cardclau
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sabato 19 maggio 2018
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andrea lattanzi salva tutti in corner
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I registi italiani, spesso anche se non sempre, scelgono delle storie molto impegnative, con risvolti psicologici complessi e molto articolati, ma poi. caratteristicamente (è forse questione del nostro DNA?) non sono in grado di portarle fino in fondo, arenandosi tra cicche fumate, telefonini accesi, relazioni umane, specie con l'altro sesso, enigmatiche, e silenzi tombali, decisamente inespressivi, verso i quali lo spettatore, in assenza di un messaggio chiaro del regista, è chiamato a metterci drammaticamente del suo. Il film Manuel di Dario Albertini, malgrado la dedica finale, a suo padre e sua madre (qualcosa di autobiografico?), comincia molto lentamente, in modo non convincente, tra non detti, e silenzi, e ovvietà semplicistiche di una casa famiglia di stampo cattolico.
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I registi italiani, spesso anche se non sempre, scelgono delle storie molto impegnative, con risvolti psicologici complessi e molto articolati, ma poi. caratteristicamente (è forse questione del nostro DNA?) non sono in grado di portarle fino in fondo, arenandosi tra cicche fumate, telefonini accesi, relazioni umane, specie con l'altro sesso, enigmatiche, e silenzi tombali, decisamente inespressivi, verso i quali lo spettatore, in assenza di un messaggio chiaro del regista, è chiamato a metterci drammaticamente del suo. Il film Manuel di Dario Albertini, malgrado la dedica finale, a suo padre e sua madre (qualcosa di autobiografico?), comincia molto lentamente, in modo non convincente, tra non detti, e silenzi, e ovvietà semplicistiche di una casa famiglia di stampo cattolico. Ci troviamo nella situazione, particolarmente impervia, della grave deprivazione. Il protagonista infatti, Manuel, è in piena adolescenza, non ha un padre, ha una madre che passa da una condanna in giudicato, ad un'altra, a cui lui dovrebbe badare, fare da padre, nei probabili, ma non certi, arresti domiciliari. Ma qui avviene il miracolo. Andrea Lattanzi (Manuel) non è uno qualsiasi: ha le espressioni interiori, e direi le fattezze fisiche, di uno stupefacente Pulcinella napoletano, con tanto d'occhi, melanconici, naso, un po' adunco, e mento, sporgente, senza assolutamente le rigidità inespressiva della maschera. Dario Albertini e Andrea Lattanzi quindi procedono in una sinergia indovinata, in cui uno ha bisogno dell'altro. Il film prende momento particolare quando Manuel aiuta un vecchio barbone col suo triciclo, o quando viene accolto dolcemente da una prostituta, povera come lui. Una considerazione: per quanto lo Stato abbia le sue buone regioni, che non si permetta più di portare una madre davanti a suo figlio, ammanettata.
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flyanto
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martedì 15 maggio 2018
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il ritratto di ungiovane anzitempo cresciuto
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"Manuel" , opera prima del regista Dario Albertini, è il nome del protagonista del film che ha compiuto appena diciotto anni e, divenuto ormai maggiorenne, deve lasciare l'istituto di accoglienza dove da anni risiede, essendo sua madre stata arrestata per detenzione di droga. Una volta lasciato questo luogo che ha rappresentato la sua unica famiglia e dove egli si è saputo costruire buoni rapporti con tutti, compagni, assistenti sociali ed il parroco della Chiesa che sostiene l'Istituto, Manuel deve affrontare una nuova vita piena di responsabilità più grandi di lui e, pertanto, non troppo confacenti alla sua giovane età. Il ragazzo, infatti, deve sistemare la casa parecchio in disordine e lasciata in tale stato dal momento in cui la Polizia ha fatto irruzione ed ha arrestato la madre, presentarsi per un nuovo lavoro presso un panificio, dove è stato segnalato dall'Istituto stesso, come apprendista fornaio ed ovviamente dare di sè una buona impressione perchè tale attività per lui costituisce l'unica fonte di reddito e di garanzia al fine di affrontare quello che sarà per lui l' onere più gravoso e difficile e, cioè, garantire per il futuro la condotta della madre agli arresti domiciliari.
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"Manuel" , opera prima del regista Dario Albertini, è il nome del protagonista del film che ha compiuto appena diciotto anni e, divenuto ormai maggiorenne, deve lasciare l'istituto di accoglienza dove da anni risiede, essendo sua madre stata arrestata per detenzione di droga. Una volta lasciato questo luogo che ha rappresentato la sua unica famiglia e dove egli si è saputo costruire buoni rapporti con tutti, compagni, assistenti sociali ed il parroco della Chiesa che sostiene l'Istituto, Manuel deve affrontare una nuova vita piena di responsabilità più grandi di lui e, pertanto, non troppo confacenti alla sua giovane età. Il ragazzo, infatti, deve sistemare la casa parecchio in disordine e lasciata in tale stato dal momento in cui la Polizia ha fatto irruzione ed ha arrestato la madre, presentarsi per un nuovo lavoro presso un panificio, dove è stato segnalato dall'Istituto stesso, come apprendista fornaio ed ovviamente dare di sè una buona impressione perchè tale attività per lui costituisce l'unica fonte di reddito e di garanzia al fine di affrontare quello che sarà per lui l' onere più gravoso e difficile e, cioè, garantire per il futuro la condotta della madre agli arresti domiciliari. Insomma, un futuro sicuramente pieno di speranza per il suddetto giovane ma certamente non facile e, in ogni caso, denso di responsabilità troppo pesanti da sostenere alla sua giovanissima età.
Dario Albertini segue Manuel in tutto il suo percorso dagli ultimi giorni dentro l' Istituto a quelli nel corso dei quali egli deve piano piano affrontare tutte le difficoltà e responsabilità della sua nuova esistenza e vi riesce molto efficacemente scandendo in maniera dettagliata, ma senza inutili lungaggini, le giornate del ragazzo e dei suoi incontri con ex amici od individui nuovi. Ciò che si percepisce immediatamente è il difficile e problematico ambiente da cui proviene Manuel che, come tanti ragazzi di periferia e provenienti da famiglie disastrate di cui essi non hanno assolutamente colpa, deve faticare maggiormente rispetto ai suoi coetanei più fortunati ed agiati al fine di costruirsi un'esistenza dignitosa nella società. Questa tematica viene presentata da Albertini in maniera toccante e profonda ed il ritratto che si evince del ragazzo, peraltro ottimamente interpretato dal giovane esordiente Andrea Lattanzi, risulta quanto mai realistico, affatto edulcorato ma molto commovente: insomma, un racconto di vita che colpisce direttamente al cuore.
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sabato 5 maggio 2018
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emozione allo stato puro
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Sorprendente Da non perdere
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odiug
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sabato 5 maggio 2018
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non dimenticherò lo sguardo di manuel
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Un film da non perdere per chi ama il cinema d’autore. Sapevo che Manuel aveva ricevuto diversi premi ed un’ottima accoglienza dalla critica e dal pubblico in Francia ed ero molto curioso di vederlo, visto che era l’opera prima del regista [+]
Un film da non perdere per chi ama il cinema d’autore. Sapevo che Manuel aveva ricevuto diversi premi ed un’ottima accoglienza dalla critica e dal pubblico in Francia ed ero molto curioso di vederlo, visto che era l’opera prima del regista Dario Albertini. Sono rimasto a bocca aperta per l’interpretazione di Andrea Lattanzi, un giovane attore che mi è sembrato uno scafatissimo interprete con decine di film alle spalle. Lattanzi non sembra neanche recitare tanto è immedesimato nel ruolo di Manuel. Un film difficile che parla anche attraverso lunghi silenzi e buca lo stomaco per la semplicità e la crudezza della storia raccontata con grande sincerità, senza cercare di conquistare il pubblico con facili effetti speciali. Un film d’autore, che ricorda il primo neorealismo italiano del dopoguerra. Apparentemente il film, che si basa su una storia vera, racconta una storia che parte dal disagio e dai disastri della periferia di una delle nostre città, in realtà è un film che parla a tutti, perché Manuel si trova a dover fare una scelta, a dover dare un senso alla propria vita decidendo se abbandonare le illusioni e le lusinghe di una vita apparentemente più facile.
Il cast degli attori è perfetto, ognuno contribuisce a creare un’atmosfera ricca di emozioni che si scioglie in un finale inatteso. Quando il film finisce ero ancora preso dalla forte tensione che mi era cresciuta dentro, fino alle ultime inquadrature che sono tutte dedicate a Manuel ed alla sua sofferenza.
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