aled
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domenica 22 settembre 2024
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questo film va visto per marinelli
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Di quest'opera ad impedire allo spettatore di staccare gli occhi dallo schermo non è tanto la biografia in sé, che già conosciamo, o la fotografia o i dialoghi ben riusciti, quanto piuttosto la presenza di Marinelli. Marinelli che si conferma il migliore attore italiano di questo tempo, Marinelli che si cala nel personaggio fino a farlo vivere nella sua carne, Marinelli che incanta con una capacità interpretativa impareggiabile (e naturalmente ciò viene anche dalla visione di tutti gli altri film di cui è protagonista). Ma tornando al Principe libero, va visto. Per ripercorrere e ripartecipare ancora alla vita tormentata di uno dei poeti del Novecento italiano, per assaporare quegli anni, quella società contraddittoria e quell'angolo di Italia così presente al tempo, per farsi trasportare da interpretazioni di alto livello in un cinema biografico e cronologico, quindi comunque rassicurante e scorrevole.
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Di quest'opera ad impedire allo spettatore di staccare gli occhi dallo schermo non è tanto la biografia in sé, che già conosciamo, o la fotografia o i dialoghi ben riusciti, quanto piuttosto la presenza di Marinelli. Marinelli che si conferma il migliore attore italiano di questo tempo, Marinelli che si cala nel personaggio fino a farlo vivere nella sua carne, Marinelli che incanta con una capacità interpretativa impareggiabile (e naturalmente ciò viene anche dalla visione di tutti gli altri film di cui è protagonista). Ma tornando al Principe libero, va visto. Per ripercorrere e ripartecipare ancora alla vita tormentata di uno dei poeti del Novecento italiano, per assaporare quegli anni, quella società contraddittoria e quell'angolo di Italia così presente al tempo, per farsi trasportare da interpretazioni di alto livello in un cinema biografico e cronologico, quindi comunque rassicurante e scorrevole.
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solvsrf
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sabato 1 agosto 2020
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che storia.
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non possiamo dire che sia il migliore artcomposer del sound,
forse italiano ma non mondiale, però per la canzone del
nano... le strofe e le rime avere il cuore troppo
vicino la buco..., il debito pubblico che applaude, e avere il cuore, da testo, del
nano..., la storia della canzone per come comincia
e poi si evolve e forse possiamo dire che anche questo è un capolavoro
testo e sound, locale, cioè italiano, però non mondiale..., hey, che storia,
sembra quasi di vedere scalfaros ribelle sul palco alla
festa del partito democratico, ma chi li può capire quelle cose..., che mondo che storia,
nonostante ciò è di piacimento guardare qualcosa dalle note artistiche come il film.
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non possiamo dire che sia il migliore artcomposer del sound,
forse italiano ma non mondiale, però per la canzone del
nano... le strofe e le rime avere il cuore troppo
vicino la buco..., il debito pubblico che applaude, e avere il cuore, da testo, del
nano..., la storia della canzone per come comincia
e poi si evolve e forse possiamo dire che anche questo è un capolavoro
testo e sound, locale, cioè italiano, però non mondiale..., hey, che storia,
sembra quasi di vedere scalfaros ribelle sul palco alla
festa del partito democratico, ma chi li può capire quelle cose..., che mondo che storia,
nonostante ciò è di piacimento guardare qualcosa dalle note artistiche come il film.
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beppeclint
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giovedì 4 giugno 2020
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delusione film de andrè
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Concordo appieno con zurpuffa.Ad iniziare dal dialetto romanesco ( non se ne può più da anni...) vera ciliegina sulla "focaccia" genovese, per proseguire con una rappresentazione di un debosciato alcoolizzato e puttaniere.Del resto del personaggio solo qualche traccia qua e la. Spero che chi vuole conoscerlo davvero legga uno dei tanti libri su di lui, molto,molto meglio del film.
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great steven
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giovedì 21 marzo 2019
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un solco lungo il viso come una specie di sorriso!
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FABRIZIO DE ANDRé – PRINCIPE LIBERO (IT, 2018) diretto da LUCA FACCHINI. Interpretato da LUCA MARINELLI, VALENTINA BELLè, ELENA RADONICICH, DAVIDE IACOPINI, GIANLUCA GOBBI, ENNIO FANTASTICHINI, TOMMASO RAGNO, MATTEO MARTARI, ORIETTA NOTARI
Destinato alla prima serata di Rai 1 dopo il passaggio in sala, questo bio-pic rappresenta forse la rivoluzione tanto aspettata nel campo della fiction tv generalista. Film precedenti diversamente interessanti del calibro di Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu o Walter Chiari – Fino all’ultima risata paiono aver risentito di quella semplificazione narrativa ed estetica che da alcuni a questa parte, diciamo dalle ultime stagioni di Don Matteo in avanti, caratterizza i prodotti della rete ammiraglia fin quasi a costituirne il marchio di fabbrica.
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FABRIZIO DE ANDRé – PRINCIPE LIBERO (IT, 2018) diretto da LUCA FACCHINI. Interpretato da LUCA MARINELLI, VALENTINA BELLè, ELENA RADONICICH, DAVIDE IACOPINI, GIANLUCA GOBBI, ENNIO FANTASTICHINI, TOMMASO RAGNO, MATTEO MARTARI, ORIETTA NOTARI
Destinato alla prima serata di Rai 1 dopo il passaggio in sala, questo bio-pic rappresenta forse la rivoluzione tanto aspettata nel campo della fiction tv generalista. Film precedenti diversamente interessanti del calibro di Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu o Walter Chiari – Fino all’ultima risata paiono aver risentito di quella semplificazione narrativa ed estetica che da alcuni a questa parte, diciamo dalle ultime stagioni di Don Matteo in avanti, caratterizza i prodotti della rete ammiraglia fin quasi a costituirne il marchio di fabbrica. Fabrizio De André – Principe libero è invece un’opera di un altro livello, probabilmente per merito di una produzione che arriva da lontano (la Bibi Film altri non è che Angelo Barbagallo, socio storico di Nanni Moretti), del coraggio di un puntare sull’ignoto Facchini, regista sconosciuto ai più che però dimostra una notevole abilità nella direzione del cast, e dell’ottimo copione scritto da due sceneggiatori/romanzieri come Giordano Meacci e Francesca Serafini che sanno elaborare, traendo spunto dai fatti reali, una vicenda oltremodo accattivante. Fabrizio De André (1940-1999), figlio di Giuseppe, direttore di giornali genovese benestante e impositivo e fratello minore di Mauro, futuro avvocato, cresce nella Genova bene degli anni ’50, sfuggendo spesso all’egida paterna pur di frequentare le prostitute nei sobborghi e non suonare il violino che suo padre pretende che impari. Le amicizie coltivate fin da giovanissimo col cantautore Luigi Tenco e l’attore teatrale Paolo Villaggio gli rimangono nel cuore e proseguono (quella con Villaggio; Tenco, come anche la storia rispecchia, muore suicida nel 1967 al Festival di Sanremo) sulla scia della reciproca stima, anche artistica. Nel 1962 conosce Enrica Rignon, soprannominata Puny, e la sposa: dal matrimonio nasce il primogenito Cristiano. Fabrizio comincia già a incidere con scarso successo di pubblico le prime canzoni, nonostante la sua intenzione fosse quella di limitarsi a cantarle per le combriccole di amici, ma i discografici credono nel suo talento e, quando Mina interpreta in televisione La canzone di Marinella, le porte per la musica nazionale gli si aprono definitivamente. In breve il nostro diventa un cantautore affermato molto apprezzato dalla critica per il significato dei brani e la grande cura riservata alla componente musicale. La sua timidezza gli impedisce, fino al 1975, di dare concerti, ma poi arriva la svolta alla Bussola di Viareggio, dove dà la sua primissima esibizione dal vivo. Nel frattempo giunge nella sua esistenza la cantante Dori Ghezzi, di cui Fabrizio s’innamora ricambiato e per lei divorzia dalla Puny. Nel 1979, comprata una tenuta a Tempio Pausania in Sardegna, dove marito e moglie si occupano di viti e cavalli, i due coniugi vengono rapiti dall’anonima sequestri e tenuti prigionieri per quattro mesi, finché il padre Giuseppe non si decide a sborsare la cifra necessaria per la loro liberazione. Nel 1985, in punto di morte, costui chiede al figlio il sacrificio enorme di non ubriacarsi mai più coi superalcolici. Gli ultimi anni, purtroppo, vengono raccontati in modo imperdonabilmente frettoloso, senza nemmeno analizzare più a fondo il decisivo cambiamento stilistico avvenuto nel repertorio deandreiano a partire da Crêuza de mä, interamente cantato in lingua genovese. E la pellicola si conclude con un enigmatico finale in cui tutti i personaggi principali, De André compreso, siedono nelle poltrone di un teatro e poi lo schermo è occupato dall’immagine del Fabrizio De André vero che canta Bocca di Rosa alla chitarra. Ecco uno dei difetti della sua sceneggiatura. Gli altri sono rintracciabili nell’eccessiva importanza attribuita alla "cronaca rosa", che rivaluta troppo la rottura amorosa con la Puny e il successivo fidanzamento con Dori Ghezzi. Inoltre, un finale che avesse raffigurato la morte improvvisa di Faber dovuta ad un carcinoma al fegato, verificatasi l’11 gennaio 1999, avrebbe aggiunto un carico importante e sbalorditivo di pathos capace di dettare una chiusura davvero ragguardevole, benché pure l’andamento narrativo lasci a tratti a desiderare, in quanto la prima parte è di sicuro superiore alla seconda, per la maggior attenzione riservata alle difficoltà degli esordi, alla voce di Marinelli che canta con una verosimiglianza attendibile le immortali canzoni del genio italiano mai dimenticato e alla cura ambientale che ospita i vari episodi del suo iter con luoghi molto più che credibili. Nell’insieme, in sostanza, è dura non farsi coinvolgere dal percorso artistico e umano di un talento vivente che mai più nascerà in seno alla canzone d’autore nostrana. Sequenze intense e girate a meraviglia come Il pescatore, eseguita in concerto dal protagonista insieme alla Premiata Forneria Marconi, non credo possano lasciare indifferenti anche coloro che, per principio, non ascoltano Faber perché preferiscono altri generi. Stupiscono per giunta, in qualità di colonna sonora, Preghiera in gennaio inserita per sottolineare il dolore del protagonista quando viene a conoscenza della morte di Tenco e La domenica delle salme che parte non appena, vicino all’Hotel Supramonte, i rapitori malavitosi entrano in azione. L’idea dei quattro mesi di prigionia non funziona male come perno narrativo centrale, eppure occupa uno spazio tale da limitare aspetti contemporanei della vita di Fabrizio che avrebbero meritato d’esser ampliati e mostrati a mo’ di specificazione della sua maturazione nei confronti di persone e cose. Nel cast, ognuno dà il suo meglio, non soltanto Marinelli: brillano Bellè nelle vesti di Ghezzi e Fantastichini nel ruolo di Giuseppe De André, genitore severo ma in fondo soddisfatto della strada che il figlio intraprende, che si rivela nient’affatto avara di gratificazioni come egli temeva. Ma una rivelazione assai sorprendente è G. Gobbi nei panni di Paolo Villaggio (1932-2017), cui il film televisivo è dedicato: struggente! Ha ottenuto numerose candidature ai David di Donatello 2019.
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rossella
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domenica 13 gennaio 2019
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non ci siamo
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Sono cresciuta a pane e Faber grazie a mia madre e mio padre, lo ascolto da quando ero piccolina ; quando ho saputo che sarebbe uscito un film su di lui , inizialmente ne ero entusiasta e come tanti , ho voluto guardarlo al fine di conoscere ancora meglio uno dei più grandi artisti della musica del 900, il risultato peró é stato deludente ..
Se si potesse riassumere il film in 1 frase , sarebbe : " Fabrizio De André : ribelle da giovane , genio da adulto ", capite bene che , trattandosi di Faber , riassumere la sua vita in queste poche parole , sia alquanto riduttivo... Un' analisi dettagliata dell' uomo e dell artista era necessaria per capirlo fino in fondo, non c é stata purtroppo .
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Sono cresciuta a pane e Faber grazie a mia madre e mio padre, lo ascolto da quando ero piccolina ; quando ho saputo che sarebbe uscito un film su di lui , inizialmente ne ero entusiasta e come tanti , ho voluto guardarlo al fine di conoscere ancora meglio uno dei più grandi artisti della musica del 900, il risultato peró é stato deludente ..
Se si potesse riassumere il film in 1 frase , sarebbe : " Fabrizio De André : ribelle da giovane , genio da adulto ", capite bene che , trattandosi di Faber , riassumere la sua vita in queste poche parole , sia alquanto riduttivo... Un' analisi dettagliata dell' uomo e dell artista era necessaria per capirlo fino in fondo, non c é stata purtroppo ... Passiamo a Cristiano ( non Malgioglio, che nel film ha avuto a parer mio un ruolo quasi da personaggio primario pur non essendolo ) : come mai il primogenito del grande Faber , nonché grande polistrumentista che seguì spesso suo padre nei live , é stato trattato come un personaggio secondario?? Come può, il figlio del protagonista, avere così poco spazio nella fiction , visto e considerato che sul rapporto a volte traballante ma sempre molto intenso tra loro due , ci sarebbe tantissimo da dire ?? E ancora: perché altri personaggi significativi nella vita di Fabrizio vengono trattati velocemente? L unici che vengono abbastanza approfonditi sono Dori e Tenco , ma non basta ..
Passiamo ora all' attore che veste i panni di Faber : tralasciando il suo modo di cantare ( "Rimini" la stona in modo pazzesco ) , sembra subire quello che gli succede, senza reagire .. Ha poco carisma ed é una pecca , visto e considerato il ruolo che deve interpretare ... Conclusione : mi aspettavo molto ma molto di più...
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no_data
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mercoledì 21 marzo 2018
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uno stimolo per capire la vera biografia di de andrè
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ripensandoci , magari questo film di Facchini ha l'intenzione di smitizzare la figura di De Andrè come personaggio "diverso" : forse sono "diversi" i personaggi delle sue canzoni ma non detto che la poetica di De André rifletta la sua vita privata, che forse , almeno agli inizi era effettivamente quella di un giovane rampollo dell'alta borghesia di Genova che faceva esattamente tutto quello che i giovani della sua età facevano .C'era però stata la contestazione e moltissimo giovani vissero una vera rivoluzione di costume ,prima che politica , per cui sembrerebbe da questo film che in realtà la contestazione , a parte qualche picolo "temino" a scuola , De Andrè non l'abbia fatta , se non nei versi della sue canzoni Potrebbe quindi essere stato almeno prima della Sardegna, un gatto nero "finto" .
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ripensandoci , magari questo film di Facchini ha l'intenzione di smitizzare la figura di De Andrè come personaggio "diverso" : forse sono "diversi" i personaggi delle sue canzoni ma non detto che la poetica di De André rifletta la sua vita privata, che forse , almeno agli inizi era effettivamente quella di un giovane rampollo dell'alta borghesia di Genova che faceva esattamente tutto quello che i giovani della sua età facevano .C'era però stata la contestazione e moltissimo giovani vissero una vera rivoluzione di costume ,prima che politica , per cui sembrerebbe da questo film che in realtà la contestazione , a parte qualche picolo "temino" a scuola , De Andrè non l'abbia fatta , se non nei versi della sue canzoni Potrebbe quindi essere stato almeno prima della Sardegna, un gatto nero "finto" . Il fatto è che non abbiamo una sua autobiografia ...peccato .
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giuseppe.61
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giovedì 15 marzo 2018
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delusione
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Deludente e per nulla costruttivo.
De Andre' è un altra storia. ci hanno voluto far vedere il peggio dell'artista, ammesso che sia tutto vero
la questione sta nel fatto che Faber da fastidio al potere credetemi, non si può raccontare una storia di un anarchico
in prima serata.
leggeva moltissimo quattro, cinque ore al giorno, nello sceneggiato passa per un ubriacone
il vero fan di De Ande' ne esce deluso ed amareggiato, per il popolino va bene così
ho aspettato con ansia il film, ma sono profondamente deluso,
sarebbe stato meglio per onorare la sua memoria non farcelo vedere così
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onufrio
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martedì 27 febbraio 2018
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davvero lo nominai invano...
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Apprezzabile l'impegno e la dedizione degli attori, ma racchiudere De Andrè attraverso una fiction risulta limitato e banale. Non traspare la vera essenza del cantautore, nè dell'uomo. Costantemente col bicchiere in mano e con la sigaretta tra le dita, si dà più risalto ai vizi che alle virtù dell'artista genovese che tanto ha dato alla musica italiana e che non meritava una descrizione così superficiale e riduttiva, quasi sbrigativa.
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brata
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domenica 18 febbraio 2018
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principe libero
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Sono un fan di Fabrizio da quando compravo i suoi dischi di nascosto perchè a casa non si poteva ascoltare "quella roba la".
Il film racconta in maniera romanzata alcuni episodi della breve vita di Faber ma, a mio avviso, questo non è un male.
Come non è male che il filo conduttore di tutta la storia sia il sequestro. Ci si commuove, certo, ma si capisce anche quanto fosse profondo il legame tra lui e Dori.
Marinelli è stato bravo a dare una sua impronta al cantante e non a voler essere a tutti i costi simile a lui.
Un plauso a tutti gli attori che fanno da contorno alla storia.
Sono passati 19 anni da quel triste gennaio del 1999, ma ogni giorno Faber mi manca molto.
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Sono un fan di Fabrizio da quando compravo i suoi dischi di nascosto perchè a casa non si poteva ascoltare "quella roba la".
Il film racconta in maniera romanzata alcuni episodi della breve vita di Faber ma, a mio avviso, questo non è un male.
Come non è male che il filo conduttore di tutta la storia sia il sequestro. Ci si commuove, certo, ma si capisce anche quanto fosse profondo il legame tra lui e Dori.
Marinelli è stato bravo a dare una sua impronta al cantante e non a voler essere a tutti i costi simile a lui.
Un plauso a tutti gli attori che fanno da contorno alla storia.
Sono passati 19 anni da quel triste gennaio del 1999, ma ogni giorno Faber mi manca molto.
P.S. oggi è il 18 febbraio. Auguri Faber!
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zurpuffa
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sabato 17 febbraio 2018
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una soap opera
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Mi sono fatta forza e mi sono costretta a vedere qusto Biopic su Fabrizio De Andrè, da cui non mi aspettavo niente di buono; ciononostante il film è andato ben oltre le mie peggiori aspettative.
Sorvolo sulla prestazione di Luca Marinelli, ottimo attore da commedia, ma assolutamente fuori parte; sorvolo sul suo accento romanesco, se ne è già discusso abbastanza, dico solo che un buon professionista deve essere in grado di recitare in italiano, senza alcuna inflessione dialettale.
Il giovane Fabrizio è riduttivamente dipinto come un goliarda alcolizzato e puttaniere; non c'è traccia del suo rapporto con l'anarchia, della sua crescita professionale e umana.
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Mi sono fatta forza e mi sono costretta a vedere qusto Biopic su Fabrizio De Andrè, da cui non mi aspettavo niente di buono; ciononostante il film è andato ben oltre le mie peggiori aspettative.
Sorvolo sulla prestazione di Luca Marinelli, ottimo attore da commedia, ma assolutamente fuori parte; sorvolo sul suo accento romanesco, se ne è già discusso abbastanza, dico solo che un buon professionista deve essere in grado di recitare in italiano, senza alcuna inflessione dialettale.
Il giovane Fabrizio è riduttivamente dipinto come un goliarda alcolizzato e puttaniere; non c'è traccia del suo rapporto con l'anarchia, della sua crescita professionale e umana. Non c'è Genova, se si escludono le solite Boccadasse e Spianata Castelletto, non ci sono i suoi colori, le sue voci, i suoi odori, cosìi magistralmente desctitti in Creuza de Ma.
La seconda parte è se possibile, ancora peggio, noiosa, slegata, dominata del rapporto con Dori Ghezzi; importante, certo, non non esclusivo. Non un accenno alle collaborazioni con Reverberi e De Gregori, tanto per citarne due, nè a concept come Storia di un impiegato o Non al denaro, non all'amore nè al cielo.
Io con De Andrè sono cresciuta, l'ho conosciuto bambina con I Viaggi di Gulliver e con la Guerra di Piero, l'ho sentito in concerto, e ho chiuso con lo struggente funerale del Gennaio 1999. Ma che idea si saranno fatte di lui le nuove generazioni?
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