lizzy
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domenica 2 agosto 2020
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bassa fedeltà
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Onestamente?
Non mi è piaciuto.
Un filmaccio.
Gli attori tutti molto sotto la media, specialmente lo Scamarcio che, tanto per citare il Ghini di "Tutta la vita davanti", sembrava molto bolso. "Bolso Yoghi"!
La Chiatti starnazza troppo tipo una gallina in acido, la Cervi ci ha fatto dimenticare le belle imprese di Artemisia e Teresa, lo stesso Mastrandrea, appena passabile nello spezzone dei "buchi", sembra pure annoiato dalla marchetta fatta.
Capisco che nel cinema tutti noi cerchiamo una certa "irrealtà" e io, specialmente, adoro un certo "nonsense", ma qua ci sono episodi, tipo il venditore della convention, che rasentano la pura stupidità (ma non del protagonista delle scene, di chi le ha scritte e dirette).
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Onestamente?
Non mi è piaciuto.
Un filmaccio.
Gli attori tutti molto sotto la media, specialmente lo Scamarcio che, tanto per citare il Ghini di "Tutta la vita davanti", sembrava molto bolso. "Bolso Yoghi"!
La Chiatti starnazza troppo tipo una gallina in acido, la Cervi ci ha fatto dimenticare le belle imprese di Artemisia e Teresa, lo stesso Mastrandrea, appena passabile nello spezzone dei "buchi", sembra pure annoiato dalla marchetta fatta.
Capisco che nel cinema tutti noi cerchiamo una certa "irrealtà" e io, specialmente, adoro un certo "nonsense", ma qua ci sono episodi, tipo il venditore della convention, che rasentano la pura stupidità (ma non del protagonista delle scene, di chi le ha scritte e dirette).
E' verissimo che ci sono maschi che per un avventuretta son capaci di tutto, ma questo è veramente fuori dal mondo e non fa ridere, manco a pagamento (lui a noi).
Nemmeno fanno pensare le varie storielle, in specialmodo quella finale, veramente becera e oltre ogni possibilità di critica.
L' unico episodio che forse poteva dare qualcosa è quello dei "buchi" di Mastrandrea, ma quella moglie, stranamente accondiscendente di fronte tanta meschinità, e pure in diretta competizione con la "signorina" dei glory holes è credibile come il parmesan venduto negli States o come gli spaghetti che puoi trovare cucinati in una trattoria rumena.
Un opera veramente pessima, come pessime sono le recitazioni e le situazioni.
Se questo è cinema... meglio passare all' ippica.
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jonnylogan
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lunedì 10 agosto 2020
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cosa sarà l''infedeltà?
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Cinque storie di infedeltà coniugale, o di rapporti di coppia molto particolari, sono trattate partendo dall’omonimo film francese diretto da sette registi e dal quale sono ricalcate due delle brevi narrazioni portate in pista da Stefano Mordini per Netflix. Regista originariamente indipendente e autore per il grande schermo di lavori dal tono cupo ai limiti del noir, capace di aggiungere alla pellicola ancora una volta proprio un tono frutto di derive in giallo e di vita vissuta ai limiti e non certo comuni alla quotidianità di ognuno di noi.
Ad alternarsi nei ruoli di amanti, di mariti e, all’occorrenza, d’infedeli, un attore feticcio del cinema del regista toscano: Riccardo Scamarcio, che per la terza volta è impiegato come protagonista dal regista originario di Marradi dopo le evoluzioni in Pericle il Nero (2016) e Il testimone Invisibile (2018), e Valerio Mastandrea già in coppia con lo stesso Scamarcio in occasione della terza pellicola diretta da Valeria Golino – Euforia - e che ha molto sponsorizzato una nuova uscita di coppia con un sodale che in maniera molto inattesa ne ha saputo esaltare le capacità recitative e con il quale si era trovato molto bene in scena.
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Cinque storie di infedeltà coniugale, o di rapporti di coppia molto particolari, sono trattate partendo dall’omonimo film francese diretto da sette registi e dal quale sono ricalcate due delle brevi narrazioni portate in pista da Stefano Mordini per Netflix. Regista originariamente indipendente e autore per il grande schermo di lavori dal tono cupo ai limiti del noir, capace di aggiungere alla pellicola ancora una volta proprio un tono frutto di derive in giallo e di vita vissuta ai limiti e non certo comuni alla quotidianità di ognuno di noi.
Ad alternarsi nei ruoli di amanti, di mariti e, all’occorrenza, d’infedeli, un attore feticcio del cinema del regista toscano: Riccardo Scamarcio, che per la terza volta è impiegato come protagonista dal regista originario di Marradi dopo le evoluzioni in Pericle il Nero (2016) e Il testimone Invisibile (2018), e Valerio Mastandrea già in coppia con lo stesso Scamarcio in occasione della terza pellicola diretta da Valeria Golino – Euforia - e che ha molto sponsorizzato una nuova uscita di coppia con un sodale che in maniera molto inattesa ne ha saputo esaltare le capacità recitative e con il quale si era trovato molto bene in scena. Ai due attori s’aggiungono di volta in volta Valentina Cervi, il caratterista e attore di teatro Massimiliano Gallo e Laura Chiatti, in un rimando continuo al cinema d’autore, perché va sottolineato come tutti siano stati capaci di contribuire alla perfezione alla riuscita in termini interpretativi della pellicola. A film ultimato però il risultato finale risulta essere una serie di narrazioni che non vogliono assolutamente psicoanalizzare il mondo coniugale e dei rapporti difficoltosi in seno alle coppie di oggi, ma semplicemente raccontare altrettante storie in maniera fine a sé stessa con finali a sorpresa più debitori a ‘The Twilight Zone’ che al film del 2012. Attendiamo quindi Morandini in nuove uscite sul grande schermo o sul mondo dei documentari senza attenderci nuovi remake che potrebbero rovinare quel che di buono già in precedenza ha saputo produrre.
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felicity
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lunedì 30 agosto 2021
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storie di alberghi e scuse pietose
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Gli infedeli è un film a episodi che demolisce il mito dello sciupafemmine. Ispirato all'omonima commedia francese, il film a episodi con Scamarcio e Mastandrea dovrebbe ricordarci il cinema classico ma fallisce da subito e si butta sul macchiettismo.
È incredibile che il cinema italiano debba riprendere un suo classico (i film ad episodi) attraverso un passaggio francese. Gli infedeli è infatti il remake di Gli infedeli, film francese del 2012. Quel film era a sua volta è pesantemente e dichiaratamente ispirato a I mostri di Dino Risi. Così succede che la versione italiana di un film, ispirato a un classico del nostro cinema, riprenda molti episodi francesi e dimentichi totalmente di fare il lavoro del cinema italiano, cioè attaccare i “tipi”, abbozzare veri mostri e creare situazioni concrete da far scivolare in farsa per raccontare noi attraverso casi comici.
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Gli infedeli è un film a episodi che demolisce il mito dello sciupafemmine. Ispirato all'omonima commedia francese, il film a episodi con Scamarcio e Mastandrea dovrebbe ricordarci il cinema classico ma fallisce da subito e si butta sul macchiettismo.
È incredibile che il cinema italiano debba riprendere un suo classico (i film ad episodi) attraverso un passaggio francese. Gli infedeli è infatti il remake di Gli infedeli, film francese del 2012. Quel film era a sua volta è pesantemente e dichiaratamente ispirato a I mostri di Dino Risi. Così succede che la versione italiana di un film, ispirato a un classico del nostro cinema, riprenda molti episodi francesi e dimentichi totalmente di fare il lavoro del cinema italiano, cioè attaccare i “tipi”, abbozzare veri mostri e creare situazioni concrete da far scivolare in farsa per raccontare noi attraverso casi comici.
Con un minimo make-up di episodio in episodio Mastandrea e Scamarcio diventano mariti squallidi che cercano squallide relazioni in hotel durante un viaggio di lavoro, grigi direttori di banca pelati che cercano soddisfazioni sessuali attraverso dei glory hole, mariti che confessano adulteri ma soffrono quando la moglie fa altrettanto e infine geni della truffa ai danni della moglie.
In ogni singolo episodio di Gli infedeli il mondo ritratto suona distante dalla storia, i personaggi non sono mai parte di una società né ne sembrano specchio, sono scollati, soli e autonomi. Invece che essere mostri ordinari sono fenomeni da baraccone straordinari.
E forse in questa direzione è andata la scelta dell’adattamento, perché non tutti gli episodi del film francese sono stati replicati e alcuni sono stati scritti ex novo senza che se ne senta troppa la differenza. L’obiettivo del film, come quello del suo originale, è di demistificare il machismo, rappresentare la mostruosità degli uomini affamati di donne, la piccineria del desiderio maschile extraconiugale unita alla vigliaccheria e al narcisismo dei donnaioli. È un grande atto di autoaccusa di uomini che parlano di uomini a consumo di un pubblico prevalentemente femminile, in cui ogni mitologia maschile, dalla conquista fino al sesso estemporaneo, viene rivista verso il basso. Solo il grande inganno, la capacità di mentire ad oltranza e convincere, sembra mantenere inalterato il suo fascino.
Che per un film simile si siano scelti Riccardo Scamarcio e Massimiliano Gallo non stupisce, meno prevedibile invece era quella di Valerio Mastandrea, che ha appiccicato a sé un altro personaggio e fatica nella rappresentazione del desiderio maschile (gli toccano gli episodi più piccini e le figure più misere) ma soprattutto non è attore incline a trasformismi, anzi la sua grande forza viene proprio dall’opposto. Forse anche per questo suonano più interessanti e, almeno sulla carta, attraenti gli episodi con Scamarcio. Nel film francese infatti tutto si reggeva sul fatto che Lellouche e Dujardin hanno la fisicità, l’immagine e il curriculum professionale che aderisce molto all’idea machista dell’uomo piacente. Sono loro in prima battuta a rivedere verso il basso la propria mitologia. Così quando Scamarcio lavora in accordo con l’immagine costruita su di lui dai film, quella del conquistatore, è non solo convincente ma anche simbolo di qualcosa che riconosciamo e ha un senso abbattere (anche se non è che poi il film lo faccia davvero). Al contrario quando lavora in antitesi, quando si imbruttisce e diventa misero, riesce lo stesso ad avere qualità intriganti perché ci sorprende.
Tutto questo però non evita che questa versione italiana di un mini-trattato sulle miserie del maschio (non moderno, ma eterno) e sulla limitatezza del suo desiderio siano non solo poco convincenti ma soprattutto scarsamente divertenti, cosa che invece dovrebbe essere l’obiettivo primario. Il massimo che Gli infedeli raggiunge è di stupire a livello metalinguistico, per la casella in cui viene inserito Scamarcio, ma mai di far ridere davvero, mai di creare situazioni che suscitino attraverso il ribaltamento comico o anche solo gli intrecci di commedia, una risata o un guizzo arguto. Il film proprio non lo cerca, macera o nel noto (gli episodi più classici in cui il tradimento è scoperto o nascosto o ribaltato) oppure nella macchietta in maschera oppure ancora in una mestizia che non è chiaro di cosa ci parli davvero.
Quale dovrebbe essere il senso di un film ad episodi, uno che affianca personaggi, situazioni e eventi tutti diversi tra loro, se non quello di rappresentare un pezzo di società attraverso un campionario ampio ma una lente unica? E quale sarebbe questa lente in Gli infedeli? Perché dei rapporti di coppia moderni non c’è traccia, del desiderio contemporaneo non c’è traccia, del presente della nostra società non c’è nessuna traccia né ancora è possibile vedere il film e pensare a qualcosa che non siano le solite dinamiche eterne, buone per film di qualsiasi epoca e latitudine, quelle su cui si regge la commedia viennese, storie di alberghi e scuse pietose. Ma del resto, va ammesso, anche l’originale francese era un film dimenticabile.
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