felicity
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venerdì 24 giugno 2022
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il ritratto di famiglia di kenneth branagh
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Un romanzo di formazione. Il proprio sé bambino. Una lettera d'amore. La realtà in bianco e nero e le fantasie a colori. Un cast meraviglioso e 7 nomination all'Oscar. Kenneth Branagh ci riporta alla sua Belfast del 1969.
Belfast mette nitidamente a fuoco un’infanzia tra purezza e tormento nella difficile Belfast di fine anni Sessanta, carica di rabbia e tensioni. Un cast perfetto, in cui spiccano il bimbo protagonista Jude Hill e la “nonna” Dame Judi Dench.
Un film sentito, partecipato, spiazzante. Per i cromatismi improvvisi, la naturalezza della recitazione, l’affetto familiare che protegge dal male.
L’autobiografia branaghiana è un ritratto poetico, vivo e mai stucchevole del proprio “sé” bambino.
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Un romanzo di formazione. Il proprio sé bambino. Una lettera d'amore. La realtà in bianco e nero e le fantasie a colori. Un cast meraviglioso e 7 nomination all'Oscar. Kenneth Branagh ci riporta alla sua Belfast del 1969.
Belfast mette nitidamente a fuoco un’infanzia tra purezza e tormento nella difficile Belfast di fine anni Sessanta, carica di rabbia e tensioni. Un cast perfetto, in cui spiccano il bimbo protagonista Jude Hill e la “nonna” Dame Judi Dench.
Un film sentito, partecipato, spiazzante. Per i cromatismi improvvisi, la naturalezza della recitazione, l’affetto familiare che protegge dal male.
L’autobiografia branaghiana è un ritratto poetico, vivo e mai stucchevole del proprio “sé” bambino. Senza compiacimenti, ricatti emotivi, piuttosto con un sincero sentire fanciullesco. Questo ne fa un’opera potentemente fuori dal tempo, eppure attualissima.
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loland10
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martedì 17 maggio 2022
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''droni e rallenty''
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“Belfast” (id. 2021) è il diciottesimo lungometraggio del regista-produttore nord-irlandese Kennet Branagh
Ecco che arriva il punto di non-ritorno. L’attore-regista ha avuto una forza e un coraggio vivi ne girare e recitare (benissimo) pellicole da drammi shakespeariani. Intensi, belli, caricati. Poi….si è voluto dedicare al cinema ‘generalista’ un po’ troppo ‘pop’, con lui sempre in prima fila e (per quanto mi concerne) i conti non tornano. Regie molto ‘altisonanti’, ‘panoramiche’, ‘accattivanti’ e il cinema si perde in risvolti non sempre congeniali.
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“Belfast” (id. 2021) è il diciottesimo lungometraggio del regista-produttore nord-irlandese Kennet Branagh
Ecco che arriva il punto di non-ritorno. L’attore-regista ha avuto una forza e un coraggio vivi ne girare e recitare (benissimo) pellicole da drammi shakespeariani. Intensi, belli, caricati. Poi….si è voluto dedicare al cinema ‘generalista’ un po’ troppo ‘pop’, con lui sempre in prima fila e (per quanto mi concerne) i conti non tornano. Regie molto ‘altisonanti’, ‘panoramiche’, ‘accattivanti’ e il cinema si perde in risvolti non sempre congeniali.
“E con cosa torniamo? con la nebbia scozzese”, “Cerca di essere bravo e se non puoi fai attenzione”. Due battute per una famiglia che vorrebbe andare via dalla Belfast, città unica, e dal modo in cui un bimbo dovrebbe partecipare alla vita. La città nelle piccole vie diventa afflato di ‘dolcezza’ e ‘buona vita’, di “corse e saluti” e “scontri e fumi”. Tutto secondo Buddy, di 9 anni, sotto gli sguardi sornioni e sicuri dei nonni. Quelli che non lesinano consigli e giusti ricordi (i propri).
Tutto in modo sobrio, asciutto, deciso e fermo. Un quadro fisso nel regista, che appare in lontano (di)stacco, senza emozioni palpabili e un resoconto disteso e, privo, di mordente per chi osserva, Un passato che rimane e privo di ritorno a noi. Il bianco e nero diventa oltremodo ‘datato’ e già ‘dormiente’ nel cronachismo delle vie di una città che del ‘folgorante’ ha solo il panoramico (riprese dall’alto paiono completamente opposte e prive di passione con le vite familiari).
Esempio di cinema ritagliato, bloccato e vividamente ancorato alle piccole cose di Belfast.
Linee parallele, piccoli frammenti, esperienze minime e dialoghi tronchi. Un fermo immagine in leggero movimento tra pause aeree e droni in lontananza. Belfast città e ‘Belfast’ film si incontrano senza un vivo entusiasmo e con un saluto ’formale’, in puro stile ‘umido-nebbioso’ a cui le strade si addicono.
Dal colore iniziale, con riprese panoramiche, porto, palazzi, vie e sprazzi di grandi movimenti,
Si passa ad un bianco e nero ‘ordinato’ tra vie frequentate da ragazzi e le loro famiglie, voci e giochi, rumori e richiami verso figli per tornare a casa, la tavola pronta e nonni disposti a buone parole..
Siamo nel giorno 15 agosto 1969 in una Belfast aggrumata, viva nei volti e oscura negli episodi e negli avvenimenti che di lì a poco avverranno.
Pellicola che appare disunita o forse volutamente fatta di episodi familiari attaccati dove il pathos narrativo e/o il ricordo vivo sembra perdersi negli occhi del bambino e nei discorsi di ‘conquista’ della posizione a scuola per essere vicino alla ‘ragazzina’ dei sogni.
E il sogno idealizzato e i fatti di quei giorni appaiono troppo lontani e distanti dallo spettatore: l’uno certo ma non sinceramente coinvolgente e gli altri zoomati e ripresi in ‘tensione-gelata’ da sembrare non rappresentati e diretti da altre parti. Questo dualismo bambino sognante-scontri storici stagnano ognuno nel suo luogo ma non emergono fino in fondo.
Ecco che da dalla pellicola escono fuori, oltre ogni g(e)usto, le voci (narranti) dei nonni che raccontano alla fine se stessi: un’epoca che non si vede nella Belfast di Branagh. Quindi un senso di nostalgia narrativa e di traslazione di ripresa in storie che cerchiamo di percepire. Sono la voce e la musica di Van Morrison, con altri del periodo, a destare la maggiore attenzione e interesse a quello rappresentato.
‘A chi è rimasto, chi è partito, chi si è perso’.
Judy Dench(nonna): stravince di una spanna e ben oltre. Rende viva la scena, emoziona ogni suo gesto e il suo racconto è palpitante nei modi. Nel finale ‘si prende’ il film.
Ciaran Hinds (nonno): bravo e ironico con alle spalle la ‘nonna’ Judy.
Jude Hill(Buddy): giusta e delicata ‘performance’.
Regia di K. Branagh correttamente ‘distanziata’.
Voto: 6- (**½) -cinema bloccato-
(scritto pre-Oscar)
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jonnylogan
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lunedì 25 aprile 2022
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amarcord
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Nel 1969 Buddy ha 9 anni e abita con la sua famiglia in un quartiere popolare di Belfast. La vita pare scorrere nella più completa tranquillità mentre i primi scontri fra cattolici e protestanti danno il via a una lotta senza quartiere che nella mente di un bambino viene esorcizzata dal cinema e dal solido rapporto con i nonni paterni.
La Belfast ricordata da Branagh non è di certo quella dei Troubles narrati da un punto di vista storico, anche se il ferragosto del 1969 è data tristemente nota per l’inizio della lotta fra protestanti e cattolici, ma è bensì quella vista attraverso gli occhi di un alter ego di appena 9 anni, lo splendido Jude Hill, esattamente quelli che il regista aveva all’epoca dei primi tumulti nella sua città natale.
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Nel 1969 Buddy ha 9 anni e abita con la sua famiglia in un quartiere popolare di Belfast. La vita pare scorrere nella più completa tranquillità mentre i primi scontri fra cattolici e protestanti danno il via a una lotta senza quartiere che nella mente di un bambino viene esorcizzata dal cinema e dal solido rapporto con i nonni paterni.
La Belfast ricordata da Branagh non è di certo quella dei Troubles narrati da un punto di vista storico, anche se il ferragosto del 1969 è data tristemente nota per l’inizio della lotta fra protestanti e cattolici, ma è bensì quella vista attraverso gli occhi di un alter ego di appena 9 anni, lo splendido Jude Hill, esattamente quelli che il regista aveva all’epoca dei primi tumulti nella sua città natale. Belfast sono anche gli occhi sognanti di Buddy, un bambino che in quelle poche strade limitrofe a casa cerca il modo di prolungare la sua infanzia nonostante gli eventi che si stavano abbattendo sulla sua famiglia, alla perenne ricerca di nuove risorse economiche, ai pericoli della guerra civile misti alla vita di scuola, le ricerche e i primi amori, le festività trascorse in famiglia e tutte le consuetudini che caratterizzano l’infanzia a ogni angolo del mondo. Belfast è al tempo stesso qualche cosa che ha a che fare con il cinema d’oltreoceano, quello ingurgitato in maniera massiccia dal piccolo Buddy e da suo fratello maggiore, sia attraverso gli schermi della TV in bianco e nero o al vicino cinema ove la famiglia tende a riunirsi per ogni occasione e a viaggiare con l’immaginazione. La Belfast in bianco e nero che ammiriamo è la storia di una famiglia come tante della working class ma anche unita più di tante altre, ed è anche e soprattutto un inno alla propria terra natale, una terra di gente abituata a emigrare a combattere, a sopportare e talvolta e perdersi e soprattutto Belfast è un film che ha meritatamente vinto l’Oscar come miglior sceneggiatura e che crediamo valga la pena di essere apprezzato.
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insieme al vento
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giovedì 21 aprile 2022
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belfast, oscar alla migliore sceneggiatura...
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La sceneggiatura non brilla se paragonata a regia e fotografia: l'enfasi, la cura, l'attenzione, il mestiere infusi in quest'ultime fanno sembrare la sceneggiatura una improvvisazione frammentaria al servizio di una tecnica notevole, tra un omaggio e l'altro ai Grandi del passato.
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La sceneggiatura non brilla se paragonata a regia e fotografia: l'enfasi, la cura, l'attenzione, il mestiere infusi in quest'ultime fanno sembrare la sceneggiatura una improvvisazione frammentaria al servizio di una tecnica notevole, tra un omaggio e l'altro ai Grandi del passato.
Il film dovrebbe essere un drammatico ma il dramma si perde in una continua ricerca estetica le cui immagini a colori ipersaturi, iniziali e finali, sono tipici nelle arti visive della scuola americana e racchiudono l'estetica del film. Si intitola Belfast e gli anni scelti sono anni simbolo di dolore e sangue tuttavia Belfast non è mai protagonista e nemmeno comprimaria, non è proprio presente e le vicende sociali sono appena abbozzate giusto perché sarebbe stato impossibile non fare alcun riferimento ad esse se scegli di ambientare il tuo film (la Tua Belfast) in quel preciso periodo. La città appare come un set completamente ricostruito in modo asettico, a tratti artefatto, è tutto pulito, molto ordinato, molto composto, molto molto pulito, comprese le strade. Un "bello" da catalogo turistico. I dialoghi in genere sembrano un orpello proprio perché si è spinto molto negli altri comparti e così le vicende della famiglia che avanzano come scene poco amalgamate tra loro nelle quali tutto è stato costruito per esaltare regia e fotografia. Gli attori e le vicende narrate sembrano restare in secondo piano, muovendosi in un "ambiente" che non li rappresenta tanto appare distante nella sua algida bellezza.
La tecnica domina un film che viaggia sulla superficie e sfiora appena il ventre della vita e della storia che voleva raccontare, e di conseguenza non comprendo l'Oscar alla sceneggiatura originale.
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insieme al vento
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giovedì 21 aprile 2022
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credevo fosse amore invece era un film furbo
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Ciò che trovo incredibile è l'oscar alla migliore sceneggiatura. Sceneggiatura?
Premiandolo hanno ottenuto anche un involontario effetto comico dato che la sceneggiatura è praticamente assente se paragonata a regia e fotografia, infatti l'enfasi, la cura, l'attenzione, il mestiere infusi in quest'ultime fanno sembrare la sceneggiatura una improvvisazione da dilettanti e per cosa ti danno l'oscar Branagh?
Se c'è una cosa scarsa in questo film è proprio la sceneggiatura: il film, che dovrebbe essere un drammatico ma il dramma si perde nell'estetica, si chiama Belfast e gli anni scelti sono anni simbolo di dolore e sangue tuttavia Belfast non è mai protagonista e nemmeno comprimaria, non è proprio presente e le vicende sociali sono appena abbozzate giusto perché sarebbe stato impossibile, e alquanto ridicolo, non fare alcun riferimento ad esse se scegli di ambientare il tuo film in quel preciso periodo.
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Ciò che trovo incredibile è l'oscar alla migliore sceneggiatura. Sceneggiatura?
Premiandolo hanno ottenuto anche un involontario effetto comico dato che la sceneggiatura è praticamente assente se paragonata a regia e fotografia, infatti l'enfasi, la cura, l'attenzione, il mestiere infusi in quest'ultime fanno sembrare la sceneggiatura una improvvisazione da dilettanti e per cosa ti danno l'oscar Branagh?
Se c'è una cosa scarsa in questo film è proprio la sceneggiatura: il film, che dovrebbe essere un drammatico ma il dramma si perde nell'estetica, si chiama Belfast e gli anni scelti sono anni simbolo di dolore e sangue tuttavia Belfast non è mai protagonista e nemmeno comprimaria, non è proprio presente e le vicende sociali sono appena abbozzate giusto perché sarebbe stato impossibile, e alquanto ridicolo, non fare alcun riferimento ad esse se scegli di ambientare il tuo film in quel preciso periodo. La città è come un set completamente ricostruito in modo asettico, è tutto pulito, molto pulito comprese le strade. I dialoghi sono molto blandi, non fanno ridere, non fanno piangere, non indignano o scandalizzano, non inducono a riflettere, non ce ne sono di incisivi sull'essere umano, sulla guerra o sulla religione se non un'unica, brevissima, e non esattamente memorabile eccezione e sembrano più che altro un orpello proprio perché si è spinto molto negli altri comparti. Le vicende della famiglia sono vicende generiche nel senso più superficiale del termine e avanzano come scene poco amalgamate tra loro nelle quali tutto è stato costruito per mostrare quanto è bella la regia e la fotografia, quindi per elevare il regista schiacciano gli attori e le vicende narrate senza alcun equilibrio.
Kenneth Branagh è un attore, come regista non ricordo un suo film degno di nota, un passaggio che ti prende allo stomaco, un dialogo che ti resta dentro, e per quanto mi riguarda non ha fatto altro che pescare continuamente dalla letteratura cercando la facile vittoria, è il classico esempio di chi non ha nulla da dire e non sa nemmeno cosa sia l'originalità, ma possiede le conoscenze tecniche, almeno quelle, e persone che lo finanziano.
Questo film è sicuramente il migliore della sua carriera registica, ma basta dare un'occhiata alla sua filmografia per osservarne il livello e di conseguenza qui sembra addirittura che qualcuno lo abbia aiutato a fare i compiti a casa. Se ha fatto tutto da solo significa che si è impegnato e studiando è migliorato non poco nel corso degli anni, e questo sì è apprezzabile.
La sensazione di fondo che mi ha lasciato è questa: un film girato da un borghese benestante per altri borghesi benestanti che non tocca nemmeno di striscio la vita e la Storia che voleva raccontare.
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domenica 17 aprile 2022
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un film color pastello
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Ho apprezzato praticamente tutti i lavori di Branagh. E questo non è da meno. Un film che a mio parere a saputo mantenere con molta poesia l'attenzione sulla dimensione intima pur trattando un tema sociale e politico molto forte. Bellissime immagini, belle musiche. In uno spaccato di vita reale tra due strade si apre un mondo.
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antonio miredi
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sabato 26 marzo 2022
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fotogrammi con gli occhi incantati di un bambino
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Belfast 1969. In un quartiere periferico della città dove tutti si conoscono, bambini e ragazzi giocano per strada. Improvviso, l'urto di un gruppo violento irrompe nel quartiere, saccheggiando vetrine, finestre, facendo esplodere una auto in sosta, e rompe l'idillio ricordandoci che siamo negli anni in cui esplode la guerra civile nell'Irlanda del Nord fra la comunità cattolica e quella protestante. Il dramma sociale di questa violenza che porta morte e distruzione non viene però messo a fuoco. Il film preferisce rimanere nella tenerezza di una famiglia di operai vissuta soprattutto con gli occhi spesso incantati del piccolo Buddy, nonostante la precarietà economica, l'andirivieni fra l'isola e il continente per ragioni di lavoro, il rischio della violenza in cui tutti sono esposti.
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Belfast 1969. In un quartiere periferico della città dove tutti si conoscono, bambini e ragazzi giocano per strada. Improvviso, l'urto di un gruppo violento irrompe nel quartiere, saccheggiando vetrine, finestre, facendo esplodere una auto in sosta, e rompe l'idillio ricordandoci che siamo negli anni in cui esplode la guerra civile nell'Irlanda del Nord fra la comunità cattolica e quella protestante. Il dramma sociale di questa violenza che porta morte e distruzione non viene però messo a fuoco. Il film preferisce rimanere nella tenerezza di una famiglia di operai vissuta soprattutto con gli occhi spesso incantati del piccolo Buddy, nonostante la precarietà economica, l'andirivieni fra l'isola e il continente per ragioni di lavoro, il rischio della violenza in cui tutti sono esposti. Restare o partire, è questo il dilemma che la famiglia si trova ad affrontare . Il piccolo Buddy vuole restare perché qui ha modo di parlare in complicità col nonno, continuare a giocare per strada, vedere dalla finestra la sua compagna di classe anche se lei è cattolica e lui protestante.( Un tocco di politically correct ci sta sempre bene) Kenneth Branagh confeziona in maniera impeccabile il suo nostalgico amarcod ( Il regista è nato a Belfast nel 1960 quindi nel 1960 aveva 9 anni come Buddy, il piccolo protagonista della storia) La fedeltà all'incanto che nella infanzia potevano dare il cinema e il teatro, la colonna sonora che riporta e ci trascina in quegli anni non facili eppure carichi di cose da fare e da vedere, e la bella nitidezza da fotogramma che il bianco e nero ci offre, concorrono per essere un sentito e vissuto atto d'amore, anche verso la terra in cui alcuni restano e altri lasciano. il rischio è che l'emozione alla fine risulta raggelata da tutte questa studiata estetica-estatica rappresentazione di una stagione vissuta in maniera incantata. Un film col carisma per piacere al grande pubblico, grazie anche alla maniera con cui il fanciullo gioca il suo ruolo, e pronto a imporsi nel rito delle premiazioni ufficiali, per le sue indubbie qualità visive e quel benefico abbandono alla nostalgia giovanile, così presente in tanti film oggi di successo. (antonio miredi)
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giovanni_b_southern
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martedì 22 marzo 2022
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bello
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LA GUERRA VISTA CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO. BELLISSIMO FILM
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luca scialo
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domenica 20 marzo 2022
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gli orrori della guerra civile irlandese visti dagli occhi di un bambino
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Buddy è un bambino che vive col fratello maggiore, i genitori e i nonni in un quartiere di Belfast, dove sono concentrate molte famiglie protestanti. Siamo negli anni '60, periodo di contrasti tra le due fazioni religiose, fomentate dal Regno Unito che voleva prevaricare sull'Isola di smeraldo. Arrivando a creare una separazione tra Irlanda del Nord e Irlanda ancora esistente. La madre si sforza di tenere i figli lontano dai rivoltosi, mentre il padre lavora a Londra e torna solo ogni 2 settimane. I nonni, invece, conservano quella ironia e quella saggezza che proteggono Buddy nelle difficoltà del quotidiano. Un giorno però arriva una proposta che non avrebbe mai voluto sentire proporsi: emigrare a Londra insieme a tutta la famiglia e lasciare quella amata, quanto complicata, Belfast.
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Buddy è un bambino che vive col fratello maggiore, i genitori e i nonni in un quartiere di Belfast, dove sono concentrate molte famiglie protestanti. Siamo negli anni '60, periodo di contrasti tra le due fazioni religiose, fomentate dal Regno Unito che voleva prevaricare sull'Isola di smeraldo. Arrivando a creare una separazione tra Irlanda del Nord e Irlanda ancora esistente. La madre si sforza di tenere i figli lontano dai rivoltosi, mentre il padre lavora a Londra e torna solo ogni 2 settimane. I nonni, invece, conservano quella ironia e quella saggezza che proteggono Buddy nelle difficoltà del quotidiano. Un giorno però arriva una proposta che non avrebbe mai voluto sentire proporsi: emigrare a Londra insieme a tutta la famiglia e lasciare quella amata, quanto complicata, Belfast. Dove lascerebbe i sogni di arrivare sulla Luna e sposare la compagna di classe. Uscito proprio mentre l'Europa è sconvolta da una guerra, quella in Ucraina, il film è una ulteriore testimonianza di come un conflitto possa stravolgere la vita quotidiana delle persone. Le loro abitudini, i loro sogni, i loro piccoli gesti ripetuti. Il tutto, dal punto di vista di un innocente come è un bambino, impreziosito dalla scelta del bianco e nero che non lascia spazio a falsità ed artefatti. Film semi-autobiografico del regista Kenneth Branagh, che narra la Belfast vista da bambino. Primo film di una certa qualità e pretesa. Tutto sommato riuscito negli intenti. Qualche scena ad affetto giusto laddove serve, dramma spezzato da momenti ironici ed onirici. Il bianco e nero rende tutto più toccante e realistico. Una prova di maggiore maturità anche per i genitori di Buddy, Jamie Dornan che è riuscito a togliersi di dosso i panni di Mr Gray e Kenneth Branagh, qui nei panni della madre saggia e protettrice. Sempre superlativa Judi Dench, nel ruolo della nonna saggia, le cui rughe sono esaltate dal bianco e nero ed enfatizzano il ruolo che è chiamata ad interpretare.
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fabiofeli
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sabato 19 marzo 2022
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se non fai il bravo, fai attenzione
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Le immagini a colori della capitale nordirlandese aprono il film e subito trascolorano nel bianco e nero di una stradina dove camminano persone o fanno capannello e giocano i bambini in attesa della cena. Buddy (Jude Hill) è uno di questi e lotta con un drago immaginario, quando la madre sulla porta del numero 96 (!) della stradina lo chiama. Tutto normalissimo in quel quartiere: persone di simili, ma con diversi credo religiosi (cattolici e protestanti), vivono mescolati nella città, in armonia per lo più, e con antipatie casuali. Buddy, di famiglia protestante, è innamorato di una bambina, una dolce compagna di scuola, cattolica e bravissima nei compiti in classe.
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Le immagini a colori della capitale nordirlandese aprono il film e subito trascolorano nel bianco e nero di una stradina dove camminano persone o fanno capannello e giocano i bambini in attesa della cena. Buddy (Jude Hill) è uno di questi e lotta con un drago immaginario, quando la madre sulla porta del numero 96 (!) della stradina lo chiama. Tutto normalissimo in quel quartiere: persone di simili, ma con diversi credo religiosi (cattolici e protestanti), vivono mescolati nella città, in armonia per lo più, e con antipatie casuali. Buddy, di famiglia protestante, è innamorato di una bambina, una dolce compagna di scuola, cattolica e bravissima nei compiti in classe. Ma subisce anche le scelte di una ragazzina più grande che fa parte di una compagnia “segreta”, e che riesce perfino a coinvolgerlo nel taccheggio in un negozietto di un immigrato dell'India. Il padre e la madre di Buddy sono protestanti, con una visione molto laica della religione e della vita: il padre è fuori casa tutta la settimana, perché è carpentiere in Inghilterra con uno stipendio di povertà e vorrebbe portare con sé l'intera famiglia. Poi piomba su tutti la tremenda settimana di ferragosto 1969 … Branagh ha usato i suoi personali ricordi per confezionare questo film, un gioiellino quasi tutto in bellissimo bianco e nero, con solo gli squarci di colore dei momenti felici. Fioccano nella tv delle casa le citazioni di L'uomo che uccise Liberty Valance con John Wayne e di Mezzogiorno di fuoco con Gary Cooper e Grace Kelly (ovviamente in B/N), ma anche della favola a colori Chitty Chitty Bang Bang. Quasi una voce narrante sono le canzoni interpretate dal grandissimo Van Morrison, una stella del nostro firmamento canoro dal giorno dell'ascolto di Have I told you lately that I love you. Indovinati e mai scontati l'umorismo e l'aperta comicità che stemperano il dramma della tragedia nordirlandese: ad esempio l'angoscia di Buddy che non ricorda più quale strada prendere al bivio tra perdizione e salvezza descritte dalla predica di un prete in modo truculento. La recitazione del cast, nel quale spiccano il bimbo, il “cattivo” (il capo dei protestanti “duri”), la grande Judy Dench e Claran Hinds nelle parti dei nonni, ma tutti fanno la loro parte, è segno di una grande regia. Molti premi Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura, montaggio, fotografia, recitazione …) sono nel mirino di questa opera da non mancare. Valutazione **** FabioFeli
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