Il film Niente da perdere di Delphine Deloget affronta un aspetto particolarmente importante della nostra società, rappresentato dal ruolo che possono avere le pubbliche istituzioni per il cittadino medio: la scuola, la pubblica sicurezza, la sanità, l’assistenza sociale, la legge, il carcere, l’amministrazione pubblica, … Siamo tutti d’accordo che dovrebbero permettere e facilitare la coesistenza tra gli individui, cercando di risolvere i problemi e allontanando i pericoli. Tutto sembra funzionare fintanto che il cittadino medio procede su binari previsti e programmati. Ma quando capita un problema o un incidente assistiamo ad un grande distinguo che dipende dal censo.
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Il film Niente da perdere di Delphine Deloget affronta un aspetto particolarmente importante della nostra società, rappresentato dal ruolo che possono avere le pubbliche istituzioni per il cittadino medio: la scuola, la pubblica sicurezza, la sanità, l’assistenza sociale, la legge, il carcere, l’amministrazione pubblica, … Siamo tutti d’accordo che dovrebbero permettere e facilitare la coesistenza tra gli individui, cercando di risolvere i problemi e allontanando i pericoli. Tutto sembra funzionare fintanto che il cittadino medio procede su binari previsti e programmati. Ma quando capita un problema o un incidente assistiamo ad un grande distinguo che dipende dal censo. Se sei povero potrebbe andarti male. Come nel film Io, Daniel Blake di Ken Loach. O da parte del ricco, come nel film È andato tutto bene (Tout s'est bien passé) di Fraçois Ozon, che può permettersi il suicidio assistito in Svizzera a seguito di un ictus devastante. Sylvie (Virginie Efira) è una madre single, ha due figli amati, lavora come una matta in un Night Club per sbarcare il lunario. Una notte il figlio piccolo si ustiona preparandosi delle patatine fritte. È solo a casa, la madre lavora, il fratello maggiore non è ancora tornato dalla lezione di tromba, e quando torna lo porta in ospedale. Quindi parte una segnalazione per maltrattamento ai servizi sociali che pieni di psicologia da rotocalco, incapaci di sentire col cuore, assieme alla legge, sapendo “solo loro” quale è il bene per il figlio, lo sottraggono alla madre con fare persecutorio, reificandola e rendendola impotente. La legge ne è complice per i tempi lunghi, Siamo come nel film Il Prigioniero Coreano di Kim Ki-Duk dove un povero pescatore coreano per un guasto al motore sconfina dalla Corea del Nord a quella del Sud innescando un putiferio tra le due Corree per dimostrare dove si viva meglio. Prima di morire dirà “ quando un pesce viene preso nella rete, per lui è finita”.
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