mauridal
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mercoledì 16 giugno 2021
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un comico solo, non fa ridere.
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Il film scritto e diretto da Salvatores ,è la trasposizione a cinema di un pezzo teatrale inglese del drammaturgo Trevor Griffiths, che non parla di comicità ,anzi è la storia di sei persone che da dilettanti vorrebbero diventare attori comici seguendo un corso serale di un vecchio attore in pensione. Il tutto per cambiare mestiere poiché i sei personaggi sono operai, lavoratori precari, insomma gente umile ai limiti della sopravvivenza, con il sogno dell’arte e del riscatto. Questo in sintesi il testo teatrale che rimane integralmente nel film.
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Il film scritto e diretto da Salvatores ,è la trasposizione a cinema di un pezzo teatrale inglese del drammaturgo Trevor Griffiths, che non parla di comicità ,anzi è la storia di sei persone che da dilettanti vorrebbero diventare attori comici seguendo un corso serale di un vecchio attore in pensione. Il tutto per cambiare mestiere poiché i sei personaggi sono operai, lavoratori precari, insomma gente umile ai limiti della sopravvivenza, con il sogno dell’arte e del riscatto. Questo in sintesi il testo teatrale che rimane integralmente nel film. La questione che il film vuole proporre è se il comico o la comicità ha un senso come attività artistica , oppure è solo un mestiere e quindi commerciale senza altre pretese .Ora poiché Salvatores che noi conosciamo come un regista autore di film impegnati nelle tematiche sia sociali che umane, ha deciso di fare il film per riaffermare attraverso i personaggi e le loro storie, che i comici, e la comicità possono avere una funzione utile alla società per tutti quelli che da pubblico seguono e pure si divertono alle loro esibizioni , a teatro ma più facilmente in televisione.Dunque una questione che potrebbe sembrare scontata solo per il fatto che “ là fuori la vita è difficile allora facciamoci una bella risata” come recita in una battuta uno dei personaggi. Intanto allora , perché questo film proprio ora che non è una situazione affatto comica. Il film non è
comico , anzi al limite neanche un film divertente , solo molto parlato nei fitti monologhi dei personaggi , tutti ottimi attori , che cercano di rivolgersi ad un pubblico che forse a teatro c’è , e funziona , ma a cinema, nemmeno un poco. Dunque , viene da chiedersi , questo film, perché forza così tanto la mano allo spettatore di cinema, già tanto privato e indebolito di cinema, per tanti mesi . Provo a riflettere allora sulle figure di comici più popolari che negli ultimi tempi hanno invaso gli schermi intendo della televisione. Salta alla mente uno che del comico e della comicità ne ha fatto un’arma politica addirittura imponendosi agli italiani con le proprie battute e paradossi , il comico Beppe Grillo, che fonda un movimento politico premiato con milioni di voti alle elezioni , dagli italiani. Un comico al servizio della società uno che dalla comicità è passato all’attacco del sistema sociale, quasi rivoluzionario, con molti seguaci e tanti elettori. Dopo tutto perché un comico o i comici non possono conquistare il potere, perché pensano solo a far ridere ? Tuttavia il film propone una risposta , il comico deve fare ridere senza fare il filosofo .Tutto il resto è un accidente della Storia e una risata seppellirà tutto. (Mauridal)
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carlo
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sabato 7 agosto 2021
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il cinema che vorrei
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Una altissima qualità di realizzazione, un genio dietro la macchina da presa e una storia che amaramente apre a diverse interpretazioni. Non ci sono punti di forza in questa pellicola, non ci sono picchi realizzativi ma una media altissima. Gli attori sono diretti magistralmente e la coralità, gestita con maestria, diventa un unicum narrativo nel quale diventa impossibile scindere gli interpreti. Un film da vedere, digerire, rivedere e riflettere sul messaggio universale per combattere il futile presente impostoci da una società sconvolta dalla indifferenza e dalla mediocrità.
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eugenio
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giovedì 7 ottobre 2021
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il ruolo del comico oggi
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Tornare all’atmosfera, all’essenza di una piece di Trevor Griffiths, portata in scena all’Elfo Puccini negli anni ottanta, tradotta in una commedia surreale, Kamikazen - Ultima notte a Milano suona di malinconica saudade per Gabriele Salvatores. Eppure Comedians, la nuova fatica del cineasta, nelle sue livide ambientazioni notturne, ai bordi di strade costellate da emarginati che cercano nella vis comica, un’apertura al bramato successo, frustrato nelle loro quotidiane attività lavorative, ben si discosta da quella celebre commedia della “Milano da bere”. Incorniciato da belle canzoni di Tom Waits, Comedians costituisce una rarità nel cinema italiano, ponendosi come confronto dialettico sulla filosofia della comicità, un’arte difficile da padroneggiare oggigiorno senza scadere nel grottesco o, peggio ancora, nel volgar eloquio, di cui molte trasmissioni trash, hanno fatto regolar partito di bandiera.
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Tornare all’atmosfera, all’essenza di una piece di Trevor Griffiths, portata in scena all’Elfo Puccini negli anni ottanta, tradotta in una commedia surreale, Kamikazen - Ultima notte a Milano suona di malinconica saudade per Gabriele Salvatores. Eppure Comedians, la nuova fatica del cineasta, nelle sue livide ambientazioni notturne, ai bordi di strade costellate da emarginati che cercano nella vis comica, un’apertura al bramato successo, frustrato nelle loro quotidiane attività lavorative, ben si discosta da quella celebre commedia della “Milano da bere”. Incorniciato da belle canzoni di Tom Waits, Comedians costituisce una rarità nel cinema italiano, ponendosi come confronto dialettico sulla filosofia della comicità, un’arte difficile da padroneggiare oggigiorno senza scadere nel grottesco o, peggio ancora, nel volgar eloquio, di cui molte trasmissioni trash, hanno fatto regolar partito di bandiera. In un dramma a porte chiuse quasi ibseniano, dove gli esterni sono semplici “comparse” funzionali alla tensione generativa dei protagonisti coinvolti, Salvatores tramite i suoi alter-ego, dalle antitetiche personalità: uno straordinario Eddi Barni (Natalino Balasso), il maestro che cerca di insegnare l'etica della comicità ai suoi scalcagnati studenti, e Bernardo Celli (il caciaro Christian De Sica), suo ex partner mercificato alla tv generalista, riflette amaramente su cosa significhi oggi “far ridere”. E lo fa in un film “a tesi” volutamente teatrale, dove il gruppo di volenterosi stand up comedians con nomi del calibro di Ale & Franz, Walter Leonardi, Vincenzo Zampa, Marco Bonadei e Giulio Pranno, di cui uno solo, al termine del saggio, sarà selezionato appunto dall’agenzia di Celli per un “inizio” nel difficile mondo dello spettacolo, mostrano le loro idiosincrasie, le loro fragilità, le loro conflittualità anche e soprattutto durante la messa-in scena, il contrasto sempre eterno su cosa si debba dire per far ridere. Ovvero, se svelare le storture del mondo, ridendoci su ma assestando violenti pugni allo stomaco dello spettatore (come fa il clown “triste” interpretato da Pranno) o avvalersi delle “classiche” e perché no, longeve, battute sessiste, per garantirsi un facile successo popolare.Comedians, in fondo è “solo” questo: un ensemble di variegata umanità, di traiettorie dialettiche che spesso deviano dalla via maestra in maniera imperfetta, ma capace, come nel bellissimo finale tra Pranno e Balasso, due identità quasi figlie del medesimo passato, di descriverci uno spaccato di grandissima attualità del mondo odierno, dove tutto è abbondantemente esacerbato da politiche social pronte a incentivare l’azione di ognuno, privandola dell’essenza umana e immalinconendola inevitabilmente. Nella vacua ricerca di un riscatto, perché no, anche contro i propri principi morali, scegliendo forse la via più facile e meno virtuosa, di una luce della ribalta, sempre più effimero baluginio.
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