elgatoloco
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domenica 19 maggio 2019
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"wind river", film importante
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Non solo la questione dell'uccisione di ragazze di oirigine nativa americana(si diceva"pellerossa", ma anche"indiani", "indios"etc., tutte definizioni imprecise)ma anche quella della ghettizzazione di queste popolazioni nelle riserve site in zone montuose, freddissime,, dunque la sostanziale ghettizzazione-emarginazione sociale in questo"Wind River"(2018, Taylor Sheridan), con Jeremey Renner e Elizabeth Olsen, ma anche altri/e interpreti, tuttI/e veramente bravissimi(e), dove il film affronta finalmente, in modo non didascalico e non fastidiosamente"pedagogico"la questione irrisolta degli States o meglio di certi loro stati(qui siamo in Wyoming)nei quali la popolazione nativa americana è ridotta in condizioni miserevoli, sempre in preda a droga e alcol.
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Non solo la questione dell'uccisione di ragazze di oirigine nativa americana(si diceva"pellerossa", ma anche"indiani", "indios"etc., tutte definizioni imprecise)ma anche quella della ghettizzazione di queste popolazioni nelle riserve site in zone montuose, freddissime,, dunque la sostanziale ghettizzazione-emarginazione sociale in questo"Wind River"(2018, Taylor Sheridan), con Jeremey Renner e Elizabeth Olsen, ma anche altri/e interpreti, tuttI/e veramente bravissimi(e), dove il film affronta finalmente, in modo non didascalico e non fastidiosamente"pedagogico"la questione irrisolta degli States o meglio di certi loro stati(qui siamo in Wyoming)nei quali la popolazione nativa americana è ridotta in condizioni miserevoli, sempre in preda a droga e alcol. Da considerare, dunque, questo film, nel quale l'ambientazione anche affasciantne sul piano naturalistico contrasta duramente, "platealmente"con la condizione di vita degli abitanti e dove anche la vendetta che nel finale viene letteralmente"inflitta"al colpevole, certamente, del secondo omicidiofemminicidio perpetrato , ha indubbiamente un senso, pur se si inserisce nella cosiddetta"lex talionis"... La correlazione miseria-criminalità (che non p necessariamente un rapporto di causazione meccanica, però)viene qui esaminata e proposta non in maniera apodittica, ma quale riflessione che deriva da una condizione, ben esaminata e descritta. Senza particolari accorgimenti tecnici(salvo l'uso, peraltro sapiente e"prudente")dei flash-back, Sheridan ci dà uno spaccato in qualche modo atroce(viene da raffrontarlo con un'esperienza filmica ormai antica, quella del neorealismo italiano, ovviamente mutatis mutandis)che serve, cosa rara nella produzione filmica corrente, alla riflessione anche e soprattutto civile, sempre che si sia disposti a farla... El Gato
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sergiodalmaso
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martedì 27 novembre 2018
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la frontiera oscura dell'america
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“Pensò che la bellezza del mondo nascondeva un segreto, che il cuore del mondo batteva a un prezzo terribile, che la sofferenza e la bellezza del mondo crescevano di pari passo, ma in direzioni opposte, e che forse quella forbice vertiginosa esigeva il sangue di molta gente per la grazia di un semplice fiore.” Cormac McCarthy – Cavalli selvaggi
Stato del Wyoming, riserva indiana di Wind River. Montagne e foreste innevate, tanto maestose quanto impervie. Ammalianti paesaggi mozzafiato, ma ostili e inospitali.
Terra di frontiera per definizione, quasi il suo archetipo. Qui scorre il fiume Little Bighorn, dove i Sioux e i Cheyenne sconfissero la cavalleria del generale Custer nell’epica battaglia che lacerò irrimediabilmente il mito della conquista del West.
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“Pensò che la bellezza del mondo nascondeva un segreto, che il cuore del mondo batteva a un prezzo terribile, che la sofferenza e la bellezza del mondo crescevano di pari passo, ma in direzioni opposte, e che forse quella forbice vertiginosa esigeva il sangue di molta gente per la grazia di un semplice fiore.” Cormac McCarthy – Cavalli selvaggi
Stato del Wyoming, riserva indiana di Wind River. Montagne e foreste innevate, tanto maestose quanto impervie. Ammalianti paesaggi mozzafiato, ma ostili e inospitali.
Terra di frontiera per definizione, quasi il suo archetipo. Qui scorre il fiume Little Bighorn, dove i Sioux e i Cheyenne sconfissero la cavalleria del generale Custer nell’epica battaglia che lacerò irrimediabilmente il mito della conquista del West.Di epico non è rimasto nulla, men che meno di eroico.Quel che resta delle comunità sopravvive oggi in queste riserve, rassegnata, nel totale degrado, tra delinquenza, alcolismo e tossicodipendenza. La frontiera non divide più la “civilizzazione” dal “selvaggio west”, i bianchi dai pellerossa. La frontiera corrompe, avvilisce, soffoca la speranza di un popolo.
Nel Wind River vive Cory Lambert, cacciatore di lupi e di puma per conto degli allevatori della zona, si muove a suo agio nella riserva indiana perché ha sposato una nativa. E’ taciturno e solitario perché non ha mai superato il dolore straziante della perdita della figlia.
In una battuta di caccia trova il cadavere assiderato di una ragazza indiana, vittima di uno stupro, ammazzata come sua figlia di cui era amica. Trattandosi di indiani l’FBI manda un’agente giovane e inesperta, seppur tenace. Jane Banner non ha altra scelta che aggrapparsi a Cory, fidarsi del suo fiuto di predatore. Perché il Wind River non è terra da indagini poliziesche, i rappresentanti della legge non sono riconosciuti nella riserva. La caccia può iniziare.
I segreti di Wind River, magnifico esordio alla regia dello sceneggiatore Taylor Sheridan, spazia tra il thriller e il noir, ma la sua anima è quella di un western moderno, con le motoslitte al posto dei cavalli. Centrale, come in tutti i western, è il mito della frontiera. Non solo quella della natura selvaggia, c’è anche quella più intima, che oppone la legge giuridica a quella del più forte, la giustizia alla vendetta.
Come si diceva prima, però, manca completamente la componente epica, non ci sono eroi né vincitori.
Non c’è una catarsi finale, se non quella di una profonda pietà per un’umanità che non si arrende, che resiste malgrado tutto.
Il percorso introspettivo di Cory per convivere con il proprio dolore, tra cinismo e disillusione, tocca il cuore. Merito soprattutto di un bravissimo Jeremy Renner, perfetto nel ruolo di un tormentato anti-eroe.
La sceneggiatura, opera dello stesso regista, è ottimamente strutturata, sobria ed essenziale ma con riflessioni e dialoghi di grande spessore, come per esempio nell’incontro con il padre della vittima. Non ci sono sbavature nella regia di Sheridan. Alterna inquadrature dei dettagli a campi medi e lunghi con un montaggio perfetto, quasi armonico. Non meno importanti perla riuscita del brillante esordio del cineasta texano sono l’efficace fotografia di Ben Richardson - splendida la contrapposizione dell’abbagliante candore dei paesaggi al rosso del sangue delle vittime - e le malinconiche musiche di Nick Cave e Warren Ellis, in perfetta sintonia gli stati d’animo dei protagonisti.
I segreti di Wind River conclude la “trilogia della frontiera”, tre sceneggiature scritte da Sheridan per attualizzare e rovesciare il mito della frontiera americana. Mentre i primi due film, Sicario, ambientato al confine tra Stati Uniti e Messico, e Hell or High Water, girato nella “comancheria” del Texas occidentale, sono stati affidati ad altri registi (con ottimi risultati per entrambi), quest’ultimo ha voluto girarlo lui stesso. Teneva molto a raccontare questa storia, realmente accaduta, avendo abbracciato la causa dei nativi e vissuto per molto tempo in una riserva. Le drammatiche condizioni di vita nel Wind River non sono purtroppo un’eccezione tra le comunità indiane, come frequente è l’infame violenza sulle loro donne.
Affranti dal dolore, a Cory e all’amico Martin non resta che il ricordo delle figlie, due ragazze coraggiose, fiere delle loro origini pellerossa e senza la paura di oltrepassare quella frontiera di razzismo e discriminazione che ancora si annida nel cuore nero dell’America profonda.
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ennio
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lunedì 29 ottobre 2018
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bel thriller tra le riserve indiane sulle rockies
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Giallo ad alta intensità interpretativa, a cui la location nella riserva dei nativi conferisce un valore aggiunto. La componente paesaggistica è importante ma più ancora lo è quella ambientale e sociale. La durezza, la solitudine e la bellezza si fondono negli animi delle persone come nella natura. Una battuta su tutte, da parte dello sceriffo nativo: "se prendi la strada fai 80 km invece di farne 8, benvenuta in Wyoming".
Jeremy Renner è una vera rivelazione.
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felicity
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lunedì 15 ottobre 2018
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due avengers sulle nevi del wyoming
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Sono loro, certo, due degli Avengers (minori?), Occhio di Falco e Scarlet, che prima di buttarsi in Infinity War, combattono la loro battaglia di Vendicatori sulle nevi del Wyoming.
Il registro è diverso dai film degli Avengers, qui al contrario giocano i silenzi, le pause, la neve, i contrasti per una descrizione del dolore più devastante, quello della perdita di un figlio.
Il film è, a suo modo, perfetto.
Non è un thriller che si evolve in modo classico.
Di certo ve lo ricorderete a lungo.
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kyotrix
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sabato 22 settembre 2018
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thriller con stile
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rob8
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lunedì 27 agosto 2018
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ingredienti classici per un western moderno
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In una riserva indiana del Wyoming, una giovane nativa viene trovata morta nella neve. Un guardiacaccia, amico del padre della vittima, si incarica di trovare l’assassino aiutando le esigue forze di polizia.
Il pretesto poliziesco si dipana lentamente, adeguandosi ad un’ambientazione naturale spledida quanto, in tutti i sensi, agghiacciante. Il cacciatore solitario, di bianco vestito in sella alla sua motoslitta, è chiaramente un cowboy del nuovo millennio alla ricerca della sua frontiera: anch’egli ferito a morte dalla perdita, anni addietro, di una figlia adolescente.
Ingredienti classici, dunque, che ricordano molto alla larga il cinema dei Coen.
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In una riserva indiana del Wyoming, una giovane nativa viene trovata morta nella neve. Un guardiacaccia, amico del padre della vittima, si incarica di trovare l’assassino aiutando le esigue forze di polizia.
Il pretesto poliziesco si dipana lentamente, adeguandosi ad un’ambientazione naturale spledida quanto, in tutti i sensi, agghiacciante. Il cacciatore solitario, di bianco vestito in sella alla sua motoslitta, è chiaramente un cowboy del nuovo millennio alla ricerca della sua frontiera: anch’egli ferito a morte dalla perdita, anni addietro, di una figlia adolescente.
Ingredienti classici, dunque, che ricordano molto alla larga il cinema dei Coen. Un prodotto onesto e di pregevole impatto visivo, ma la cui morale di fondo – pur nella solidarietà con la comunità indiana – è ancora quella dell’uomo solo che deve fare infine giustizia con il suo cavallo (di ferro) e la sua carabina (tecnologica).
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sirenesoong
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venerdì 17 agosto 2018
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film già visto
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Un forte, cupo e bel cacciatore con una vita rovinata dall'assasinio della figlia, aiuterà una bella agente dell'FBI a scoprire i responsabili dell'omicidio di una giovane donna indiana (nativa americana). Tutto si conclude come ci si aspetta. Trama lineare e scontata.
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martedì 14 agosto 2018
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i segreti di wind river
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Bellissimo film.....x niente noioso.....attori molto bravi...
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umberto
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sabato 23 giugno 2018
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silenzi rumorosi.....
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Classico esempio di thriller calmo in cui i silenzi e i ritmi lenti fanno più rumore delle scene d'azione (ridotte al minimo) grazie anche alla straordinaria ambientazione Wyoming. Storia bella, ma abbastanza scontata, interpretata molto bene sia da Renner che dalla Olsen, in cui trattato molto bene il tema della convivenza tra bianchi e nativi americani.
Voto: 8
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passegua
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mercoledì 16 maggio 2018
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la noia delle sparatorie gratuite
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Una storia di una banalità sconcertante che culmina in un'inverosimile carneficina dove i grilletti facili iniziano a spararsi tra di loro. Si salva solo quello con il fucile più grosso e più lontano. Difficilissimo capire come questa mediocre pellicola possa essere stata premiata. Ancora più difficile decifrare i commenti e le recensioni di chi ha messo più di una stella. Assolutamente ridicola la scusa dello stupratore: "qui ci si annoia, senza donne e con troppa neve!". Ho perso tempo ad arrivare fino in fondo sperando in un guizzo finale che puntualmente non è arrivato.
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