geox
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martedì 12 febbraio 2019
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pizza all'anans
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Mi sono avvicinato a questo film senza avere un idea ben precisa su cosa fosse. I primi 20 minuti hanno avuto un impatto positivo, con attori di calibro, ma dopo non riesce a portare avanti. E la prima critica riguarda proprio i perssobagi, as esempio, il perssonaggio interpretato da Malkovich benché molto piacevole, non ha nessun impatto sulla trama, e se non ci fosse non penso si vedrebbe la differenza, e purtroppo vale per molti altri del cast. Ma andiamo avanti, l'idea alla base del film, di criticare il crudele mondo dell'arte moderna attraverso un mostro "vero", il concetto è molto interessante, ma l'esecuzione non è stata all'altezza, la trama presenta molte, troppe lacune, con alcuni eventi della pellicola che capitano a caso, e si fattica a notare bene il filo che gli lega.
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Mi sono avvicinato a questo film senza avere un idea ben precisa su cosa fosse. I primi 20 minuti hanno avuto un impatto positivo, con attori di calibro, ma dopo non riesce a portare avanti. E la prima critica riguarda proprio i perssobagi, as esempio, il perssonaggio interpretato da Malkovich benché molto piacevole, non ha nessun impatto sulla trama, e se non ci fosse non penso si vedrebbe la differenza, e purtroppo vale per molti altri del cast. Ma andiamo avanti, l'idea alla base del film, di criticare il crudele mondo dell'arte moderna attraverso un mostro "vero", il concetto è molto interessante, ma l'esecuzione non è stata all'altezza, la trama presenta molte, troppe lacune, con alcuni eventi della pellicola che capitano a caso, e si fattica a notare bene il filo che gli lega. tutto il film si perde in queste scene sui singoli perssonagi, che non sempre sono ben legati tra di loro, i quali compaiono in poche scene per morire subito dopo. Il finale del film purtroppo non aiuta per niente, in quanto non risolve alcun nodo del film e non ci da nessun risposta, anzi assistiamo solo ad altre scene a ca so. Quindi il film voleva essere una critica del mondo dell'arte in chiave "horror" e comica (che ho faticato a trovare). Un idea interessante ma il risultato al quanto scarso, un po' come la pizza all'ananas. Il film manca di tenerci incollati allo schermo, trama molto lacunoso che lascia molte cose alla nostra interpretazione (e non in maniera postivia). Quindi si ha un a crtica che si basa più che altro sui cliché senza aggiungere niente di degno, e anche l'idea del "mostro" è sfruttata male. Qualche aspetto positivo c'è, un ottino cast, e ogni attore comunque prova a dare del suo meglio ma le singole interprettazioni si perdono nel quandro genrale, mentre sull'aspetto tecnico niente da ridire. Il voto finale 2 su 5.
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gianleo67
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venerdì 20 dicembre 2019
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the los angeles buzzsaw massacre
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Un critico d'arte, una gallerista e la segretaria di quest'ultima sono coinvolti nella tardiva riabilitazione di un anziano e misconosciuto pittore morto in solitudine. Lo sfruttamento commerciale postumo delle opere del defunto però, contravviene espressamente alle sue ultime volontà testamentarie, scatenando una serie infausta di eventi da cui i tre protagonisti saranno inevitabilmente travolti. Terzo film da regista per lo sceneggiatore e figlio d'arte (padre scrittore e madre scultrice) Dan Gilroy, anche questo incentrato sulla perdita dell'innocenza ed il tradimento di una ideale missione professionale (la cronaca nera, l'avvocatura pro bono, le arti figurative) sullo sfondo di una altmaniana Los Angeles di 'protagonisti' (per sua stessa ammissione) coinvolti negli intrighi faustiani di una dilagante mercificazione dello spirito.
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Un critico d'arte, una gallerista e la segretaria di quest'ultima sono coinvolti nella tardiva riabilitazione di un anziano e misconosciuto pittore morto in solitudine. Lo sfruttamento commerciale postumo delle opere del defunto però, contravviene espressamente alle sue ultime volontà testamentarie, scatenando una serie infausta di eventi da cui i tre protagonisti saranno inevitabilmente travolti. Terzo film da regista per lo sceneggiatore e figlio d'arte (padre scrittore e madre scultrice) Dan Gilroy, anche questo incentrato sulla perdita dell'innocenza ed il tradimento di una ideale missione professionale (la cronaca nera, l'avvocatura pro bono, le arti figurative) sullo sfondo di una altmaniana Los Angeles di 'protagonisti' (per sua stessa ammissione) coinvolti negli intrighi faustiani di una dilagante mercificazione dello spirito. Se anche qui la partitura del racconto sembra mettere in rapporto committenti ed esecutori materiali quali convitati di pietra di una produzione culturale che trova il suo senso nel mercato e nelle sue spietate leggi economiche, il focus finisce per concentrarsi proprio su una classe (inter)media di sensali e intermediari vari; una galleria umana di profittatori che sfruttano l'arbitrio morale della propria posizione di potere per esercitare i loro inestricabili traffici di influenze ed indirizzare il gusto (macabro) e la domanda (fatua) del loro target di riferimento; siano essi spettatori attratti dal sensazionalismo morboso della cronaca nera, burattinai di un sistema legale corrotto e corruttore o facoltosi investitori pronti a sfruttare i vantaggi fiscali di un bene mobile altamente flessibile e remunerativo. Nello squadernare in modo disorganico le vicende grottesche di questa satira feroce sulla vacuità delle virtù estetiche dell'arte contemporanea (il gallerista che si ferma ad ammirare i veri sacchi della mondezza nello studio del pittore Malcovich di cui avrebbe dovuto valutare invece l'ultima tela), l'impercettibile scivolamente verso i territori altrettanto illusori del thriller fantasmatico si concretizzano nel più classico dei contrappassi, laddove ciascuno dei protagonisti soccombe per mano dell'oggetto d'arte (yokai direbbero i giapponesi) che aveva inopinatamente dileggiato o rinnegato, tutti comunque vittime di una trasgressione alla sacra divinità di un'arte della rappresentazione che trova nella purezza di un sentimento indicibile (la follia di un ideale estetico irrazionale e di una sotterranea avversione familiare alla André Bloch) il suo solo fondamento e come tale destinato a scomparire insieme al suo enigmatico creatore lasciando dietro di sè una lunga lunga scia di sangue. Scelta azzeccata di un casting che richiama nomi cari a Gilroy quali Jake Gyllenhaal e Renè Russo, moglie del regista; come altri che seguono una corente logica da physique du role: Toni Collette (vittima sacrificale di horror sanguinari) , Zawe Ashton (ambigua seduttrice dalla pelle d'ebano), Natalia Dyer (la segretaria portacaffè di Stranger Things) e John Malcovich (artista stralunato in cerca di ispirazione sulla sabbia di Malibù che rifà il verso a se stesso); tale è pure la scelta dei nomi dei personaggi (di cui l'autore confessa di fare da sempre 'collezione') con la di chiarata intenzione di evocare attraverso gli eventi di finzione una verosimile epica di un immaginario noir metropolitano su cui batte perennemente il sole.
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dandy
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lunedì 1 marzo 2021
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l''arte di ammazzare....
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Discreto ritratto a tinte horror-satiriche del mondo dell'arte moderna cinico e materialista,popolato di persone opportuniste e impietose.Le sequenze di morte sono fantasiose e i personaggi sono figure tragicamente squallide,perse nel caos del loro stesso ambiente(ad eccezione della povera segretaria Coco,destinata a incassare e dover tornarsene da dove è venuta) e totalmente incapaci di percepire realmente quell'arte di cui trattano nel quotidiano.La sceneggiatura ha qualche punto debole,ma la cattiveria viene portata fino in fondo e non sono esclusi momenti di humour macabro(la morte di Gretcen che passa inosservata perchè il cadavere viene scambiato per parte dell'opera che l'ha uccisa,Morf che si ritrova vittima di allucinazioni uditive ed ascolta le sue stesse stroncature,l'ultima fantasiosa uccisione).
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Discreto ritratto a tinte horror-satiriche del mondo dell'arte moderna cinico e materialista,popolato di persone opportuniste e impietose.Le sequenze di morte sono fantasiose e i personaggi sono figure tragicamente squallide,perse nel caos del loro stesso ambiente(ad eccezione della povera segretaria Coco,destinata a incassare e dover tornarsene da dove è venuta) e totalmente incapaci di percepire realmente quell'arte di cui trattano nel quotidiano.La sceneggiatura ha qualche punto debole,ma la cattiveria viene portata fino in fondo e non sono esclusi momenti di humour macabro(la morte di Gretcen che passa inosservata perchè il cadavere viene scambiato per parte dell'opera che l'ha uccisa,Morf che si ritrova vittima di allucinazioni uditive ed ascolta le sue stesse stroncature,l'ultima fantasiosa uccisione).Beffardo il finale col barbone.Ottimi gli attori nella loro sgradevolezza,a cominciare da un occhialuto Gyllenhaal perfettamente in parte(al secondo film col regista dopo "Nightcrawler"),perenne espressione affettata e atteggiamento tronfio.Il titolo fa riferimento alla band di cui faceva parte Rhodora e al tatuaggio che porta sulla nuca....per sua sfortuna.
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