eugenio
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mercoledì 11 dicembre 2024
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una storia di riscatto e umanità
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Il treno dei bambini fortemente voluti nei primi anni successivi la fine della Seconda guerra mondiale, dal partito comunista per agevolare l’accoglienza di migliaia di bambini poveri nel cuore di Napoli verso quelle contadine emiliane, fu opera prima e grande successo della scrittrice Viola Ardone ed era facile immaginare, data la scrittura fortemente evocativa, una trasposizione cinematografica.
Cristina Comencini non si è lasciata sfuggire l’occasione e complice una regia fluida e interpreti efficaci, trasmette con empatia la dolce-amara epopea di Amerigo (Christian Cervone ), piccolo scugnizzo mandato dalla madre Antonietta (Serena Rossi), al nord, per garantire la sopravvivenza di un figlio a cui vorrebbe donare un futuro diverso dal suo, segnato dalla precarietà e dalla carenza affettiva.
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Il treno dei bambini fortemente voluti nei primi anni successivi la fine della Seconda guerra mondiale, dal partito comunista per agevolare l’accoglienza di migliaia di bambini poveri nel cuore di Napoli verso quelle contadine emiliane, fu opera prima e grande successo della scrittrice Viola Ardone ed era facile immaginare, data la scrittura fortemente evocativa, una trasposizione cinematografica.
Cristina Comencini non si è lasciata sfuggire l’occasione e complice una regia fluida e interpreti efficaci, trasmette con empatia la dolce-amara epopea di Amerigo (Christian Cervone ), piccolo scugnizzo mandato dalla madre Antonietta (Serena Rossi), al nord, per garantire la sopravvivenza di un figlio a cui vorrebbe donare un futuro diverso dal suo, segnato dalla precarietà e dalla carenza affettiva.
E così, inizialmente con qualche remora, Amerigo parte, lascia il mondo fatto di espedienti, finendo per affezionarsi a quella realtà fatta di nebbia, fattorie, grano e cibo, mortadella e tortellini. Ma non è retorica, né stilizzazione. Amerigo conoscerà l’affetto di una giovane donna, Derna (Barbara Ronchi) dedita al sindacato ed ex combattente della resistenza, single dal grande cuore che con lo zio falegname, diverrà faro per il giovanissimo straniato fino ad accendergli la passione per la musica, per il violino. Che si tradurrà in successo, ma questo poco importa.
Il cuore del film come del libro è che chi talvolta ama di più chi lascia andare che chi trattiene, in fondo questa la forza dell’amore travolgente, capace di costruire una personalità oltre il dolore della mancanza. Amerigo, perdente come molti, assurge a modello emotivo di una storia vera, trattata col dovuto garbo e gentilezza. Regia fluida, mano sicura, interpreti presi dalla strada e due mondi contrastanti, nord, sud, povertà miseria, guerra ma anche riscatto. L’attimo struggente di un respiro sospeso. Da vedere.
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giggetto
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giovedì 24 ottobre 2024
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una riflessione splendida sulla storia d''italia
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Il treno dei bambini è un film che racconta una epoca e farà epoca. Perché rammenta la necessità di risalire alle nostre radici per capire la storia d'Italia. La vicenda, ripresa dal bel romanzo con lo stesso titolodi Viola Ardone, si riferisce ad una iniziativa del secondo dopoguerra quando più di 70 mila bambini furono mandati in colonia dalla grande capitale del sud, Napoli, alla campagna del Nord, l'Emilia. La povertà imperava ovunque, ma il tessuto sociale era ben più solido nel Settentrione. Chi organizzò l'iniziativa non furono le parrocchie, bensì il Partito comunista, che con queste iniziative si proponeva come forza politica nazionale desiderosa di realizzare l'egemonia gramsciana.
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Il treno dei bambini è un film che racconta una epoca e farà epoca. Perché rammenta la necessità di risalire alle nostre radici per capire la storia d'Italia. La vicenda, ripresa dal bel romanzo con lo stesso titolodi Viola Ardone, si riferisce ad una iniziativa del secondo dopoguerra quando più di 70 mila bambini furono mandati in colonia dalla grande capitale del sud, Napoli, alla campagna del Nord, l'Emilia. La povertà imperava ovunque, ma il tessuto sociale era ben più solido nel Settentrione. Chi organizzò l'iniziativa non furono le parrocchie, bensì il Partito comunista, che con queste iniziative si proponeva come forza politica nazionale desiderosa di realizzare l'egemonia gramsciana.
I Quartieri spagnoli di Napoli erano già stati descritti da Elsa Morante nell'Isola di Arturo. La campagna emiliana da Bernardo Bertolucci in Novecento. Ma la narrazione consente un serrato confronto tra le due realtà.
Ma la vicenda narrata dalla Comencini ha un valore assai più grande, quasi universale. E ci impone di chiederci: di chi sono i figli? Di chi li procrea oppure di chi ha la voglia e i mezzi di realizzare i loro sogni?
Due attrici protagoniste assai efficaci. Ma soprattutto emerge una unica capacità di dirigere i bambini - i veri protagonisti. Non solo Amerigo, ma tutti gli altri. Con la capacità di cogliere le sfumature dell'infanzia nei Quartieri spagnoli di Napoli e in quella della campagna emiliana.
La narrazione è essenziale, e la fine arriva in un attimo, senza bisogno di ripetere quel che lo spettatore ha già compreso.
Del film sorprendeno i colori, con una tavolozza che anch'essa contribuisce a distinguere le differenze che esistevano - e ancora esistono - in Italia.
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[+] i figli pagano per la sete di potere degli adulti
(di giancarlo gambi)
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gabriella
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venerdì 13 dicembre 2024
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Una pagina poco conosciuta, di cui nemmeno io ero a conoscenza, prima di aver letto il bel libro di Viola Ardone e che Cristina Comencini ha poi trasformato in un film, presentato quest’anno alla festa del cinema a Roma, una storia bella, chissà perché si parla così poco delle cose belle. Si tratta dell’iniziativa del partito comunista , insieme con l’UDI ( unione donne italiane), nel primo dopoguerra, attraverso i cosidetti “treni della felicità”di trasportare dei bambini dal merdione al nord Italia per strapparli dalla miseria, dalla strada , dalla fame, nel periodo invernale per consentire loro di frequentare la scuola e avere un’istruzione E’ la storia di Amerigo, che vive a Napoli con mamma Antonietta, ( una bravissima Serena Rossi che sembra di vedere Anna Magnani nella sua intensità), e del suo viaggio verso una terra sconosciuta e con la paura originata dalle assurde dicerie sui comunisti che mangiavano i bambini, fino ad arrivare a Modena.
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Una pagina poco conosciuta, di cui nemmeno io ero a conoscenza, prima di aver letto il bel libro di Viola Ardone e che Cristina Comencini ha poi trasformato in un film, presentato quest’anno alla festa del cinema a Roma, una storia bella, chissà perché si parla così poco delle cose belle. Si tratta dell’iniziativa del partito comunista , insieme con l’UDI ( unione donne italiane), nel primo dopoguerra, attraverso i cosidetti “treni della felicità”di trasportare dei bambini dal merdione al nord Italia per strapparli dalla miseria, dalla strada , dalla fame, nel periodo invernale per consentire loro di frequentare la scuola e avere un’istruzione E’ la storia di Amerigo, che vive a Napoli con mamma Antonietta, ( una bravissima Serena Rossi che sembra di vedere Anna Magnani nella sua intensità), e del suo viaggio verso una terra sconosciuta e con la paura originata dalle assurde dicerie sui comunisti che mangiavano i bambini, fino ad arrivare a Modena. Tutti i bambini troveranno ospitalità presso delle famiglie affidatarie che si prenderanno cura di loro, sono famiglie povere, di contadini o di operai, con figli a carico , ma disponibili a dividere ciò che hanno e offrire, oltre un pasto caldo e un letto per dormire, il caldo abbraccio di un affetto sincero. Di Amerigo si dovrà occupare Derna, ( meravigliosa Barbara Ronchi), una donna che vive sola , militante convinta ,che sa poco sui bambini e che vive nel ricordo del fidanzato ucciso dai fascisti., entrambi impareranno a conoscersi, a comprendersi e a volersi bene. Diviso tra due madri, quella del sud e quella del nord, Amerigo scoprirà dopo molti anni la grandezza dell'amore materno, che non è solo quello di accudire, ma anche quello di lasciare andare, se questo significa la possibilità di un futuro migliore. Il film della Comencini è sobrio e commovente nel presentare senza eccessi o forzature un'Italia che si tende la mano e si aiuta vicendevolmente nella ricostruzione di un paese e di un tessuto sociale coese e dignitoso, in immagini di grande respiro, perchè ad altezza di bambino e dal suo sguardo limpido e pulito. L’aspetto umano è sicuramente quello messo in risalto dalla regista, quello che le sta più a cuore, anche se ci sono dei cenni di prevaricazione maschile all’interno del partito di Derna, compagni poco inclini a farsi comandare da una donna e una ribellione femminile che deve ancora emergere. Una bella storia, che sarebbe piaciuta al padre, Luigi Comencini, che abbiamo avuto il piacere di vedere recentemente nel dolcissimo ricordo della figlia Francesca nel film autobiografico "Il tempo che ci vuole". Decisamente un anno ispirato per le sorelle Comencini, così come per Napoli che ultimamente il cinema la vede spesso protagonista.
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