Tratto dall’omonimo romanzo di Victoria Mas, il film della Laurent, che interpreta anche una delle due protagoniste, focalizzando il proprio interesse su uno dei metodi coercitivi usati dal potere maschile per reprimere qualsiasi velleitaria aspirazione all’indipendenza da parte delle donne, vuole essere una denuncia della condizione femminile a fine ottocento in Francia. L’internamento forzoso in un ospedale psichiatrico era uno dei mezzi utilizzati per tenere a bada gli spiriti ribelli che, al minimo segnale di rivolta, erano rinchiusi da famiglie patriarcali e contro la propria volontà nei manicomi come quello di Salpetriere a Parigi dove è ambientata la storia.
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Tratto dall’omonimo romanzo di Victoria Mas, il film della Laurent, che interpreta anche una delle due protagoniste, focalizzando il proprio interesse su uno dei metodi coercitivi usati dal potere maschile per reprimere qualsiasi velleitaria aspirazione all’indipendenza da parte delle donne, vuole essere una denuncia della condizione femminile a fine ottocento in Francia. L’internamento forzoso in un ospedale psichiatrico era uno dei mezzi utilizzati per tenere a bada gli spiriti ribelli che, al minimo segnale di rivolta, erano rinchiusi da famiglie patriarcali e contro la propria volontà nei manicomi come quello di Salpetriere a Parigi dove è ambientata la storia.
Il personaggio reale di Charcot, l’inventore della neurologia e luminare indiscusso di quell’ospedale dove condusse sul campo i suoi primi studi sull’isteria, nel 2012 era stato al centro di Augustine, film di un’altra regista donna, la Winocour; segno di un rinnovato interesse culturale, agli inizi del XXI secolo, del mondo intellettuale femminile verso la storia della condizione della donna in Europa subito prima del lungo percorso di emancipazione che in Francia prenderà l’avvio, agli inizi del ventesimo secolo, con il movimento delle suffragette.
Purtroppo la Laurent, sebbene rappresenti crudamente la vita delle pazienti, recluse come in un carcere e sottoposte agli strambi esperimenti e alle terapie crudeli, al limite del puro sadismo, dei neurologi del tempo, non arriva poi fino in fondo al baratro infernale in cui erano ricacciate le donne che in quell’epoca non si piegavano ai modelli standard loro imposti dalla società ed edulcora la drammaticità della storia con un lieto fine da feuilleton rosa, facendo della protagonista una ennesima eroina da romanzo ottocentesco alla stregua di una Jane Eyre.
Le tecniche di ripresa risultano convenzionali e non vanno oltre il puro descrittivismo visivo dell’ambiente e dei personaggi, limitando così di fatto la potenzialità evocativa di alcune scene che avrebbero meritato uno sguardo più visionario, come quella del ballo annuale in maschera al Salpetriere al quale partecipavano esponenti della società civile per soddisfare la loro morbosa curiosità di vedere da vicino le folli, come se queste fossero animali rari.
Convincente appare l’interpretazione della stessa Laurent, forse più valida come attrice che come regista e di Lou de Laâge, nella parte dell’eroina, così come sopra la media è la performance attoriale di tutto il cast femminile ed in particolare di Emmanuelle Bercot, che impersona la perfida assistente di Charcot, schiava inconsapevole e anch’essa vittima del sistema autoritario e dispotico maschile che governava quella struttura ospedaliera, che restituisce un‘immagine deformata ma realistica dell’intera società francese ottocentesca.
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