'esistenza, il dolore e i versi di Zwanì. Sul treno si trovano parenti, studenti e autorità. Attraverso il ricordo di Mariù gli spettatori ripercorrono la vita del poeta a partire dall'uccisione del padre: <<Zwanì non si è mai ripreso... il solo ricordo gli mangiava il cuore>>. Piccioni indaga nelle pieghe dell'animo umano. Mescola ricordi di famiglia , affetti e traumi. Le sequenze di vita scorrono come fotografie di tempi passati. La solitudine, la malattia, il vino, l'Emilia Romagna e infine la casa di Barga in Toscana. La fotografia del film, la tecnica e lo stile con cui è stata creata l'immagine visiva, l'uso dei colori hanno creato l'atmosfera giusta con cui comunicare la storia e le emozioni. La stupenda campagna emiliano-romagnola e toscana venivano mostrate, esaltate nella loro naturale bellezza. Il realismo evocativo del regista e dello sceneggiatore Sandro Petrglia hanno reso Pascoli contemporaneamente malinconico, solo, triste e capace di guizzi d'umorismo e slanci di umanità. Ci hanno fatto notare l'eccezionalità, il non essere integrato a nessun sistema , a differenza del maestro Carducci e del ridondante estimatore, lo spaccone e arrivista D'Annunzio: <<...Sei il Poeta... dopo Petrarca vieni tu!>> E Zwanì: << Io sono un contadino più che un letterato>>. Questa affermazione denota il poeta profondo estimatore della campagna emiliano-romagnola e toscana, lo scenario su cui proiettare inquietudini, smarrimenti, un senso del vivere fatto di ansiose perplessità. E allora quei dati realistici - i paesaggi, l'aratro dimenticato in mezzo al campo, il secco ramo del biancospino - si caricano di significato e di simboli. E' un Pascoli ecologista. Nell'umbratile esperienza di vita del poeta, sempre più chiusa e arroccata è possibile ravvisare sempre più chiaramente, l'esistenza di certi temi - il dolore, il mistero, gli marrimenti - che diventano ora manierata amplificazione, ora atteggiamento vittimistico, ora assai discutibile pargoleggiare. Piccioni ci offre l'essere umano Zwanì nella sua essenza liberata dall'immagine di lui che gli altri si sono formata senza conoscerlo veramente in profondità. Zwanì è un gioiellino di emozioni, poesia e umanesimo, ci ha restituito un Giovanni Pascoli da voler bene. VITTORIO STANO
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