gianleo67
|
domenica 19 giugno 2022
|
ma vie sans toi. ta vie sans moi
|
|
|
|
Una mattina Clarisse si alza dal letto lasciando il marito ancora disteso, visita rapidamente la camera dei figli ancora nel sonno, prende le chiavi della vecchia auto nel garage e si allontana rapidamente da casa senza farvi più ritorno. Come li cambierà il tempo per abituarli alla reciproca assenza? Questa sembra la domanda esistenzialista che ruota attorno ad una melodramma fantasmatico che fa il verso a Senza Fine di Krzysztof Kieslowski, riecheggia delle amorevoli cure di una presenza ultraterrena che non ha lasciato tavolette ihai in giro per casa e fa pure a meno delle paturnie ricattatorie di una Sarah Polley in versione Love Story. Almaric costruisce con un certo gusto per il giallo sovrannaturale una storia di abbandono ed elaborazione del lutto che trova nella specularità dei punti di vista e nell'apparente simmetria delle situazioni, una giustificazione emotiva ad una verità inaccettabile o incomprensibile e dove le pericolose derive del senso di colpa vengono arginate da un ribaltamento di prospettiva che coincide narrativamente con un percorso itinerante lungo le tappe di una personale via crucis in territori di confine (il mare, la montagna!); nel paradossale tentativo di avvicinarsi ai propri cari ed alla verità del proprio dramma umano, quanto più ci si allontana da casa e da un epicentro degli affetti ormai svuotato di ogni reale presenza terrena.
[+]
Una mattina Clarisse si alza dal letto lasciando il marito ancora disteso, visita rapidamente la camera dei figli ancora nel sonno, prende le chiavi della vecchia auto nel garage e si allontana rapidamente da casa senza farvi più ritorno. Come li cambierà il tempo per abituarli alla reciproca assenza? Questa sembra la domanda esistenzialista che ruota attorno ad una melodramma fantasmatico che fa il verso a Senza Fine di Krzysztof Kieslowski, riecheggia delle amorevoli cure di una presenza ultraterrena che non ha lasciato tavolette ihai in giro per casa e fa pure a meno delle paturnie ricattatorie di una Sarah Polley in versione Love Story. Almaric costruisce con un certo gusto per il giallo sovrannaturale una storia di abbandono ed elaborazione del lutto che trova nella specularità dei punti di vista e nell'apparente simmetria delle situazioni, una giustificazione emotiva ad una verità inaccettabile o incomprensibile e dove le pericolose derive del senso di colpa vengono arginate da un ribaltamento di prospettiva che coincide narrativamente con un percorso itinerante lungo le tappe di una personale via crucis in territori di confine (il mare, la montagna!); nel paradossale tentativo di avvicinarsi ai propri cari ed alla verità del proprio dramma umano, quanto più ci si allontana da casa e da un epicentro degli affetti ormai svuotato di ogni reale presenza terrena. Giocato su di una cognizione dello spazio fatto di contrapposizioni e da una concezione del tempo che si avvia su binari solo in apparenza divergenti, il film di Almaric contrassegna la temporanea scissione della vita della sua protagonista di episodi che chiamano in causa le dimensioni complementari del reale e del plausibile, punteggiandole con i sintomi dolorosi di una presa di coscienza che fornisce molto presto la giusta imbeccata per gli spettatori più distratti e rafforzandone la resa melodrammatica attraverso uno iato con la realtà nella prosecuzione con altri mezzi di perniciose fantasie che talora suscitano compassione e più spesso reclamano il biasimo. Pur nel suo andamento ondivago e nella sua struttura apparentemente involuta, è un film che trova nella originalità dei suoi equivoci fantastici la realtà di un dramma personale da cui solo la straordinaria facoltà di astrazione della mente umana sembra capace di trarci d'impaccio. Bellissimo il sountrack e bravissima la stranita protagonista di una allampanata e dolcissima Vicky Krieps, per un film presentato a Cannes 2021, che su due candidature ai Cesar francesi ed una ai Magritte belgi non ha beccato nenneno una statuetta.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
athos
|
martedì 8 febbraio 2022
|
un film da sentire
|
|
|
|
Un film a suo modo silenzioso, rarefatto, con due storie che si rincorrono parallele per fondersi nella luce del finale. La sua forza la percepirete all'uscita quando vorrete vedere i vostri cari per stringerli forte.
|
|
[+] lascia un commento a athos »
[ - ] lascia un commento a athos »
|
|
d'accordo? |
|
francesca meneghetti
|
domenica 6 febbraio 2022
|
un insolito, originale, spiazzante montaggio
|
|
|
|
All’inizio sembra di entrare nel mezzo di un dramma borghese: c’è una donna che, all’alba, esce furtivamente dal letto coniugale, copre per bene i figli addormentati, prende la macchina diretta al mare, pur non essendo stagione estiva. In auto canticchia, si ferma, pensa, sembra sciroccata. Anche decisa a rifarsi una vita altrove.
Poco a poco inizia un perverso montaggio che incolla una sull’altra brevi sequenze, senza seguire la linea del tempo, il prima e il poi, senza rispettare il criterio della veridicità, senza giustificare, almeno fino a metà film, le stranezze comportamentali di Clarisse.
A casa, il marito Marc cerca di aggiustare i cocci, di far ripartire la vita quotidiana, alternando alla buona volontà momenti di rabbia, al pari dei figli, combattuti tra atroce nostalgia della mamma e collera per il suo abbandono.
[+]
All’inizio sembra di entrare nel mezzo di un dramma borghese: c’è una donna che, all’alba, esce furtivamente dal letto coniugale, copre per bene i figli addormentati, prende la macchina diretta al mare, pur non essendo stagione estiva. In auto canticchia, si ferma, pensa, sembra sciroccata. Anche decisa a rifarsi una vita altrove.
Poco a poco inizia un perverso montaggio che incolla una sull’altra brevi sequenze, senza seguire la linea del tempo, il prima e il poi, senza rispettare il criterio della veridicità, senza giustificare, almeno fino a metà film, le stranezze comportamentali di Clarisse.
A casa, il marito Marc cerca di aggiustare i cocci, di far ripartire la vita quotidiana, alternando alla buona volontà momenti di rabbia, al pari dei figli, combattuti tra atroce nostalgia della mamma e collera per il suo abbandono. Così sembra allo spettatore, che, disorientato da questo vortice di micro-sequenze al di fuori di un disegno lineare, cerca di dare un qualche senso plausibile alla cosa.
Circa a metà film, un episodio avvenuto in montagna, sui Pirenei innevati, finalmente offre la chiave di lettura del mistero, che troverà conferma verso la fine. A quel punto l’irritazione che lo spettatore ha provato sin qui verso la donna, apparentemente indifferente al dramma dei suoi cari, cambierà di segno, diventando piena e totale compassione verso di lei. A quel punto, tutti i pezzi di quel puzzle ingarbugliato torneranno al loro posto, trovando un senso, che non sta solo sul piano della verosimiglianza, ma soprattutto sul piano dell’immaginario, all’interno di un complesso processo di rielaborazione di un lutto.
Altro non si può dire per non togliere a chi volesse vedere il film la sorpresa e lo spiazzamento. Dire che è bello in senso classico è impossibile, anche per lo sforzo continuo che è richiesto al lettore. Originale decisamente sì, anche se la matrice dell’ideazione non è del regista, Mathieu Amalric, ma si trova in un testo teatrale di Claudine Galéa ("Je reviens de loin"). Vicky Krieps, la protagonista, entra perfettamente nella sua parte.
Ma alla fine lo spettatore può essere travolto dall’emozione e può desiderare di rivederlo per cogliere tutte le sfumature che gli sono sfuggite. Sì, è un film da rivedere, e possibilmente con altre persone, per discuterne. Che nostalgia del cineforum che permetteva questo!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesca meneghetti »
[ - ] lascia un commento a francesca meneghetti »
|
|
d'accordo? |
|
|